UNICITÀ
Collaboratori? Pazienti? Caregiver? Per quanto ci sforziamo di dividere il mondo in categorie, queste forse scompaiono nel momento in cui si parla di benessere e salute. Da oltre 85 anni Chiesi - azienda biofarmaceutica presente in trenta Paesi - si prefigge l’obiettivo di migliorare la qualità della vita di tutte le persone, generando un impatto positivo sull’ambiente e sulla società. Alla base di ogni azione intrapresa ci sono il concetto di “shared value”, (creare valore condiviso) e l’empatia. Come questi due elementi concorrono a migliorare la vita delle persone? Lo abbiamo chiesto a tre esponenti del Diversity&Inclusion Committee del Gruppo Chiesi.
L’identità di Chiesi è da sempre legata alla ricerca scientifica, avendo l’azienda come principale obiettivo quello di migliorare la salute della popolazione tramite soluzioni terapeutiche innovative. Il Gruppo sta lavorando, tra le altre cose, per arrivare ad avere un approccio completamente patient-oriented, dove empatia e comprensione dei reali bisogni delle persone che convivono con una malattia sono le parole chiave. Come commenta questo percorso e quali le sfide ancora da affrontare?
La ricerca e la collaborazione con la comunità scientifica sono da sempre parte del nostro DNA, tanto che oltre il 20% del nostro fatturato è investito in ricerca. C’è un continuo scambio di conoscenze con tutti gli stakeholders, con lo scopo di portare innovazione a beneficio della salute dei/delle pazienti. Questi ultimi sono prima di tutto persone, non solo destinatari di cure. Del resto, il ruolo del paziente ha avuto importanti evoluzioni nel tempo, diventando sempre più protagonista nelle scelte relative alla sua salute. Crediamo che il concetto di cura debba andare oltre il mettere a disposizione farmaci, fino a comprendere l’esito delle nostre azioni sulla società. Quando parliamo di esigenze dei pazienti, avere una mentalità aperta alla diversità e all’inclusione diventa fondamentale: team diversificati che non seguono un pensiero omologato hanno maggior possibilità di essere innovativi e avvicinarsi in maniera empatica ai bisogni delle persone”. Solo dal costante ascolto dei pazienti, dunque, può prendere le mosse un’innovazione realmente utile e il dialogo con la comunità dei pazienti ci consente di pianificare strategie in grado di trovare risposte adeguate alle loro vere esigenze.
Non esistono però solo i pazienti, ma anche i cosiddetti caregiver, ovvero coloro che li assistono o che semplicemente stanno loro vicino: parenti, amici, colleghi. In tal senso, Chiesi come si sta muovendo per mettere al centro del proprio operato anche questo gruppo di persone?
Per Chiesi è fondamentale il coinvolgimento dell’intera comunità, quindi sia pazienti sia caregiver. La recente pandemia ha aumentato il carico assistenziale che grava su questi ultimi. In Italia, ad esempio, circa il 14% della popolazione è impegnata in attività di cura nei confronti di familiari fragili. Come azienda farmaceutica insistiamo sul processo di inclusione sistematica del punto di vista sia del paziente sia del caregiver e attiviamo programmi di supporto attraverso momenti di formazione dedicati a pazienti e familiari. Infine, per poter incidere realmente durante tutto il percorso del paziente, l’informazione e la sensibilizzazione attraverso i canali e gli strumenti digitali oggi a disposizione è fondamentale.
Come si interfaccia Chiesi verso il tema della disabilità all’interno e all’esterno dell’azienda?
