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LA MODA LIBERATA

LA STORIA DI RAPTUS&ROSE
A cura di Marta Bello
17 Ott 2024

COME NASCE RAPTUS&ROSE?

Raptus&Rose nasce circa vent’anni fa e quasi per caso da Silvia Bisconti, ideatrice e creatrice del progetto. Aveva una collezione personale infinita di abiti vintage che trovava nei mercatini di tutto il mondo: nei suoi viaggi andava sempre alla ricerca di vestiti che avessero stampe e composizioni originali o introvabili.
Un giorno ci siamo rese conto di avere un armadio pieno di capi vintage e Silvia ha avuto l’idea di creare nuovi abiti, partendo da quelli. Riutilizzava la stoffa dandogli una forma differente, più attuale, oppure la rinnovava accostandola a tessuti più confortevoli, o diversi. A quel punto abbiamo assunto una sarta e creato una decina di modelli che abbiamo iniziato a vendere – anche online, precorrendo i tempi – e a spedire in tutta Italia. Il primo anno abbiamo realizzato oltre 500 pezzi unici.
Silvia conosceva la moda perfettamente, perché ci ha lavorato per 30 anni, con grande soddisfazione. Ma della moda ha conosciuto e analizzato anche le dinamiche tossiche. Con il suo progetto personale ha voluto destrutturarne le regole che non condivideva: la sua “Moda liberata” ha ormai più di 10 anni, e già allora faceva sfilare alcune ragazze in piazza Duomo, per proporre una moda che non fosse percepita come universo chiuso, elitario, respingente.
Spesso Silvia ci diceva: “se potessimo non fare abiti…”: nel senso che lei non ha mai desiderato un’azienda, ma un progetto che attraverso gli abiti comunicasse e rendesse accessibili principi e valori nei quali credeva.

QUALI ERANO E QUALI SONO I VALORI DELLA FONDATRICE SILVIA BISCONTI?

Per Silvia la libertà è stato un valore fondamentale. I suoi abiti sono innanzitutto uno strumento per affermare questo diritto. La scelta del vestito – spesso tacciata come frivola – era secondo lei una forma di autoaffermazione.
Viaggiava tantissimo e voleva abiti belli, che valorizzassero la figura, e insieme comodi, che l’accompagnassero durante tutta la sua giornata. Ha anche ideato e realizzato il progetto della “Valigia perfecta”, leggera e facile da trasportare: perché le donne non possono partire leggere come gli uomini?
Lei portava ovunque, in giro per il mondo, il suo messaggio attraverso i capi che indossava – suo personale manifesto – e con gli abiti Raptus&Rose, che ha ideato e creato per valorizzare tutte le donne.
Abbiamo ereditato da Silvia anche l’importante valore della sostenibilità umana: cerchiamo di rendere l’Atelier un bel posto in cui lavorare, dove le persone possano far fiorire i propri talenti.
Ha stabilito un rapporto di grande trasparenza con tutti i fornitori, che consideriamo partner. Con il loro lavoro, partecipano al progetto di Raptus&Rose garantendo standard qualitativi altissimi.

RAPTUS&ROSE NASCE COME UN PROGETTO E DIVENTA UN’AZIENDA SOLO IN UN SECONDO MOMENTO. COM’È AVVENUTO IL PASSAGGIO? SIETE RIUSCITE A CONSERVARNE I VALORI?

Raptus&Rose è stato proprio il progetto di Silvia: non lo ha immaginato fin da subito come un’azienda, ma come un’impresa carica di significato, creata a immagine e somiglianza dei suoi ideali. Forse proprio per questo abbiamo, nella nostra essenza, una serie di valori che sono nati insieme al progetto stesso e che abbiamo conservato e definito nel tempo.
Era una persona davvero visionaria. La nascita dell’azienda, a un certo punto, è stata una risposta consapevolmente confezionata da lei per dimostrare che si può fare moda in maniera profondamente diversa.
È poi un’azienda di donne: nel tempo, il team si è riempito spontaneamente di donne, senza specifici proponimenti in tal senso. Oggi questo è per noi un elemento di grande orgoglio, lavoriamo assieme, anche divertendoci, per fare una moda accogliente, vera. Siamo tutte “non modelle”: abbiamo corpi diversi e unici, e con Silvia abbiamo sempre prima provato e testato, poi raccontato, tutti i nuovi capi.
In generale, dal punto di vista valoriale crediamo di essere molto solide, però, adesso che alcuni dei valori su cui lavoriamo da anni sono diventati “di moda”, la sfida più grande è quella di comunicare la nostra autenticità all’esterno.

AVETE QUALCHE STORIA DI VALORE CHE VOLETE CONDIVIDERE?

Abbiamo un riscontro bellissimo da tutta la nostra community di donne. Una volta un’avvocata ci ha detto che mai nella sua vita avrebbe pensato di andare vestita di rosa a fare un’arringa. Quel mondo ti vuole vestita di grigio, in tailleur. Silvia spiegava spesso anche a noi che il rosa nel Settecento lo mettevano gli uomini, perché era il colore del potere. A un certo punto è diventato innocuo e delle bambine. Oggi, invece, il rosa trasmette di nuovo potenza ed è per tutte, e per tutti.
Gli abiti possono essere degli alleati per le donne che li indossano: questo voleva fare Silvia Bisconti, con Raptus&Rose. È mancata pochi mesi fa, noi abbiamo oggi l’onere e l’orgoglio di raccogliere la sfida e portare avanti i suoi valori e il suo progetto.

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