SPORT FOR INCLUSION

Rubrica SGUARDI
A cura di Francesco Reale
19 Mar 2025

Lo sport è inclusione. Lo sport è salute. Lo sport è un’aula di formazione, una scuola di vita. Si cresce sul campo, si condividono vittorie e sconfitte, si imparano a gestire le emozioni, si instaurano relazioni, crescono passioni. Lo sport è per tutte le persone, non solo per i grandi talenti, perché non si scende in campo per vincere.

Ma è davvero così? Tutte e tutti possono fare sport?

Premetto che la mia è una riflessione da non sportivo, da genitore che osserva e ascolta da fuori, da bordocampo, dalle tribune.

Al di là del suo enorme valore educativo, che spesso non viene pienamente compreso, resta in me un grande interrogativo sul tema dell’accessibilità. E questa volta non mi riferisco solo alle persone con difficoltà motorie e non, ma a tutte e tutti. Lo sport è davvero inclusivo?

Fare sport oggi costa: costa la quota d’iscrizione, costano le scarpe, la divisa. Anche il borsone si paga, per non parlare delle trasferte.

Quante bambine e bambini non fanno sport perché non possono permetterselo? Quanti talenti non possono emergere perché non hanno le possibilità economiche? Oggi il talento da solo non basta più: lo testimoniano gli investimenti in attrezzature, preparatori e nutrizionisti di chi fa sport a livello agonistico: un mondo che, spesso, sembra essere riservato a poche persone.

Nelle scuole sono moltissimi i bambini e le bambine che, al di fuori dell’ora di educazione fisica, non svolgono nessuna attività sportiva e questo è strettamente collegato al reddito della famiglia di origine.

Ma per fortuna c’è il terzo settore, ci sono gli oratori, i centri di aggregazione, chi, dello sport, ha fatto una bandiera per l’inclusione, lo ha reso accessibile, lo ha portato nelle periferie.

Proprio in questo contesto è nata una community indipendente che promuove la collaborazione tra organizzazioni no-profit che condividono il valore dello sport. “Sport for Inclusion Network” conta 25 realtà, dalla Val d’Aosta alla Sicilia, che hanno generato oltre 300 iniziative di sport inclusivo sul territorio nazionale. Un mondo di persone, storie, progetti che porta lo sport ovunque, senza barriere. Fa formazione, sostiene ASD nelle periferie, in carcere, promuove i valori dello sport per creare impatto sociale, per regalare un sorriso a tutte e tutti, senza escludere nessunə.

Lo sport è un diritto di ogni bambino e bambina, non contano i risultati, non conta la performance, ma è fondamentale per una crescita sana e per imparare a rispettarsi, a convivere con gli altri e le altre, anche con la disabilità, che è spesso inesistente nei campi e nelle squadre. Nel mondo dello sport un bambino o una bambina con disabilità fatica a trovare spazio e, per molte famiglie, l’acceso rimane sbarrato.

Lo sport è un linguaggio universale, intriso di valori, che parla a tutte e tutti, anche a chi non parla, a chi non sente, a chi non capisce bene l’italiano o a chi non si sente capito o capita e a chi non corre e non salta, ma sogna di farlo.

Lo sport non è vincere una medaglia, arrivare primi, ma è vincere la sfida dell’inclusione e della lotta alle disuguaglianze, perché quelle persone giovani che esprimono il loro disagio in modo spesso violento – che ci fanno paura – magari sarebbero meno arrabbiate se fossero state incluse in un progetto sportivo, in una squadra, in un mondo più vicino alla loro adolescenza.

Anche da un pallone può ripartire un nuovo modello di inclusione e di lotta alle disuguaglianze.

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