
Disuguaglianze, lavoro e transizione: è la classe media la nuova frontiera della vulnerabilità
Tecnologie emergenti, transizione ecologica e cambiamenti climatici stanno ridefinendo le mappe della fragilità sociale. Intervista a Stefano Scarpetta direttore per il Lavoro, l’Occupazione e Affari sociali dell’Ocse
La crisi della classe media, l’impatto dell’intelligenza artificiale sul mondo lavoro, il cambiamento climatico. A tre anni dal libro Un mondo diviso (Laterza 2022), scritto a quattro mani con il giornalista Eugenio Occorsio, Stefano Scarpetta, direttore per il Lavoro, l’Occupazione e Affari Sociali dell’Ocse, avverte: «Le disuguaglianze oggi colpiscono anche chi un tempo era al riparo. Occorrono opportunità per tutti».
Il libro analizza la crisi della classe media e l’aumento delle disuguaglianze non solo economiche, ma anche nell’istruzione, la salute e l’accesso al lavoro. Tre anni dopo quella fotografia è ancora attuale?
Sì, ma il contesto è cambiato. Oltre all’accelerazione nella transizione verde, oggi dobbiamo fare i conti con l’ascesa molto rapida dell’intelligenza artificiale generativa, che sta rivoluzionando il mercato del lavoro.
Questi cambiamenti offrono grandi opportunità, ma rischiano di ampliare le disuguaglianze, penalizzando soprattutto i gruppi più fragili.
In che modo i gruppi più fragili pagano il prezzo delle trasformazioni in atto?
Finora il progresso tecnologico ha premiato soprattutto le lavoratrici e i lavoratori altamente qualificati, a discapito delle persone con livelli di competenza più bassi, spesso associati a redditi inferiori.
La novità è che l’intelligenza artificiale generativa potrebbe favorire anche chi ha competenze intermedie, riducendo almeno in parte il divario nell’accesso ai nuovi lavori generati da questa tecnologia.
Occorre però che le lavoratrici e i lavoratori con competenze intermedie abbiano accesso alla formazione professionale per acquisire quelle complementari necessarie per lavorare con l’IA.
E sul fronte dei cambiamenti climatici?
Il cambiamento climatico colpisce più duramente i gruppi vulnerabili, soprattutto chi vive in aree a rischio siccità, alluvioni o temperature estreme. Allo stesso tempo, se da un lato la transizione verde riduce i danni ambientali, dall’altro elimina posti di lavoro nei settori ad alte emissioni. Il problema è che le lavoratrici e i lavoratori a basse competenze espulsi in genere non hanno le competenze per ricollocarsi nelle nuove professioni green. Secondo le nostre analisi, i numeri non sono enormi, ma l’impatto si concentra in determinate professioni e aree geografiche, rischiando di acuire anche le disparità territoriali.
Poi ci sono gli effetti dei dazi introdotti dall’amministrazione Trump. Come incideranno?
Le barriere commerciali determinano l’aumento dei prezzi. E a soffrirne di più sono i cittadini e le cittadine a basso reddito, che destinano una quota maggiore delle loro entrate ai consumi. Le disuguaglianze che denunciavamo nel 2022 rischiano di peggiorare.
Oggi ci sono più lavoratrici e lavoratori vulnerabili rispetto al passato?
Un dato interessante è che l’invecchiamento della popolazione sta generando una mancanza strutturale di forza lavoro. Già nel periodo post-Covid era emersa una mancanza di personale tra le professioni a bassa qualifica. In alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, questo ha contribuito a ridurre la disoccupazione tra i lavoratori a bassa qualifica e ha determinato un aumento dei salari più bassi superiore rispetto a quelli medi e alti, riducendo almeno temporaneamente le diseguaglianze di reddito. È un segnale positivo, perché in una società che invecchia le opportunità possono crescere per tutti.
Anche la classe media è a rischio?
Già nel libro evidenziavamo come, in molti Paesi Ocse, la classe media sia sotto pressione. Negli ultimi decenni i salari sono cresciuti del 20-30%, ma i prezzi delle case sono aumentati fino al 200%. Se negli anni Sessanta e Settanta per sostenere una famiglia bastava uno stipendio, oggi ce ne vogliono due.
Le diseguaglianze sono diventate un tema ancora più rilevante, perché riguardano una fascia più ampia della popolazione: investono almeno la parte bassa di quella classe media che spesso determina le elezioni nei paesi democratici.
Quale ruolo possono avere istituzioni e imprese?
L’Ocse ha il compito di fotografare i cambiamenti e proporre soluzioni. Servono politiche di redistribuzione, ma soprattutto pari opportunità: accesso alla scuola, alla sanità, alla formazione di qualità. Occorre un investimento costante nel capitale umano, specie per le persone più svantaggiate.
Anche le imprese hanno delle responsabilità: in una società che invecchia, occorre una visione di lungo periodo, in cui l’investimento nel capitale umano dei lavoratori venga sempre più apprezzato e promosso.