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TRASFORMARE SFIDE IN OPPORTUNITÀ: IL RUOLO DI AGEVOLANDO NELLA VITA DEI E DELLE CARE LEAVERS

Il racconto di Federico Zullo
A cura di Marta Bello e Maria Margherita Monticelli
24 Giu 2024

Ti va di raccontarci un po’ chi sei, cos’è Agevolando e com’è nata?

Agevolando è nata dalla mia esperienza personale. Io sono di Ravenna, dove sono cresciuto con mia nonna, ma negli anni ‘90 sono stato inserito in una comunità per minori a Verona.

Una volta terminata l’esperienza in comunità, intorno ai 18 anni e mezzo, ho vissuto un momento abbastanza difficile, mi era rimasta però la voglia di aiutare altrə ragazzə come ero stato aiutato io, così mi sono trasferito a Ferrara e ho iniziato a frequentare la Facoltà di Scienze dell’Educazione. Poco dopo, ho iniziato a lavorare come educatore in una comunità per adolescenti che sarebbero dovutə andare via di lì a poco. Più lavoravo con loro e più mi rendevo conto che non avevamo nulla da offrirgli.

Il fatto è che i servizi sociali, giustamente, lə allontanano dalle loro famiglie per motivi di inadeguatezza genitoriale, ma scattati i diciotto anni e un giorno questə ragazzə si ritrovano solə: sono i-le careleavers, cioè neomaggiorenni in uscita da percorsi residenziali, in comunità o in affidamento familiare.

Nel 2010 ho partecipato ad un convegno che mi ha cambiato la vita: ho ascoltato la testimonianza di due ragazze con un’esperienza personale simile alla mia e le cui parole mi hanno smosso nel profondo e ho capito di dover fare qualcosa. Così, insieme, abbiamo fondato Agevolando. Ogni anno raggiungiamo circa 500 ragazzə con le attività che svolgiamo nelle 12 regioni in cui siamo.

Quali sono i progetti che portate avanti? E qual è, invece, il ruolo dello Stato?

Innanzitutto, c’è il careleavers network, nato nel 2014 in Emilia-Romagna. Questo progetto risponde alla necessità dei-delle ragazzə di incontrarsi, confrontarsi tra loro e avere uno spazio in cui poter essere ascoltatə e aiutatə da professionistə. Nel tempo, il network è prima diventato nazionale, grazie all’ex Garante Nazionale Infanzia Spadafora che ha deciso di finanziarci, e successivamente, tra il 2019 e il 2020, europeo.

Con queste iniziative abbiamo ottenuto i risultati di maggior impatto perché la nostra voce è arrivata alla politica. Attualmente lo Stato gestisce il progetto “Care leavers”, una misura sperimentale, ma di grande aiuto che speriamo diventi strutturale: riguarda l’accompagnamento all’autonomia di ragazzə dai 18 ai 21 anni allontanatə dalla famiglia d’origine. Tuttavia, è una misura limitata perché esclude completamente i-le ragazzə stranierə; inoltre, l’accompagnamento fino ai 21 anni non è sufficiente perché a quell’età sono poche le persone che hanno raggiunto un’indipendenza economica. In più, le poche che hanno deciso di iscriversi all’università, senza un sostegno, rischiano di mollare tutto. Noi abbiamo molti progetti attivi, tra cui uno abitativo, attualmente abbiamo 20 appartamenti in varie città, in cui i-le ragazzə convivono, sotto la custodia di un operatore o un’operatrice di riferimento. Abbiamo anche un progetto che si chiama “Se Avessi” attraverso il quale ci occupiamo di inserimento lavorativo e che prevede una dote fino a un massimo di tremila euro per accompagnare i-le ragazzə a raggiungere i loro obiettivi più urgenti.

Ci sono anche le famiglie affidatarie che accolgono neomaggiorenni, in particolar modo a Trento, dove abbiamo lanciato un progetto in cui i-le ragazzə si impegnano a dare una mano in casa e, dall’altro lato, le persone adulte lə accompagnano verso un’autonomia graduale. Sono realtà preziosissime, ce ne vorrebbero di più, soprattutto nelle regioni del sud. Spesso però sono abbandonate, si trovano in situazioni difficili senza i giusti strumenti per affrontarle, per cui servirebbe maggior formazione. I progetti sono molti, ma l’associazione vive di bandi, contributi da fondazioni, e ogni giorno è una lotta nella ricerca di fondi che spesso non coprono tutti i costi.

Di cosa hanno più bisogno i-le careleavers?

Innanzitutto, di relazioni umane: quando si conclude un periodo di affido o di comunità è importante avere qualcunə a cui fare riferimento. Ci capita spesso di percepire la solitudine dei-dellə ragazzə, che rischia di portarlə a provare angoscia e a cadere in frequentazioni negative, problemi psichici, dipendenze. La seconda necessità è la casa. La difficoltà di trovare una casa oggi c’è per tuttə, ma a maggior ragione per ragazzə così giovani ancora senza un lavoro fisso. Complice è anche una grande diffidenza verso di loro: chi vive in comunità viene giudicatə male dalla società.

Altre due grandi necessità dei-delle careleavers stranierə sono legate alla regolarizzazione dei documenti e dell’inclusione sociale.

Infine, moltə necessiterebbero di un percorso di psicoterapia che lə aiuti a rielaborare la propria storia e ad attribuire le colpe in modo corretto, perché spesso le attribuiscono a loro stessə.

Cos’è per te “Famiglia”?

La casa è la base: rappresenta il calore, il luogo sicuro, l’approdo in cui rifugiarsi e poter vivere la propria quotidianità senza la paura del futuro. Quando non hai una casa e passi da un luogo ad un altro senza avere un punto fermo, hai sempre paura. Negli appartamenti cerchiamo di fare in modo che facciano gruppo tra loro, che costruiscano un senso di famiglia perché possano sentirsi più al sicuro. La famiglia poi è fatta di relazioni che hanno il compito di ascoltare i bisogni di bambinə e adolescenti, di comprenderlə ed entrare in empatia con loro, di accompagnarlə nel raggiungere i propri obiettivi. Questo deve succedere anche all’interno di una famiglia affidataria, di una comunità o di un appartamento per neomaggiorenni. È fondamentale perché lə aiuta anche a cambiare la loro rappresentazione della personaadulta: da persona assente, ostile e violenta, a persona di cui ti puoi fidare, che ti fa sentire anche ascoltatə e importante.

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