
Quando le imprese fanno rete contro la violenza di genere
Sempre più aziende riconoscono la propria responsabilità sociale nel contrasto alla violenza di genere. PARI è la prima rete nazionale nata per mobilitare il mondo del lavoro su questo fronte. Ne abbiamo parlato con Fabrizio Rutschmann, presidente dell’associazione.
Come e perché è nata l’associazione PARI?
PARI. è nata dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, che ha generato un’onda emotiva e mediatica molto forte, spingendo finalmente a parlare in modo più esteso del fenomeno. In quel momento è diventato ancor più chiaro che non si trattava di casi isolati, ma di un fenomeno collettivo, sistemico, che riguarda ciascuno da vicino.
L’associazione è nata con due consapevolezze: la prima è che questo fenomeno ha una radice profondamente culturale e sociale. La seconda è maturata da una riflessione condivisa con colleghe e colleghi: noi abbiamo una risorsa preziosa, la rete delle aziende e quindi una rete estremamente ampia di persone. Se le imprese decidono di muoversi in modo coordinato su questa questione, possono davvero fare la differenza.
Ci siamo chiesti quale contributo, anche piccolo, potevamo offrire. Abbiamo iniziato coinvolgendo alcune aziende, costruendo prima un network informale e successivamente fondando l’associazione, per darci una struttura organizzativa solida. Un’azienda è una comunità di persone, poche o tante che siano. Noi oggi contiamo quasi quaranta imprese aderenti, per un totale di circa 500-600 mila lavoratrici e lavoratori.
È evidente che, se le aziende vogliono essere non solo attori economici ma anche sociali, devono fare scala, coinvolgere le persone che lavorano al loro interno, introdurre pratiche e policy avanzate e fare opinione, così da contribuire concretamente a contrastare il fenomeno della violenza di genere.
Qual è l’obiettivo principale di PARI. e quali strumenti mette in campo per raggiungerlo concretamente?
L’obiettivo principale di PARI. è proprio fare scala. Perché se tanti piccoli attori agiscono in autonomia, l’impatto rimane limitato. Ma se riusciamo a coagulare un numero significativo di aziende attorno a una visione e a delle azioni condivise, allora possiamo davvero generare un impatto concreto, sia all’interno delle imprese che all’esterno.
Per farlo mettiamo in campo diversi strumenti. Innanzitutto, abbiamo attivato dei tavoli di lavoro che coinvolgono tutte le aziende aderenti, insieme a figure esperte esterne. Questi tavoli servono a individuare buone pratiche, confrontarsi e progettare iniziative concrete. Ad esempio, molte aziende già adottano policy contro le molestie, ma il nostro obiettivo è far sì che PARI. proponga policy comuni, pubbliche, condivisibili e adottabili da tutte le aziende che ne hanno bisogno.
Un altro fronte importante è quello culturale. Organizziamo infatti dei webinar per diffondere conoscenza, sensibilità e consapevolezza sul fenomeno della violenza di genere. I primi organizzati hanno avuto una partecipazione di più di 700 persone e ne abbiamo in programma altri. Tra le figure esperte coinvolte: Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, per un incontro sull’educazione alle emozioni; Vera Gheno, sociolinguista, per una riflessione sull’impatto delle parole; Paolo Guglielmo Giulini, criminologo clinico e presidente del CIPM (Centro Italiano per la Promozione della Mediazione), per il webinar Escalation della violenza tra prevenzione e trattamento.
Inoltre, stiamo avviando, in collaborazione con l’Università Bicocca, un osservatorio permanente che realizzerà indagini periodiche per monitorare il fenomeno della violenza di genere. Avere dati concreti è infatti fondamentale per sviluppare strategie di contrasto efficaci.
Lavoriamo anche sulla divulgazione culturale attraverso eventi e contenuti. Un esempio è l’appuntamento del 12 giugno al Teatro Carcano, a Milano, in collaborazione con la Fondazione Giulia Cecchettin: Facciamo rumore. Come riconoscere e contrastare la violenza di genere. Coinvolgiamo inoltre scuole, amministrazioni locali e altre istituzioni affinché patrocinino le nostre iniziative e contribuiscano alla diffusione di consapevolezza.
Il nostro target principale sono i e le dipendenti delle aziende. Crediamo che il luogo di lavoro debba diventare uno spazio di formazione, prevenzione e reazione alla violenza di genere. Supportiamo quindi le imprese nel dotarsi di strumenti culturali e normativi per affrontare questi temi in modo concreto. È questo, in fondo, l’elemento distintivo di PARI: formare collaboratrici e collaboratori più sensibili nelle nostre imprese significa generare consapevolezza e produrre anche un cambiamento positivo nel resto della società.
Quanto è importante che a mobilitarsi su questo fronte siano proprio le imprese?
È fondamentale. Negli ultimi anni, all’interno del più ampio concetto di sostenibilità, molte aziende hanno riscoperto il proprio ruolo sociale. In Italia abbiamo storie significative, come quella di Adriano Olivetti, che già negli anni ’50 parlava dell’impatto dell’impresa sulla società. Ma oggi questa consapevolezza si è rinnovata e ampliata ed è importante che le aziende si muovano in modo esplicito.
C’è poi un altro aspetto rilevante: la stragrande maggioranza delle imprese, in Italia e non solo, è ancora guidata da uomini. E allora sta proprio agli uomini, oggi, dimostrare che è possibile cambiare. Che si può mettere in discussione una cultura che alimenta la violenza e i femminicidi, affrontando alla radice la questione di come intendiamo i rapporti tra i generi. Il valore di PARI. sta anche in questo: nel fatto che la classe dirigente – ancora in gran parte maschile – scelga di prendere posizione, di agire, di essere parte della soluzione.