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QUANDO LA COMUNICAZIONE NON È FATTA DI SOLE PAROLE

A cura di Alessia Cicuto, Fondatrice e Managing Partner di Brandstories
18 Ott 2024

Quando siamo chiamatɜ a scegliere tra diverse opzioni per un acquisto, moltɜ di noi preferiscono optare per prodotti o servizi offerti da aziende con cui condividiamo valori o che stimiamo per le loro azioni. Allo stesso tempo, tendiamo a evitare aziende che percepiamo distanti dai nostri principi o il cui operato non consideriamo virtuoso.
Questo fenomeno si riflette nei casi di oscillazione delle vendite di grandi marchi a seguito di campagne di comunicazione e sensibilizzazione che affrontano temi come conflitti internazionali, diritti LGBTQ+ e lotta al cambiamento climatico. Solo per citarne alcuni.

Interrogarsi sull’impatto di un’azienda e prendere posizione sui problemi ambientali e sociali non è solo una questione di immagine; può avere effetti concreti sul fatturato e sul futuro a lungo termine dell’azienda stessa.
Secondo la “Ricerca Nazionale sulle Società Benefit” pubblicata a maggio scorso, in Italia è evidente una crescita nel numero di imprese che rivedono le loro priorità e strategie in un’ottica di sostenibilità a 360 gradi (ESG), con un incremento del 37,8% nel 2023 rispetto all’anno precedente. Queste imprese integrano gli obiettivi di profitto con impegni a favore di benefici per società e ambiente, creando valore aggiunto e un impatto positivo sull’intero Paese.

Non si tratta di casi isolati, ma segni di una tendenza crescente che vede le imprese come protagoniste della società, attrici nello sviluppo economico, culturale e sociale.
Queste aziende si impegnano per la protezione del territorio e delle comunità, contribuiscono al dibattito su temi contemporanei con azioni di sensibilizzazione e, in alcuni casi, cercano di “fare cultura”.

Ma possono i brand davvero fare cultura?
La risposta è sì, in alcuni casi. I brand, attraverso la loro comunicazione, possono non limitarsi al focus sul prodotto ma affrontare temi di rilevanza per la società contemporanea.

Se le imprese hanno questa responsabilità, cosa possono fare per esercitarla?
Come possono coinvolgere la collettività sulle questioni di comune interesse?
Oltre a sostenere economicamente progetti ad alto impatto, possono lavorare sul fronte della sensibilizzazione e produrre contenuti – di informazione e intrattenimento - che influenzino positivamente i pensieri e le azioni dei fruitori e delle fruitrici.

Il branded content & entertainment è infatti quel settore della comunicazione che vede le aziende diventare creatrici di contenuti, in alcuni casi con il coinvolgimento di editori, editrici e media differenti, colpendo l’immaginario, l’interesse e le emozioni delle persone.

I brand si evolvono così, diventando parte integrante della cultura popolare con messaggi basati su valori chiari e coerenti. Messaggi che, auspicabilmente, non devono essere dettati dall’urgenza del momento o da scelte tattiche, ma che fanno parte di un universo narrativo pensato e progettato con coerenza.

Brandstories, l’agenzia di branded entertainment di cui sono founder, è nata con questa missione: aiutare brand e organizzazioni a costruire e raccontare le proprie storie, comunicare il loro ruolo nel mondo e coinvolgere le persone con autenticità. Attraverso progetti che spaziano da documentari a cortometraggi, da web series a podcast, da libri a piattaforme narrative, le imprese possono avere un impatto reale, contribuire alla cultura e lasciare un segno duraturo.
Come ci ricorda l’artista americana Olivia Steele nella sua opera del 2020: “You are not alone”, ciascunǝ può fare la propria parte.

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