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COME E PERCHÉ NASCONO I DE&I TEAM DI OPENJOBMETIS

A cura di Daniele Regolo
18 Ott 2024

I brand rappresentano prodotti e servizi delle aziende. E le aziende sono fatte di persone: come ospedali, scuole, negozi e via dicendo. È innegabile che un brand porti con sé una visione, una cultura, un modo di essere. Che poi, questi valori, possono anche mutare nel tempo, evolvere.

Ricordo con nitidezza, diversi anni fa, l’amministratore delegato di una company che si occupava di prodotti per la bellezza maschile affermare che il loro modo di fare pubblicità era legato a una visione dell’uomo ormai antiquata. Ebbene, decisero così di aggiornare prospettiva proponendo come testimonial un uomo più “contemporaneo” (usò proprio questo termine). Fu spiazzante per loro iniziare a ricevere una lunga sequela di lamentele da parte di uomini (in senso di maschi) che, non riconoscendosi più nei nuovi modelli, informavano che non sarebbero stati più clienti del marchio. L’AD, notai, raccontò questo aneddoto con una sorta di segreta soddisfazione, come a dire che quei clienti, di averli persi non gliene importava più di tanto. In compenso ne sarebbero arrivati altri, nuovi. Mi parve un’osservazione molto indicativa (eravamo nel 2017, lontani sia dal Covid che dall’uso massivo dei social come accade oggi). Quindi sì, un’azienda, anche se non lo esplicita, comunica i propri valori dentro e fuori le proprie mura. E oggi, ogni giorno di più, specialmente nel “B to C”, chi offre un prodotto/servizio e chi lo acquista tendono sempre più ad accostarsi, come alianti in volo, quando si riconoscono nei reciproci valori.

Senza alcun dubbio, dotarsi di gruppi di “ambassador” per i diversi cluster della D&I rappresenta, per un’azienda, una precisa scelta di campo. Nel nostro caso di Openjobmetis, parliamo di oltre 800 persone sparse su 160 filiali. Un impatto non da poco. Il mio primo pensiero, nelle vesti di D&I Ambassador del Gruppo, è stato quello di scegliere cosa… non fare. Non avremmo dovuto far cadere le cose dall’alto, ma neanche lasciare che si sviluppassero idee e proposte solo dal basso. Non avremmo dovuto avere fretta; nelle aziende, forse è poco risaputo, il tasso di turn over degli “ambasciatori e ambasciatrici” della DEI è molto elevato. Non avremmo dovuto scegliere le iniziative pensando al loro potere comunicativo e reputazionale: se così fosse, si sarebbe trattato solo di washing allo stato puro. Questi i confini nei quali muoverci per costruire un terreno di gioco coerente con le fondamentali (sì, sono tali) sfide della D&I in azienda.

I Gruppi, che noi chiamiamo “DE&I Team”, nascono su base volontaria, sono sempre aperti a nuovi ingressi e toccano i diversi cluster della DE&I: genere, etnia e multiculturalità, disabilità, LGBTQIA+, genitorialità, ageismo. Composti da 4 a 6 membri per Team, hanno iniziato la loro attività nel febbraio 2024. Il primo obiettivo? Presentare un lavoro a giugno in cui illustrare le caratteristiche di ciascun “cluster” e, soprattutto, focalizzarsi sul rischio di discriminazione. Perché è questo che, alla fine, conta davvero. Non essere discriminati/e e non discriminare. Nessuno/a vuole esserlo, e persone che appartengono a categorie specifiche lo sono spesso di default. Tutto quello che accadrà in seguito, pur guidati dal D&I Ambassador del Gruppo in sinergia con la Responsabile della Comunicazione interna (altro aspetto fondamentale nella DE&I), lo lasceremo all’impegno e alla creatività dei Team dedicati alla diversity.

Inevitabilmente – e direi molto positivamente – si sono create un’alchimia e una complicità non scontate. Che ci hanno stupiti/e, sorpresi/e, perfino conquistati/e. È come se, già uniti/e dal lavoro svolto per la stessa realtà, avessimo improvvisamente scoperto di essere tutti e tutte imparentati/e. Perché è questo che accade quando ti ritrovi sul gruppo WhatsApp in orario extralavorativo a commentare un fatto quotidiano, o quando durante i meeting qualcuno/a non trattiene momenti di autentica commozione. Ci si ritrova ancora più vicini/e, perché i temi di esclusione e discriminazione toccano tutti e tutte noi. Ci si riscopre al servizio delle proprie colleghe e dei propri colleghi, che magari non hanno tempo né modo di approfondire dei concetti che – torniamo all’inizio – rappresentano poi i valori fondanti dell’azienda.

Tutto questo accade senza rumore. Ma poi la deflagrazione arriva: quando il mondo ti guarda con occhi diversi. I/le clienti, i fornitori, tutti/e gli/le stakeholder, così come all’interno stesso dell’impresa, verticalmente e orizzontalmente: ci si accorge che diversità e inclusione non rappresentano l’esaltazione delle differenze fini a sé stesse, ma l’atto distintivo che l’impresa moderna sceglie di compiere. Ovviamente si può anche dire no a tutto questo: la D&I è inclusiva nel rispettare ogni identità.

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