
L’omofobia nello sport, una sfida da superare
Nonostante i progressi, l’omofobia rimane un ostacolo negli sport, soprattutto quelli considerati maschili o femminili. È fondamentale un cambiamento culturale attraverso educazione e politiche inclusive.
Sebbene lo sport si presenti come un veicolo di valori universali come il rispetto e l’inclusione, emergono ancora forme di discriminazione legate all’identità di genere e all’orientamento sessuale.
Uno studio condotto da Cristiano Scandurra, Anna Lisa Amodeo, Simona Picariello, Paolo Valerio e Giuliana Valerio, intitolato Questioni di genere e di orientamento sessuale nello sport: una ricerca sul “campo”, ha evidenziato la scarsa conoscenza di questi temi tra studenti e studentesse di Scienze Motorie. Moltə confondono identità di genere e orientamento sessuale e considerano sia l’omosessualità che l’identità trans come patologie da curare. Queste convinzioni riflettono una visione binaria ed eteronormativa che permea una parte degli ambienti sportivi, dividendo le pratiche sportive in maschili e femminili e generando spesso in episodi di discriminazione.
Un caso emblematico è quello di Irma Testa, la prima italiana a vincere una medaglia olimpica nel pugilato femminile a Tokyo 2021, che ha raccontato la difficoltà di fare coming out nel mondo dello sport. Moltə atletə si sentono costrettə a nascondere il proprio orientamento sessuale per paura di danneggiare la loro carriera, poiché l’omosessualità è spesso vista come un difetto da celare. Nel calcio, la situazione è ancora più marcata. Gli insulti omofobi sono frequenti sugli spalti e negli spogliatoi e il coming out è rarissimo. Josh Cavallo, calciatore australiano, è stato uno dei pochi a fare coming out a inizio carriera, sperando di incoraggiare altri giocatori nella sua stessa situazione. Patrice Evra ha denunciato il tabù dell’omofobia nel calcio, affermando che dichiararsi gay significa “essere morto” professionalmente.
Il fenomeno riguarda anche altri sport. Ian Thorpe, campione olimpico di nuoto, ha raccontato le difficoltà vissute durante la sua carriera a causa del suo orientamento sessuale, che lo ha portato a soffrire di depressione. L’eteronormatività dello sport si riflette particolarmente nella divisione tra sport maschili e femminili: il pugilato, il calcio e il rugby sono visti come sport da uomini, mentre la ginnastica artistica e la danza sono associati alle donne.
Questa dicotomia alimenta stereotipi che portano a discriminazioni verso chi non si conforma agli standard imposti.
Per superare queste barriere, è fondamen-
tale un cambiamento culturale che inizi dalla formazione e dall’educazione.
Una proposta potrebbe essere quella di includere nei programmi universitari e nei corsi di Scienze Motorie un’educazione approfondita su tematiche di genere e orientamento sessuale. Inoltre, i club sportivi e le federazioni potrebbero impegnarsi a creare ambienti inclusivi, adottando politiche che contrastino la discriminazione e promuovano il rispetto per tutte le identità.
Se lo sport ha il potenziale di essere uno strumento di emancipazione e cambiamento sociale, per farlo è necessario abbattere l’omofobia e aprire il campo alla diversità. Solo così l’agonismo potrà veramente incarnare i valori di equità, rispetto e spirito di squadra che dovrebbe rappresentare.