
Siamo noi il nostro meteorite
Abbiamo parlato con Daniele Scaglione, un fisico che si occupa di comunicazione della crisi climatica e della transizione ecologica, chiedendogli cosa ne pensa del senso di comunità nell’emergenza.
Nel 2022 è uscito per Edizioni e/o il tuo libro Più Idioti dei Dinosauri. Quando hai deciso di scriverlo?
Ho deciso di scriverlo nel 2018: c’è stato un momento in cui ho preso consapevolezza di quanto la crisi climatica fosse rilevante, quanto fosse importante.
Non che prima la negassi ma non la sentivo ancora sulla mia pelle. Quando ho cominciato a ragionare sul fatto che avrebbe impattato in maniera decisiva sul futuro di mio figlio – che all’epoca aveva sei anni – ho cominciato a ragionare su tutta una serie di conseguenze. Mi sono reso conto che, se avessi voluto preparare il futuro di mio figlio, avrei dovuto tenere conto anche di questa variabile. Il libro è venuto poi di conseguenza. Ho cominciato mettendo giù una serie di pensieri su cose molto pratiche. Ad esempio mio figlio e io attiriamo particolarmente le zanzare. Oggi questo ci provoca non più di un fastidio ma, con l’aumento delle temperature e il conseguente prolungamento della vita delle zanzare, chissà che conseguenze avrà lui in futuro.
Oppure mio figlio è uno dei ragazzi che a tavola non mangia proprio tutto e mentre pensavo che magari crescendo sarebbe cambiato, ho realizzato che probabilmente il problema non si porrà, perché per via della crisi climatica le cose costeranno troppo e forse non potrà permettersele.
In effetti, di solito, si parla di crisi economica o di crisi climatica. Raramente si intersecano, o sbaglio?
Hai ragione ed è un problema. Io mi occupo proprio della comunicazione della transizione ecologica della lotta alla crisi climatica e buona parte del lavoro che faccio adesso è dedicato a questo argomento.
Quando parlo con scenziatǝ ed economistǝ tecnichǝ, confermano che la crisi climatica tocca veramente tanti aspetti diversi tra cui quello economico. Sono state fatte delle stime sul futuro ma dobbiamo renderci conto che le conseguenze sono già qui. Io ho incontrato in vacanza un signore che aveva un’azienda di famiglia che produce Lambrusco e diceva che probabilmente sarebbe stato l’ultimo a produrlo, perché il clima è talmente andato a farsi benedire che fa già fatica adesso. In questa condizione, il nostro approccio è mettere delle toppe: dare sussidi alle contadine e ai contadini che hanno perso il raccolto, sparare la neve artificiale sulle piste da sci.
Quindi ci concentriamo sui problemi quotidiani perché risolvere quelli a lungo termine sembra troppo faticoso?
Forse sì. C’è una battuta che dice che l’urgente toglie spazio all’importante. Se ci pensi, però, questa è una cosa molto umana, nel senso che se io ho una scadenza domani di lavoro, mi sento giustificato a occuparmi solo di quello e rimandare il resto. Mi auto giustifico, no? Rimando. Ho tante cose da fare, di cui occuparmi, cose che rimangono lì da un po’ di tempo, problemi che non affronto, che si stanno un po’ accumulando, però io sto dietro all’urgenza e questo in qualche modo è rilassante. Quello che bisognerebbe riuscire a capire e quindi a comunicare è che nel caso della crisi climatica le due cose si sovrappongono perché, appunto, l’urgenza non è solo legata al futuro ma anche al presente ed è possibile trovare delle soluzioni.
Quindi, da quando l’hai scritto a oggi, cosa è cambiato secondo te?
Io credo che alcune cose siano cambiate in maniera sostanziale: è cambiata un po’ la consapevolezza delle persone, nel senso che le persone ormai credono che il problema esista e, in massima parte, credono che le cause siano quelle che sono, cioè le attività degli esseri umani che producono questo cambiamento climatico, nonostante le minoranze che dicono che non esiste e che è tutto falso siano molto rumorose e ottengano molto spazio. Anche per questa strana abitudine dei media di cercare sempre il contraddittorio, per cui per ogni opinione ampiamente consolidata si va a cercare un forte parere contrario, anche basato sul nulla.
Perché hai scelto il titolo Più Idioti dei Dinosauri?
Etimologicamente, l’idiota è chi non sa guardare al di là del proprio naso, in contrapposizione a chi nell’antica Grecia si occupava della comunità. Gli esseri umani, in duecentomila anni – quindi un battito di ciglia rispetto ai dinosauri – sono stati idioti, così tanto hanno pensato al proprio tornaconto da portarsi da soli sull’orlo dell’estinzione. Siamo noi il nostro meteorite.