Fuggire dal clima

A cura di Francesco Reale, Segretario Generale Fondazione Adecco ETS
13 Giu 2025

Si fugge dalle guerre, dall’assenza di diritti fondamentali e democrazia, dalla fame. Si fugge dal clima.

Si scappa da condizioni inaccettabili con il sogno di una vita migliore per sé e per i propri familiari. È un viaggio di sola andata, senza ritorno, senza voltarsi, senza sapere cosa accadrà. È un viaggio spesso disperato dove è facile restare per mesi in terre di nessuno e in balia di trafficanti che, di quella fuga, hanno fatto un business. Un mondo in movimento che non possiamo ignorare e neppure fermare. Non è una scelta, non è un capriccio: le persone sono obbligate a lasciare una casa o un Paese che il più delle volte non esiste più.

Siamo più abituati ad associare le migrazioni a conflitti armati, persecuzioni o povertà, ma anche il clima e le catastrofi naturali sono tra le cause principali. Inondazioni, uragani, terremoti, siccità, incendi costringono milioni di persone ad abbandonare le proprie case. Con i cambiamenti climatici si prevede un peggioramento degli eventi estremi e, conseguentemente, un aumento del numero di persone in movimento. La natura ormai periodicamente dimostra la sua forza distruttrice e le conseguenze delle azioni che – troppo a lungo – sono state rimandate.

Secondo l’Organizzazione mondiale per le migrazioni, «i migranti ambientali sono coloro che a causa di improvvisi o graduali cambiamenti ambientali, che colpiscono negativamente la loro vita o condizioni di vita, sono obbligati a lasciare la propria abitazione, temporaneamente o in modo permanente, e che si spostano in un’altra area del proprio Paese o all’estero». 

La complessità dei fattori in gioco – come la crescita della popolazione, la povertà, la sicurezza umana e i conflitti – rende difficile calcolare con precisione il numero di migranti ambientali presenti nel mondo. Tuttavia, alcuni dati parlano chiaro: tra il 2012 e il 2022, il Migration Data Portal ha stimato in media all’anno 21,6 milioni di migranti ambientali. Il rapporto Groundswell della Banca Mondiale prevede che entro il 2050 fino a 216 milioni di persone potrebbero dover migrare.

Temi come la sostenibilità ambientale, l’economia circolare e l’emergenza climatica sembrano spesso messi all’angolo e sempre meno attuali, ma restano prioritari e urgenti. Grandi e piccole realtà del mondo profit e del no profit provano ad affrontare questi temi con campagne informative, progetti, policy e investimenti perché non è più solo emergenza ma contemporaneità, attualità.

È fondamentale che gli stessi governi comprendano appieno la necessità sia di interventi mirati a livello normativo – come gli investimenti – che a politiche di medio-lungo termine sul clima per fronteggiare gli equilibri mondiali in costante e inarrestabile cambiamento.

Non servono barricate, non serve indignarsi davanti alle tragedie naturali, serve consapevolezza, serve prevenzione, serve un cambio di paradigma: smettere di leggere la disperazione di chi fugge con la lente dell’emergenza e iniziare a riconoscerla come una parte ineludibile del nostro presente globale.

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