Identitàetnie e culturepersone

THIRD CULTURE KIDS

A cura di Claudia Oliva
21 Mar 2023

Oggigiorno, i temi di DE&I fanno sempre più parte della cultura delle grandi aziende perché è fondamentale creare le condizioni necessarie affinché, in un ambiente di lavoro inclusivo, ciascun* possa esprimere liberamente il proprio valore. Per questo motivo, in Sisal è nato l’Inclusion Team formato da trentatrè collegh*, il cui operato è espressione del mindset inclusivo in azienda. Il ruolo del team è duplice: da un lato, si fa portavoce di domande, dubbi ed esigenze delle persone in azienda, dall’altro si impegna a sensibilizzare colleghi e colleghe sulle tematiche DEI.

Nel corso dei vari incontri dell’Inclusion Team, si è spesso affrontato il tema dell’identità in tutte le sue forme: di genere, religiosa, professionale, culturale... Forse viviamo in una società ossessionata dall’identità, sia in senso positivo che negativo, e da una sorta di dovere nel difendere a tutti i costi le diversità. In una società fortemente multiculturale come la nostra, in cui i confini sono diventati sempre più labili e le culture sempre più legate le une alle altre, è davvero ancora possibile parlare di identità/diversità?

Con alcuni membri dell’Inclusion Team di Sisal, provenienti da altri paesi, è stato affrontato il tema del Third Culture Kid, per capire - insieme a chi vive quotidianamente una sfida interiore nel comprendere la propria multiculturalità - cosa significhi la parola identità.

Paul Chidi Duru
Store Specialist di Sisal

Sono di origine camerunense e sono arrivato in Italia nell’ottobre del 1998. Al mio arrivo, come accade a tutti coloro che emigrano (italiani compresi), è stato difficile farmi accettare. Ricordo episodi di estrema diffidenza nei miei confronti dovuti al colore della mia pelle. Quando ero alla ricerca del primo lavoro mi son sentito dire: “Non diamo lavoro ai ragazzi di colore”, anche se avevo tutti i documenti in regola.

Poi ho avuto la fortuna di incontrare l’amore, mi sono sposato e ho avuto tre figli. Questo cambiamento ha permesso di vivere la mia diversità con meno problemi, ora mi sento accettato e meno discriminato. Le mie radici sono e resteranno sempre camerunensi, ma mi sento anche italiano: non prevale nessuna delle due identità. C’è un bellissimo detto africano che condivido con voi: “Una noce di cocco in un oceano arriva sempre in una spiaggia dove può mettere radici”.

A volte incontro ancora atteggiamenti di diffidenza e di razzismo, però penso che tra gli italiani ci siano quelli che hanno da sempre accettato “il diverso”, quelli che hanno imparato ad accettarlo e quelli che ancora sono diffidenti.

Penso e spero che le cose cambieranno con le nuove generazioni nate in Italia: questo è il mio sogno e il mio augurio per tutti i giovani perché loro sono il nostro futuro.

L’inclusion team all’interno della nostra azienda è come una palestra dove impariamo ad accettare le diversità per utilizzarle in maniera costruttiva. La diversità fa solo bene alle aziende.

Aeshvarya Jain
Innovation & Platform Expert di Sisal

Per me l’identità italiana è abbastanza nuova, dato che vivo qui da soli cinque anni. Quando c’è un modello di vita che viene dal mio passato, la mia identità indiana prevale su quella italiana.

Attualmente mi trovo in una fase in cui sto cercando di equilibrare le mie due anime, perché credo che sia importante mescolarle e crearne una unica. Quando sono arrivata in Italia ho riscontrato alcune difficoltà: il primo scalino da superare è stato il linguaggio; la seconda sfida è stata insegnare a pronunciare correttamente il mio nome; per non parlare delle differenze nell’alimentazione! Non sono mancati piccoli atti di discriminazione nei miei confronti, seppur non gravi.

Oggi ho capito che è importante cercare di integrarsi: imparare la lingua, quindi, è stato fondamentale per comunicare le mie differenze alle persone intorno a me.

Mathieu Sarau, meglio conosciuto come Vincent Moon, disse:

Sappiamo che l’homo sapiens è nato in Africa, quindi siamo tutti africani. Se andiamo più a fondo scopriremo che siamo tutti polvere di stelle. Quanto è bello questo pensiero? Al posto di essere tante razze o popoli diversi, siamo un solo popolo, quello della natura.

Harpreet Singh
Innovation & Platform Expert di Sisal

Essendo arrivato in Italia a tre anni ho imparato presto a trovare un equilibrio tra le due identità, quella italiana e quella indiana. Ci sono però momenti in cui una prevale sull’altra, questo accade ad esempio quando torno in India, dove mi trovo spaesato davanti a situazioni che non riesco a comprendere al volo, perchè le guardo da una “prospettiva italiana”.

Nella vita quotidiana, invece, le due identità convivono anche se, per chi mi conosce bene, ormai di Indiano mi resta solo l’aspetto: infatti ho deciso di indossare il turbante per non perdere le mie origini. Quando mi sono trasferito in Italia, i primi giorni di scuola sono stati quelli di maggior disagio, ma essere bambini permette di essere più estroversi e facilita la creazione di amicizie e l’inclusione.

Ricordo questo: quando giocavamo a calcio dovevo ogni volta scegliere in che squadra stare: Italia contro Resto del Mondo! Io non sapevo mai in che squadra giocare… ma alla fine sceglievo sempre l’Italia.

Leggi questo numero
Registrazione Tribunale di Bergamo n° 04 del 09 Aprile 2018, sede legale via XXIV maggio 8, 24128 BG, P.IVA 03930140169. Impaginazione e stampa a cura di Sestante Editore Srl. Copyright: tutto il materiale sottoscritto dalla redazione e dai nostri collaboratori è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione/Non commerciale/Condividi allo stesso modo 3.0/. Può essere riprodotto a patto di citare DIVERCITY magazine, di condividerlo con la stessa licenza e di non usarlo per fini commerciali.
magnifiercrosschevron-down