Brand Activismlibri e letteratura

LE FAVOLE DEL COMUNISMO DI ANITA LIKMETA

A cura di Alice Pezzin
18 Ott 2024

Forse alla maggior parte delle persone il nome della nave Vlora non fa riaffiorare alla mente un’immagine definita, ma basta una veloce ricerca su internet per trovarsi di fronte le foto dell’8 agosto 1991, 33 anni fa, quando il mercantile approdò nel porto di Bari riversando a terra il suo carico di 20.000 profugh* albanes* in fuga dal proprio Paese (quasi tutt* poi rimpatriat* nel giro di una settimana). Questa emergenza migratoria, cominciata nei primi mesi dell’anno, andrà progressivamente esaurendosi entro l’inizio del 2000, con altri due picchi: uno nel 1997, quando l’Albania visse alcuni mesi di totale anarchia che costarono la vita a circa 2000 persone, e l’altro nel biennio 1998-1999 (complice anche la guerra in Kosovo).

Durante la seconda ondata (1997), arriva in Italia, accompagnata dalla madre e dal fratellino, anche la giovane Ariela, protagonista del libro Le favole del comunismo di Anita Likmeta (Marsilio – 2024). Tramite i suoi occhi di bambina che vive con i nonni nelle campagne costellate di bunker della prefettura di Durazzo (o Durrës, in albanese), ripercorriamo un decennio della complicata storia del Paese, partendo dagli anni subito successivi alla morte del generale comunista Enver Hoxha, che dal 1944 aveva imposto ai cittadini e alle cittadine una dittatura rigida, stalinista e isolazionista, condannandol* alla povertà, all’arretramento e in molti casi anche alla morte, dal momento che ogni opposizione, per quanto innocua, veniva repressa e punita con ferocia. Le “favole” del titolo, infatti, narrano di abitanti del Paese delle Aquile, “di tutti il più felice”, che hanno osato mettere in discussione la dottrina comunista per abbracciare i “demoni dell’Occidente”, come per esempio l’instancabile contadino Kujtim Hushi, che diventa un paria quando la Sigurimi (la polizia segreta albanese) scopre che ha sotterrato nel suo giardino i documenti che attestano il possesso di proprietà private, oppure come il signor Fisnik Curri, che finisce in carcere per tre anni per aver deciso di dare “un po’ meno grano al preside della scuola e un po’ di più a una vedova molto povera con troppi figli”.

Ma dalle pagine traspare anche un’altra propaganda, di forza uguale e contraria a quella del regime comunista imposto da Hoxha per quarant’anni: il richiamo dell’Occidente. In seguito alla morte del dittatore, avvenuta nel 1985, il suo successore, Ramiza Alia, aveva iniziato ad attuare alcune timide riforme, del tutto insufficienti a risollevare le sorti di un Paese messo in ginocchio da una gravissima crisi economica. Ispirato anche dalla caduta del muro di Berlino, il 2 luglio del 1990, 8000 cittadin* albanes* avevano preso d’assalto le ambasciate europee chiedendo asilo, dando il via di fatto a quell’esodo che raggiungerà il culmine nell’agosto dell’anno successivo. La meta prediletta era l’Italia, una nazione che attraverso la televisione veniva dipinta come un vero e proprio El Dorado ad appena un’ottantina di chilometri di distanza. E infatti è proprio così che appare ad Ariela/Anita, quando dal traghetto vede “tante luci che la notte sembra una festa”, oppure si accorge di avere un intero rotolo di carta igienica a disposizione nel bagno dell’autogrill, ma chissà se è così che le appare ancora, quando, nel 2022, ormai diventata giornalista, partecipa a feste della Milano bene e siede a tavola con persone che identificano il popolo albanese solo con le immagini della nave Vlora.

Infine, la lettura de Le favole del comunismo fa prendere atto anche di un terzo tipo di propaganda, non presente nel libro ma impossibile da ignorare per i lettori e le lettrici italian*: quella che diceva che gli/le albanesi erano pericolos*, delinquent*, rozz*, e che poi è passata a dire lo stesso dei/delle cittadin* rumen*, degli/delle arab*, dei/delle ner* e di chiunque sia divers* da noi, senza neanche provare a conoscere ciò da cui fugge e ciò in cui spera.

Leggi questo numero
Registrazione Tribunale di Bergamo n° 04 del 09 Aprile 2018, sede legale via XXIV maggio 8, 24128 BG, P.IVA 03930140169. Impaginazione e stampa a cura di Sestante Editore Srl. Copyright: tutto il materiale sottoscritto dalla redazione e dai nostri collaboratori è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione/Non commerciale/Condividi allo stesso modo 3.0/. Può essere riprodotto a patto di citare DIVERCITY magazine, di condividerlo con la stessa licenza e di non usarlo per fini commerciali.
magnifiercrosschevron-down