In Chiesi il tema della disabilità è stato oggetto di una profonda riflessione che ha visto la disabilità diventare il nostro principale focus D&I del 2023. L’obiettivo sarà creare un ambiente di lavoro dove le persone con disabilità, che siano queste temporanee o permanenti, possano sentirsi perfettamente incluse. Il Gruppo deve operare in contesti normativi molto diversi in base alle varie geografie. Dopo aver identificato la legge di riferimento, viene sviluppato un percorso di sensibilizzazione supportato da azioni che possano abbattere ogni tipo di pregiudizio e di barriera. Abbiamo, inoltre, istituito gli “Affinity Network”, gruppi volontari di colleghi e colleghe che sviluppano riflessioni relative a specifici ambiti di diversità. Vogliamo alimentare le conversazioni attraverso le proposte condivise dalle nostre persone, sia internamente che esternamente, e con la collaborazione di associazioni e realtà competenti. È importante, infatti, capire come altre organizzazioni stanno operando per conoscere nuove best practice a cui fare riferimento.
In Chiesi, naturalmente, tra gli oltre 6000 collaboratori sono molte le persone che sono loro stesse pazienti o caregiver. Secondo lei che prospettiva portano o potrebbero portare a un’azienda farmaceutica come voi?
La filosofia di Chiesi pone il paziente al centro. Il contributo delle nostre persone è perciò fondamentale perché consente all’organizzazione di avere un impatto maggiore e di cogliere più in profondità le aspettative di pazienti e caregiver. Il punto di partenza di ogni “Affinity Network” è quindi proprio l’esperienza quotidiana delle persone e l’ascolto di tutte le voci coinvolte, reso possibile attraverso workshop educazionali, che stimolano la riflessione e la consapevolezza. In tal senso un ambiente lavorativo accogliente ed inclusivo rappresenta il requisito necessario per la valorizzazione del vissuto di tutti i nostri collaboratori.
Chiesi, Società Benefit e azienda certificata B Corp, ha nel proprio DNA il concetto di attenzione alla comunità e persegue l’obiettivo di creare valore condiviso per le persone, la società e l’ambiente. Come questa identità si rispecchia in azioni volte a migliorare la qualità della vita delle persone (interne ed esterne) e delle comunità in cui Chiesi opera ed è presente?
Il concetto chiave per Chiesi è quello del “valore condiviso”, che guida le scelte aziendali con l’obiettivo di unire la creazione di valore per l’azienda al progresso sociale. Negli ultimi anni abbiamo, quindi, strutturato la nostra strategia di sostenibilità sulla base di questo concetto, per fare in modo che sia integrato ed applicato in tutte le dimensioni aziendali.
Ancor prima di intraprendere il percorso che ha portato Chiesi a certificarsi B Corp, era già forte l’attenzione dell’azienda alle proprie persone ed alla comunità. La funzione in cui lavoro, nata nel 2015, è stata inizialmente creata per occuparsi dell’impatto dell’azienda sulla comunità locale. E non solo! La finalità ultima di migliorare la qualità della vita di pazienti e persone e l’attenzione specifica alle comunità locali, sono state inserite nel nostro statuto quando Chiesi nel 2018 è diventata Società Benefit: questo vuol dire che l’azienda si è impegnata anche legalmente a raggiungere e verificare tali obiettivi.
In concreto, che cosa è fondamentale sottolineare se si pensa all’identità del Gruppo Chiesi e all’operato verso le persone più vulnerabili, come ad esempio chi convive con una disabilità? Come si inserisce questo tema nei valori dell’azienda e della comunità B Corp?
In questi anni stiamo sviluppando un percorso sempre più strutturato di inclusione delle diversità. Una particolare attenzione viene riservata al tema della disabilità, molto sentito da parte dei/delle collegh* e di tutta la comunità di Parma. Internamente, tra le varie azioni intraprese, a titolo di esempio, Chiesi ha attivato una job station, attraverso l’adesione al Progetto Itaca Parma che prevede l’inserimento in azienda di persone con una storia di disagio psichico.
Nell’ambito delle attività di sviluppo di comunità, sosteniamo e collaboriamo con realtà del territorio che rendono possibile l’inserimento lavorativo di persone con disabilità e abbiamo sostenuto l’attivazione di una rete di sostegno per persone fragili che vivono a Parma. Si tratta di un impegno complementare rispetto a ciò che fa l’azienda internamente, che rispecchia i valori attraverso i quali operiamo ogni giorno.