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UNA RELAZIONE LIBERA E IL POTERE DELLA SCRITTURA

L’identità in Jean Paul Sartre e Simone de Beauvoir
A cura di Emanuele La Veglia
23 Mar 2023

Studiati spesso separatamente, i percorsi del filosofo esistenzialista e della madre del femminismo sono fortemente intrecciati e attraversano decenni di cambiamenti e trasformazioni.

L’identità è un concetto su cui nel corso del tempo si sono interrogati studiosi e docenti, ovviamente sia al maschile che al femminile e in ogni Stato e continente. Fulgido esempio di tutto ciò sono stati, nel corso del Novecento, Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir che, oltre a elaborare teorie e manifesti politici, hanno portato un’idea nuova di identità all’interno delle loro vite.

Quando si introduce questa coppia c’è chi conosce solo lui o lei, chi entrambi e sono veramente pochi a non aver mai sentito nominare nessuno dei due. Chi è appassionato di femminismo e di tematiche di genere non può infatti non essersi imbattuto nella figura di Simone de Beauvoir, nota universalmente come l’autrice de “Il secondo sesso”, tomo nel quale riporta situazioni attualissime riguardanti le discriminazioni rivolte alle donne e in generale a chiunque sia appellato come diverso con una connotazione negativa del termine.

Dall’altro lato, chi ha studiato le principali dottrine filosofiche dell’ultimo secolo avrà sicuramente notato quanto venga citato Jean-Paul Sartre, il padre dell’esistenzialismo, corrente di pensiero che pone i riflettori sulla ricerca da parte del singolo rispetto al senso della vita.

Come si colloca in tutto ciò l’identità? Per Sartre e de Beauvoir essa si snoda innanzitutto nella coppia, con un modello sorprendentemente innovativo considerando che la loro relazione si snoda tra gli anni ’30 e ’70. I due ceglieranno consapevolmente di non sposarsi per non appartenere totalmente l’uno all’altro e vivere in piena libertà le loro scelte professionali. Jean-Paul vivrà a lungo con la madre, mentre Simone si districherà tra vari alloggi e le uniche occasioni in cui si riuniscono sono i numerosi viaggi in giro per il mondo.

Ma dove si condensa maggiormente la loro essenza è la scrittura, per entrambi un leitmotiv e, al tempo stesso, ciò che veramente li caratterizza. Simone de Beauvoir con le sue opere vuole cambiare il mondo e dare maggiore dignità alle donne, interessandosi di casi come quello di Djamila Boupacha, cittadina algerina torturata durante un interrogatorio da parte delle forze dell’ordine. Sartre aveva, dal canto suo, un approccio fortemente autobiografico e persino nei trattati più impegnati emergevano le sue aspirazioni personali.

Non esistono discorsi campati in aria o situazioni generiche, ma solamente il qui ed ora. “Essere uno qualunque – nota spesso il filosofo - non significa essere anonimi, ma se stessi, nel proprio paese, nella propria fabbrica e nella grande città. E avere rapporti con gli altri”. Da qui l’interrogativo: “Perché mai l’individuo dovrebbe essere anonimo?”. A fargli eco è Simone, i cui interessi collimerebbero benissimo oggi con chi si schiera contro espressioni che tendono a uniformare le persone. Un riferimento su tutti “La donna a caso”, profilo Instagram che segnala tutte le volte che sugli organi di stampa non si specifica il nome e il cognome di professioniste e esperte di vari settori.

Sartre e de Beauvoir non accettavano compromessi con il mondo intorno a loro, consapevoli che la monotonia avrebbe potuto distruggerli. “Le nostre libertà si sostengono reciprocamente come le pietre di un arco” adorava ripetere lei per spiegare che i loro animi erano complementari e inseguivano obiettivi simili, seppur con modalità e tempistiche diverse. Rivoluzionaria era senza dubbio la loro concezione di amore: quando si conobbero, nel 1929 nelle aule della Sorbona, capirono subito che non si sarebbero separati facilmente e strinsero tra loro un contratto. Avrebbero dovuto rispettarsi e volersi bene per sempre, ma contemplando “relazioni contingenti” che effettivamente ci furono.

Dolores, Olga, Nelson, Claude sono solo alcuni dei nomi che si inseriscono in quello che spesso diventa un “ménage à trois”, un gioco di ruoli che si snoda tra America e Europa dando vita a gelosie subito represse in virtù di quell’antico patto. Un quadro in cui trovano uno spazio - libero e sereno - le tendenze omosessuali di Simone, la cui esecutrice testamentaria sarà Sylvie Le Bon, sua amante che lei adottò pur di tenerla accanto a sé. Oggi i due riposano entrambi nel cimitero di Montparnasse a Parigi, città che più di tutte li ha accolti e fatti sentire a casa. E finalmente sono uno accanto all’altro dopo una vita in cui si sono, volutamente, rincorsi, sfiorati, ma pur sempre amati. Nella testimonianza che l’identità si forma innanzitutto nel singolo e poi nella relazione. E in questo Sartre e de Beauvoir hanno tanto da insegnarci.

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