Palestre popolari; riscatto sociale nelle periferie

A cura di Isabella De Silvestro
19 Mar 2025

Nate nei centri sociali e nei quartieri periferici, le palestre popolari offrono uno spazio accessibile a tuttə, promuovendo valori di inclusione e rispetto. Tra arti marziali e pugilato, lo sport diventa strumento di riscatto e aggregazione, coinvolgendo giovani in contesti difficili.

Alcune nascono nei centri sociali, negli spazi occupati, nei capannoni dismessi ai margini delle città, nei quartieri periferici dove i grandi centri sportivi non arrivano o non risultano economicamente accessibili a chi abita il quartiere: parliamo delle palestre popolari, luoghi di tuttə.

Una peculiarità di queste palestre è lo spirito dichiaratamente antifascista, antirazzista, antisessista. Sono tre parole che spesso si leggono sui siti delle palestre popolari, sui volantini che vengono distribuiti o affissi per le strade dei quartieri. Un manifesto e una dichiarazione d’intenti che vuole dire: questo non è un luogo dove si alimenta il culto della prestazione o della vittoria, della sopraffazione o della gerarchia; questo è un luogo dove si nutre il valore dell’inclusione, del rispetto di sé e delle altre persone, della disciplina e della condivisione. Chiunque può affacciarsi e prendere parte alle pratiche sportive che si svolgono in una palestra popolare. Non si discrimina in base all’etnia, all’età, al genere, ma soprattutto non si esclude nessunə in base alla propria condizione economica. La caratteristica fondamentale è infatti l’accessibilità: luoghi dove chi non avrebbe la disponibilità economica per praticare uno sport può farlo, smettendo finalmente di sentirsi esclusə. In queste palestre spesso si praticano le arti marziali e il pugilato. Paradossalmente, quindi, sono gli sport che prevedono uno scontro fisico, un uso e controllo dell’aggressività, a essere quelli ritenuti più efficaci per diffondere una cultura del rispetto dell’avversariə. Sorgendo in quartieri dove spesso si registrano problemi di microcriminalità e abbandono scolastico da parte di ragazzə, le palestre popolari si pongono come obiettivo quello di contrastare questi fenomeni, coinvolgendo giovani che vivono contesti di violenza o marginalità per offrire loro un altro sguardo sulla realtà, un senso di riscatto e anche di responsabilità attraverso lo sport, un’abitudine al controllo della forza, contro un suo uso indiscriminato per sopraffare chi è più debole.

Un elemento chiave di queste palestre è la loro capacità di generare nuove opportunità. Si tratta di spazi autogestiti dove, salvo alcune eccezioni che peccano di approssimazione, lo sport viene praticato con serietà e competenza, grazie alla presenza di istruttrici e istruttori qualificatə, spesso laureatə in scienze motorie. Alcunə atleti cresciutə in questi ambienti hanno raggiunto traguardi importanti, conquistando titoli nazionali e internazionali in discipline come la kickboxing e il pugilato. Tuttavia, il loro valore va oltre l’agonismo: queste palestre rappresentano nuovi punti di aggregazione nei quartieri, in particolare nelle periferie, offrendo un’alternativa accessibile e inclusiva. Pur essendo frequentate soprattutto da giovani tra i 15 e i 35 anni, la varietà di attività proposte – dal pilates allo yoga, dallo shiatsu alla danza fino al kung fu per chi è più piccolə – ha contribuito ad attrarre un pubblico eterogeneo, coinvolgendo anche bambinə, anzianə e persone che in genere non si avvicinano alle palestre tradizionali.

La forza di questi spazi risiede nella loro capacità di inserirsi nel tessuto sociale dei quartieri, conquistando la fiducia di chi li abita e coinvolgendo anche chi non ha familiarità con i contesti autogestiti. Sono luoghi capaci di mettere in comunicazione realtà diverse, creando punti di incontro per persone che spesso faticano a trovare contesti dove esprimersi liberamente.

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