
Dammi una palla a spicchi e cambierò il mondo
Nata nel 1997 in un oratorio di Piazzale Loreto, oggi il Sanga è una realtà sportiva e sociale che coinvolge 1.500 persone, con una squadra di pallacanestro femminile in serie A e progetti di sport inclusivo come il Baskin. Intervista al fondatore Franz Pinotti.
Tutto è iniziato con quattro ragazze e un pallone da basket, in un quartiere popolare vicino Piazzale Loreto a Milano. E oggi, quasi 30 anni dopo, la Pallacanestro Sanga Milano è una realtà che coinvolge 1.500 persone, con una squadra femminile in serie A e una tale quantità di progetti sociali che enumerarli tutti è praticamente impossibile. A guidare questa straordinaria avventura c’è Franz Pinotti, architetto e allenatore, che all’inizio voleva solo insegnare il basket alle sue due figlie. Oggi, però, ha un obiettivo molto più ambizioso: «La nostra vocazione è semplice», dice: «vogliamo migliorare il mondo attraverso la pallacanestro».
Coach, come comincia questa storia?
Era il 1997 e io volevo insegnare il basket alle mie figlie, ma nella zona di Piazzale Loreto non c’erano società femminili. Così, grazie alla spinta del mio parroco, don Attilio, ho avviato un corso presso l’Oratorio San Gabriele Arcangelo in Mater Dei, da cui il diminutivo Sanga. Il primo giorno, però, si sono presentate solo quattro bambine, due delle quali erano le mie figlie, praticamente costrette da me. Per me la storia finiva lì, ma don Attilio mi chiese di affidarmi alla provvidenza e un po’ per volta sono arrivatə sempre più bambini e bambine.
Cos’è oggi la Pallacanestro Sanga?
Oggi Sanga Mondo è composto da tre realtà distinte ma perfettamente integrate, di cui la serie A di Milano, il Sanga Femminile, è solo la punta dell’iceberg. Poi ci sono i gruppi di minibasket per bambine e bambini dai tre anni alla prima media, che muovono i primi passi nell’agonismo. Infine, abbiamo i settori giovanili, femminile e maschile, che vanno dai 13 ai 19 anni e rappresentano una vera e propria scuola di pallacanestro. Insomma, crediamo che nello sport ognuno debba scegliere i propri obiettivi: puoi diventare una giocatrice di serie A o più semplicemente crescere e divertirti in un ambiente protetto.
E poi ci sono i progetti sociali. Di che cosa si tratta?
I progetti sociali sono una parte fondamentale della missione di Sanga. Dal 2011 è attivo il settore Baskin, il basket inclusivo in cui persone disabili e non, donne e uomini, espertə e principianti, giocano insieme a livello agonistico. Nel 2015 e nel 2017 la squadra dei Ragazzi della Via Padova ha vinto il campionato italiano e oggi il settore coinvolge oltre 40 ragazze e ragazzi. Vorremmo aprire anche un corso di Mini Baskin, ma purtroppo a Milano mancano palestre e centri sportivi di quartiere, un problema endemico in questa città.
Lavorate anche nelle scuole?
Il lavoro nelle scuole è il nostro fiore all’occhiello. Ogni anno, attraverso progetti come InMoto, la società incontra migliaia di bambinə e ragazzə, favorendo una cultura inclusiva basata su cooperazione, rispetto delle diversità e superamento degli ostacoli che limitano la partecipazione dei più fragili e timidi alle attività di gruppo. Organizziamo anche eventi trasversali tra le scuole, per far fare sport insieme a ragazzə disabili e non. Poi, grazie alla collaborazione con altre associazioni, lavoriamo su temi di altro tipo, come la salute mentale, la promozione di una sana cultura nutrizionale e le pari opportunità. In particolare, il progetto europeo “SheCoach” intende promuovere le figure femminili sia come allenatrici che come dirigenti, posizioni attualmente ricoperte al 90% da maschi.
Lavorando così a contatto con le persone giovani sicuramente incontrate anche le famiglie e le loro difficoltà. Come vi rapportate con loro?
All’inizio più che una società sportiva sembravamo uno sportello sociale. Aiutavamo le famiglie straniere con i problemi burocratici, dalla ricerca del medico di base all’iscrizione a scuola dei figli. Oggi organizziamo anche centri estivi per offrire soluzioni per il periodo di chiusura delle scuole, particolarmente critico per le famiglie milanesi. Facciamo anche parte del progetto del Comune di Milano QuBi (Quanto Basta) che combatte la povertà, perché sempre più spesso incontriamo famiglie alle prese con difficoltà economiche. Insomma, di strada ne abbiamo fatta e tanta ne vogliamo fare ancora, rimanendo sempre in ascolto del territorio.
Ha detto di essere nato in una famiglia queer quando questa definizione ancora non esisteva e che il sogno del Sanga parte da quanto ha visto, ascoltato e vissuto sulla sua pelle. Cosa voleva dire?
Nel 1964, quando avevo sei anni, i miei genitori si separarono. A quei tempi essere figli di genitori divorziati non era semplice e io venivo additato da tutti. Mia madre, Myriam Stefani, era un’artista e una scrittrice, ma anche una delle prime femministe italiane. Negli anni Settata casa nostra era un porto di mare, ci passavano tanti giovani artistə di ogni orientamento sessuale, tra cui Mario Mieli, uno dei rappresentanti del movimento omosessuale italiano. D’inverno vivevo a Milano con mia madre, d’estate a Barcellona con mio padre Remo, che abitava vicino alla Sagrada Famiglia di Gaudì. Forse è anche per questo che sono diventato architetto. E il basket l’ho scoperto proprio in Spagna. Devo molto a mia madre e mio padre, nel bene e nel male. Ho perdonato loro alcuni eccessi. Grazie a loro, infatti, ho attraversato davvero il mondo in diagonale e ho vissuto esperienze che mi hanno reso quello che sono oggi.