Miele amaro. Come la scomparsa delle api potrebbe portare a un collasso globale

A cura di Nicole Riva
13 Giu 2025

Apes, come disse Seneca, debemus imitari: loro svolazzano di fiore in fiore per poi creare un unico miele. Anche un lettore attento non dovrebbe mai limitarsi a una sola fonte, ma raccogliere molte opinioni per amalgamarle in un pensiero unico. Spinta da questo passaggio delle Lettere a Lucilio, dalla consapevolezza della laboriosità delle api, che volano instancabili fino a logorare le ali e spesso muoiono lontano dall’alveare, esauste dal lavoro di raccolta del polline e dal senso di protezione verso l’alveare, ho deciso di celebrare la mia laurea magistrale con un tatuaggio di un’ape operaia sul braccio. Inoltre, quando penso all’animale simbolo del cambiamento climatico e dell’ecosostenibilità, non posso non puntare l’attenzione sull’insetto che «se scomparisse dalla Terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita» (citazione probabilmente attribuita erroneamente ad Einstein).

Questa affermazione, che potrebbe sembrare un po’ esagerata, è il fulcro del romanzo La storia delle api di Maja Lunde, primo della sua tetralogia sul clima che include anche La storia dell’acqua, Gli ultimi della steppa e Il sogno di un albero. Il libro racconta su tre piani temporali l’estinzione delle api. La storia più antica è quella di William, biologo inglese dell’Ottocento con una moglie, un figlio e molte figlie. La sua vita è segnata dalla depressione finché ritrova uno scopo: costruire l’arnia perfetta. Ore di lavoro e osservazione non gli porteranno né il denaro né la fama sperata, tanto che i disegni vengono salvati per miracolo da una delle figlie e passano di mano in mano fino a George, apicoltore americano del 2007 che utilizza ancora la struttura ideata dal suo antenato, senza cadere nella trappola dell’industrializzazione.

Come ci dirà però Tao, la terza protagonista del romanzo, un’impollinatrice cinese del 2098, già all’inizio del XXI secolo il clima aveva cominciato a cambiare, le estati si erano fatte più calde e secche, senza fiori né nettare, e le api avevano iniziato a morire. I pesticidi avevano contribuito alla moria, insieme a un minuscolo acaro parassita che aggrediva le api. Le monoculture, il divieto di uso dei fitofarmaci e soprattutto l’evoluzione dell’essere umano avevano distrutto l’ambiente e le api non erano riuscite a stare al passo, si erano estinte: nel 2007 le api di George iniziano a sparire e a lasciare le regine da sole nelle arnie, il fenomeno prenderà il nome di Colony Collapse Disorder.

Il romanzo non è clemente nel delineare quale futuro ci aspetta nel caso in cui le api dovessero sparire dal Pianeta: le piante fiorirebbero, ma non produrrebbero più frutti, rendendo rari gli alimenti che noi oggi consideriamo ordinari sulle nostre tavole; la diminuzione di foraggio porterebbe al crollo della produzione di carne e latticini; gli investimenti sulle energie rinnovabili derivanti dall’agricoltura sarebbero inutili, si dovrebbe tornare indietro di decenni e ciò porterebbe a un innalzamento del riscaldamento globale; le acque si alzerebbero, la popolazione sarebbe spinta a migrare per la carenza di cibo, a combattere per mangiare. A diminuire. A morire. Con la scomparsa delle api il mondo non sarebbe poi così lontano dalle suggestioni che ci ha donato Gints Zilbalodis con il suo film d’animazione premiato agli Oscar Flow, in cui su una Terra distopica in cui l’essere umano si è estinto, alcuni animali lottano per sopravvivere a un devastante innalzamento delle acque.

L’aspetto più preoccupante della lettura di questo romanzo è che c’è chi potrebbe pensare che il genere a cui appartiene sia la distopia e potrebbe anche lamentarsi di tutti i particolari che ho inserito nel paragrafo precedente. In verità, però, come spiegato in maniera semplice ed efficace da Jonathan Safran Foer nel suo saggio eco-propositivo Possiamo salvare il mondo prima di cena, la popolazione delle api sta già scendendo vertiginosamente in tutto il mondo per le stesse cause elencate dai libri letti da Tao nel romanzo di Lunde. Gli effetti si stanno già facendo sentire sulle tipologie di prodotti, sui metodi di coltivazione e soprattutto sui prezzi. Siamo già al punto in cui le api vengono affittate da chi coltiva la frutta e viaggiano chilometri per impollinare gli alberi, siamo già al punto in cui, per risparmiare, gli alberi vengono impollinati a mano da esseri umani armati di bastoni con piume e filtri. Quanto siamo lontani dal collasso?

Le nuove generazioni parlano di ecoansia. 

Dovremmo ascoltare. Dovremmo agire.

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