Famiglieparitàcurafamiglie

VERSO UNA NUOVA CULTURA DELLA PATERNITÀ, PER UNA CURA CONDIVISA

A cura di ALESSIA MOSCA
24 Giu 2024

Nelle famiglie si inizia, seppur timidamente, a modificare la divisione dei carichi sulle spalle dei membri di una coppia. Siamo lontanissimə da un’equa condivisione delle responsabilità, ma le nuove generazioni di uomini appaiono mediamente più desiderose di contribuire alle necessità familiari. Lo si nota in particolare guardando al coinvolgimento dei padri nella vita deə loro figliə. Succede anche in Italia, nazione non certo modello virtuoso in tema di conciliazione vita privata-lavorativa e dove tra l’altro persiste un grave tema di disparità di genere. Stando a dati recenti, 3 italiani su 5 affermano di ritenere inadeguati i periodi a loro riservati alla nascita di unə bambinə e di volerli vedere estesi da uno a tre mesi (Osservatorio D di Valore D e SWG).

Posta la partecipazione bilanciata come traguardo ottimale, può un prolungamento dei congedi avvicinare all’obiettivo, favorire lo sviluppo di un Paese e, addirittura, impattare positivamente le singole aziende? Sì, se correttamente implementato anche culturalmente. Ce lo dicono diverse analisi: una più equilibrata condivisione dei carichi e delle necessità in famiglia migliorerebbe la partecipazione femminile al mercato del lavoro; rafforzando l’indipendenza economica delle donne che affronterebbero meglio anche i percorsi di carriera – ovviamente a fronte di pari condizioni e del consolidarsi di processi per annullare il gender pay gap.

Se sviluppati e supportati adeguatamente, negli ambienti di lavoro i programmi di congedo estensivi possono contribuire a migliorare il clima aziendale generale. Uniti alla presenza di piani importanti di promozione interna, inoltre, intervengono positivamente sulla riduzione del turn over, facilitano la ritenzione dei talenti e possono diventare elementi discriminanti nei percorsi di recruiting – non indifferente oggi con la grande difficoltà delle aziende di trovare i-lə giustə candidatə per le posizioni aperte. Guardando al medio termine, poi, una conciliazione che passa da congedi per la cura può incidere sui livelli di stress e burn-out sperimentati in particolare (per quanto non solo) da lavoratori e lavoratrici privi di reti di supporto sufficienti.

Le eccellenze europee

Negli ultimi anni, la legislazione dei congedi si è mossa al rialzo. Con la direttiva europea 2019/1158 (che, tra le altre cose, garantisce 10 giorni di paternità ai lavoratori) a fare da base, tanti stati membri hanno introdotto misure sempre più lunghe e “ricche” che guardano a una divisione equilibrata. Sono, per esempio, aumentate le clausole di obbligatorietà o premialità in caso di equa spartizione dei giorni a disposizione, al punto che alcuni Paesi stanno facendo culturalmente salti in avanti importanti proprio insistendo sulla concezione della cura come questione da condividere e gestire al meglio secondo le necessità della coppia. (Pur nel rispetto di parametri chiari per evitare di penalizzare, ancora una volta, una delle due parti). Basti pensare a come le nazioni con i programmi più avanzati tendono a insistere sul concetto unico di “congedi parentali”, invece che specifici per genere.

Guidano da tempo questi trend i Paesi scandinavi, Svezia in testa grazie ai 480 giorni di congedo offerti alle coppie. La regione ha fatto scuola al punto che tante delle nazioni a sud dell’Europa, dalle caratteristiche della gestione familiare generalmente più tradizionali, ne hanno seguito l’esempio. Fa scuola il Portogallo che da anni primeggia per le sue politiche per la paternità, seguito dalla Spagna, dal 2021 il Paese OCSE con il congedo più generoso, grazie alle 16 settimane garantite per ciascun genitore. Da gennaio anche la Francia punta a un’offerta migliore, sperando così, ha specificato (non senza controversie) il Presidente Macron, di contrastare il declino di natalità, arrivato nel 2023 ai minimi del dopo guerra.

Certo, il livello istituzionale e le imprese partono da basi, hanno priorità e obiettivi molto diversi. Eppure, anche a fronte delle scelte nazionali e continentali, sempre più aziende mostrano di essere pronte al cambio di passo, quando non stiano già lavorando, su una nuova cultura sulla paternità. Perché è giusto, ma anche perché è conveniente. Con il moltiplicarsi di migliori congedi, i dipendenti risultano più soddisfatti, sono meno propensi a cercare altre occupazioni e registrano migliorano prestazioni. Per effetto a cascata, poi, anche al di fuori dal nucleo familiare si amplia la coscienza per cui questo cambio di cultura può portare beneficio anche alla società in generale.

Leggi questo numero
Registrazione Tribunale di Bergamo n° 04 del 09 Aprile 2018, sede legale via XXIV maggio 8, 24128 BG, P.IVA 03930140169. Impaginazione e stampa a cura di Sestante Editore Srl. Copyright: tutto il materiale sottoscritto dalla redazione e dai nostri collaboratori è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione/Non commerciale/Condividi allo stesso modo 3.0/. Può essere riprodotto a patto di citare DIVERCITY magazine, di condividerlo con la stessa licenza e di non usarlo per fini commerciali.
magnifiercrosschevron-down