
Dal ritiro alla gloria: 25 anni dopo è una campionessa
Nuotatrice paralimpica, rappresentante italiana nel team internazionale di Europ Assistance all’interno del progetto ThinkAbility, Valeria Pappalardo in poco più di tre anni ha conquistato 37 medaglie. Il suo motto? «È impossibile solo ciò che non si prova».
Lasciare lo sport per via della sclerosi multipla e poi riprenderlo dopo 25 anni con più forza e convinzione di prima. Rinunciare ai propri obiettivi per poi trasformarli in sogni ancora più ambiziosi. È una storia che parte da una fine quella di Valeria Pappalardo, nuotatrice paralimpica con 37 medaglie conquistate in poco più di 3 anni (22 ori, 14 argenti e 1 bronzo) e rappresentante italiana nel team internazionale di Europ Assistance all’interno del progetto ThinkAbility.
Valeria, cosa ha significato per lei smettere di fare sport e poi ricominciare?
Fin da bambina sono sempre stata una sportiva. Ho praticato pallavolo a livello agonistico, arrivando fino alla serie D. Poi, a metà del percorso universitario, sono comparsi i primi sintomi della sclerosi multipla, anche se per ottenere la diagnosi ci sono voluti 3 anni. E insieme alla diagnosi è arrivata l’indicazione di non fare sport, perché nel 1993 si credeva ancora che l’attività fisica fosse inconciliabile con la malattia, una convinzione che oggi è stata completamente ribaltata. Nel 2017, quando avevo ormai quasi 50 anni, la fisiatra mi ha consigliato di utilizzare la carrozzina, per gestire meglio l’affaticamento, un problema comune tra le persone con sclerosi multipla. Accettare questo cambiamento mi ha portato ad avvicinarmi, per la prima volta, allo sport paralimpico. Così ho ripreso l’attività sportiva, iniziando prima con la scherma in carrozzina e, dalla fine del lockdown, con il nuoto.
Ha partecipato a diverse iniziative di Europ Assistance sulla disabilità e l’inclusione. Può raccontarci di più?
L’incontro con Europ Assistance è avvenuto nel settembre del 2023, quando la compagnia ha avviato un percorso di formazione per i manager chiamato appunto Diversamente Manager. Sono stata invitata a raccontare la mia storia sportiva e lavorativa e subito si è creata sintonia. Mi ha colpita l’interesse dei manager nel capire come rapportarsi alle persone con disabilità. Ho spiegato loro che la chiave è ascoltare e chiedere, senza timore di offendere. Spesso noi persone con disabilità ci sentiamo osservate e giudicate, come se ci mancasse qualcosa. Ma a volte il giudizio nasce dalla mancanza di conoscenza: non tutti pensano che, se una persona non riesce a correre i 100 metri, non vuol dire che non potrà gestire un foglio Excel.
Tra le iniziative a cui ha preso parte c’è stato anche un test di accessibilità in azienda. Di cosa si tratta?
Il percorso mirava a rendere l’azienda più inclusiva a tutti i livelli. Sebbene la sede fosse già accessibile, c’erano aspetti da migliorare, come le porte dell’ascensore che si chiudevano troppo velocemente o gli interruttori della luce posizionati troppo in alto per una persona in carrozzina. In azienda erano consapevoli di alcuni dettagli da correggere, ma ho visto comunque un interesse reale a confrontarsi e a migliorare.
Lei è stata la rappresentante italiana di ThinkAbility. In cosa consiste questo progetto?
ThinkAbility è un progetto nato per abbattere gli stereotipi attraverso il sostegno a un team di 14 para-atletə provenienti da diversi Paesi del mondo. Io incarno tre diversità: sono una donna, sono una persona con disabilità e, avendo 57 anni, non sono più giovanissima. Il 29 maggio scorso, a Parigi, noi atletə abbiamo raccontato le nostre storie in due webinar seguiti dalle sedi di Europ Assistance in tutto il mondo. Inoltre, il personale ha potuto sperimentare alcuni sport, come il sitting volley e la boccia. È stata anche un’occasione per incontrare atletə di diverse nazionalità e discipline. Sono davvero orgogliosa di far parte del team anche per il 2025. E poi sentire il tifo di Europ Assistance mi dà ancora più carica.
Anche l’iniziativa Nuota con Valeria puntava a fare sport insieme. Come è andata?
Abbiamo organizzato una giornata in cui i dipendenti di Europ Assistance hanno potuto provare le difficoltà di un nuotatore o di una nuotatrice con disabilità, nuotando con gli occhi chiusi, con un solo braccio o senza utilizzare un lato del corpo. Anche le persone più esperte hanno potuto sperimentare sulla propria pelle quanto sia impegnativo l’allenamento per le atlete e gli atleti paralimpici e quanto sia necessaria una grande capacità di adattamento. L’esperienza è stata talmente bella da decidere di ripeterla il prossimo maggio con i figli e le figlie dei dipendentə.
Qual è il suo motto?
Dico sempre che «è impossibile solo ciò che non si prova». Quando ho capito che non sarei riuscita a qualificarmi per Parigi 2024, ho pensato di abbandonare il nuoto. Ma poi mi sono detta che se mi fossi fermata, avrei tradito le mie stesse parole. Quindi sono tornata in acqua con un nuovo obiettivo: Los Angeles 2028. Avrò 4 anni di più e forse sarà ancora più difficile ma, comunque vada, sarò felice di avercela messa tutta.