
IL BRAND ACTIVISM E LE STRATEGIE D&I: AZIONI DI MAKE-UP O DIMOSTRAZIONE VALORIALE?
COME IL BRAND ACTIVISM STA AGENDO NELLE REALTÀ AZIENDALI SUL TEMA DIVERSITÀ E INCLUSIONE? E QUALI EFFETTI GENERA NEL PUBBLICO CHE LE OSSERVA?
Negli ultimi anni, molte società hanno intrapreso azioni sul tema Diversità e Inclusione (D&I), esponendosi con campagne di comunicazione e commemorazioni annuali. Ma che cos’è esattamente il brand activism, e cosa comprende?
Il Brand Activism è l’impegno verso cause di rilevanza sociale, ambientale, politica, economica da parte di un marchio, attraverso campagne di comunicazione e iniziative specifiche. Secondo i professori Philip Kotler e Christian Sarkar (Brand Activism. Dal purpose all’azione, Hoepli, 2018), il brand activism è la volontà dell’azienda di assumersi responsabilità sociali e partecipare al bene comune. Le nuove generazioni, come Millennials e Generazione Z, ad esempio, sono molto impegnate sui temi ambientali e sociali, esprimendo il loro punto di vista attraverso i social media. Per questo motivo, i marchi stanno dimostrando sempre più il loro impegno verso l’ambiente e le comunità, pubblicizzando appunto questi temi attraverso i principali canali social.
IL RUOLO DEI BRAND
I brand hanno sempre portato cambiamenti nella società. Oggi invece la situazione si è ribaltata. È il pubblico che chiede e pretende che i marchi si impegnino in cause sociali, dando voce alle minoranze, e per questo motivo sostenendo aziende che condividono i loro valori con azioni concrete. Tuttavia, questo può generare situazioni divisive e rischi per i brand. È un bene o un male? Vediamo qualche esempio.
IL CASO CALVIN KLEIN: CAMPAGNA TRANSGENDER
Nel giorno della Festa della Mamma del 2022, Calvin Klein ha pubblicato un annuncio con un uomo transgender incinto e la sua compagna, scrivendo: “Oggi a sostegno delle donne e delle madri di tutto il mondo mettiamo in luce le realtà delle nuove famiglie”. Il post ha generato oltre 30.000 like su Instagram e reazioni diverse in favore e sfavore. Calvin Klein ha risposto: “Tolleriamo tutto tranne l’intolleranza. Qualsiasi commento intollerante verrà rimosso”. Calvin Klein ha rischiato sì, ma se non altro ha dimostrato coerenza con i propri valori e impegno verso il mondo LGBTQ+. CK è da sempre un brand dal design iconico che incoraggia la libertà e la fluidità di espressione di se stessɜ.
IL CASO DISNEY
Disney ha incluso diverse culture nelle sue storie, come Mulan e Pocahontas, Lilo e Stitch ecc... Recentemente, ha aumentato l’impegno verso la D&I per evitare stereotipi, sviluppando uno storytelling inclusivo. L’iniziativa “Reimagine Tomorrow”, annunciata nel 2020, mira ad ampliare l’accesso e la diversità nel settore dell’intrattenimento, adottando standard di inclusione in tutte le produzioni. Entro il 2024, Disney prevede che il 50% dei personaggi provenga da gruppi sottorappresentati e destinerà metà dei suoi fondi di beneficenza a programmi per comunità sottorappresentate, spendendo almeno un miliardo di dollari con fornitori diversi. Non sono solo le leggi a cambiare la realtà di un paese, ma anche l’immaginario collettivo, che si struttura attraverso film, canzoni e cultura pop. Disney si dimostra un brand attivista, dando voce e spazio a comunità poco rappresentate.
IL CASO MICROSOFT
Infine, prendiamo il caso di Microsoft, un leader nel promuovere D&I, come per esempio la creazione di ruoli come il Chief Diversity Officer e il D&I Board, che garantiscono che il tema sia una priorità strategica. Iniziative come “AI for Accessibility”, lanciata nel 2018, sfruttano l’intelligenza artificiale per migliorare la vita delle persone con disabilità. L’app “Seeing AI” aiuta le persone cieche a percepire il mondo intorno a loro, mentre “Helpicto” traduce le comunicazioni verbali in immagini per aiutare le persone con autismo. Microsoft integra D&I nella sua cultura aziendale, nei prodotti e nelle pratiche commerciali, dimostrando coerenza tra mission e valori. È un esempio di buon brand activism.
MA ALLORA IL BRAND ACTIVISM D&I È UN’AZIONE DI MAKE-UP O UNA DIMOSTRAZIONE VALORIALE?
Come mostrato dagli esempi sopracitati, è necessario un progetto concreto e duraturo che vada oltre gli ideali a parole, con azioni concrete. Anche se esiste una buona dose di “trend” sul tema, tante realtà stanno azionando programmi ad hoc dimostrando un impegno reale, e non una mossa per fare notizia. Pensiamo al caso legato alla sostenibilità e il greenwashing, che per fortuna sono smentiti da società come Patagonia con il suo “Don’t buy this jacket”.
Creare cambiamento e valore per una comunità è difficile, ma possibile se l’identità aziendale lavora sull’inclusione con fatti, cultura e azioni concrete, generando risultati positivi per le persone e per la reputazione dell’azienda. I referenti D&I devono valorizzare questo aspetto, dimostrando come la loro organizzazione si differenzi dalle altre, creando la propria “best practice” e immagine.