Confinipersoneinfanziaorientamenti affettivi e comunità lgbtiq+lavoroSalute mentale

STORIE DI CONFINI PERSONALI E LAVORATIVI

A cura di Simona Piva
01 Gen 2024

Un’intervista a Gabriella Bonaiuti e a Luca Pinotti di Findomestic

Gabriella, ti conosco da tempo e ogni volta che ti racconti, sei per me (e non solo) una continua scoperta. Durante il tuo percorso hai attraversato tanti confini: fisici, mentali, familiari… È corretto? Cosa significa per te varcare i confini?

È correttissimo: confini, non limiti. La perdita di un occhio, di un orecchio, un tumore... Affrontare la ricerca delle mie origini di figlia adottiva e l'esser stata messa in protezione da Artemisia in un centro antiviolenza. Varcare i confini significa avere il coraggio di affrontarli con la speranza di oltrepassarli e la certezza di farcela.

Immagino non sia sempre stato facile varcare i confini: che cosa ti ha aiutato a superarli?

Qualcuno disse “Quando il perché è forte, il come si trova sempre”: sicuramente mi ha aiutata questa frase, che mi sono ripetuta spesso, e anche l’aver avuto la consapevolezza della meta che volevo raggiungere. La spinta interiore, dettata dal desiderio e dalla volontà, che risiede nella pancia, mi ha dato la forza e il coraggio per varcare, con grande umiltà, la soglia che mi ha aiutata a chiedere supporto e aiuto. Ho trovato delle persone che, avendo competenze adeguate, mi sono state accanto e hanno percorso un pezzo di strada con me. In questo processo la mia psicologa ha avuto un ruolo importantissimo.

Vuoi raccontarci brevemente uno dei confini che hai superato e che ti ha resa felice e orgogliosa di te stessa?

Forse il più grande è stato quello della ricerca delle mie origini dettato dalla volontà di mettermi in cammino verso la verità. Un figlio o una figlia adottiva porta con sé la sensazione del “Cerchio mai chiuso”: seppur cresciuta in una famiglia che ha dispensato amore a tonnellate, resta addosso, come una seconda pelle, il dubbio di non essere voluta o riconosciuta. Mi sono sorpresa della mia forza emotiva, del coraggio di aprire porte o portoni non leggeri e socchiuderli di nuovo, lasciando uno spiraglio di luce... Quella luce che oggi mi fa vivere bene, in equilibrio, con due famiglie.

E oggi quali confini ritieni di non aver ancora superato?

Forse uno dei tanti, perché non si finisce mai di voler varcare il confine, è quello di rendere consapevoli le persone che la violenza non è solo fisica. Ci sono violenze più subdole e silenti ma tremendamente distruttive che piano piano ti portano nel precipizio, ti affondano, ti annientano e spesso, purtroppo, ti portano alla morte. Ci vuole molto coraggio, tantissima forza e altrettanta determinazione per denunciare certe dinamiche, soprattutto se il palcoscenico di questa triste e drammatica pièce teatrale è la famiglia. Proprio quel luogo che dovrebbe essere il più sicuro e ti dovrebbe portare a superare sempre nuovi confini, non a creare un muro oltre il quale è difficile andare.

Luca, ci vuoi raccontare brevemente che cosa ha rappresentato per te dichiarare alla nostra azienda, all’atto dell’assunzione, il tuo orientamento sessuale, pur non essendo richiesto? 

Per me ha significato liberarmi da una sorta di stigma che mi sentivo addosso. Fin da quando ero piccolo, è sempre stato chiaro il mio orientamento sessuale e questa cosa mi ha condizionato tantissimo. Ho sempre avuto la percezione del mio orientamento affettivo e il nascondermi, fingendo a me stesso qualcosa di cui ero perfettamente consapevole, mi ha sempre reso una persona chiusa. In realtà, ero certo di aver tanto da dare e da comunicare. Non mi importava di essere gay: sapevo solo di essere una persona come le altre. L’ingresso in Findomestic ha significato per me entrare nel mondo del lavoro vero; nel lavoro precedente non mi ero dichiarato. Le classiche domande “Hai la fidanzata?” mi hanno sempre messo a disagio perché non volevo fingere. Mi sono sempre ripromesso di evitare situazioni familiari o lavorative in cui non fosse chiaro il mio orientamento: volevo essere libero di essere me stesso e volevo che le persone sapessero con chi si stavano rapportando. Findomestic non lo richiedeva, ma ero io che sentivo l’esigenza che la mia azienda sapesse; sentivo il bisogno di essere trattato per ciò che realmente sono e di essere accettato come tale. 

Si può dire che questa dichiarazione spontanea ha significato per te attraversare un confine, ossia l’affermazione della tua identità?

Sì, il fatto di essermi dichiarato mi ha permesso di sdoganare il pregiudizio che io temevo gli altri avessero verso di me: chi è “diverso” ha bisogno di non sentirsi come tale. Il fatto di essermi dichiarato al mio ingresso in azienda mi ha permesso di sentirmi uguale alle altre persone e di potermi comportare come coloro che si ritengono e vengono considerati “normali”. La mia trasparenza mi ha permesso di potermi comportare in modo libero e autentico. Questa decisione mi è servita durante tutto il mio percorso perché ho avuto la possibilità di “giocare a carte scoperte” con rispetto e serenità sia con me stesso sia con i colleghi e le colleghe. 

Possiamo dire che superare la barriera del pregiudizio rappresenta il superamento di un confine?  

Superare una barriera è sempre una conquista: fisicamente parlando significa avere una strada aperta davanti, poter proseguire serenamente senza doversi preoccupare di chi ti sta attorno o del giudizio di chi ti circonda. Superare le barriere significa convivere con le persone pacificamente, significa inclusione. Superare le barriere è sempre una conquista; non superarle significa odio e conflitto: la storia ce lo insegna. La storia LGBTQIA+ ci insegna che superare certi confini significa, e mi emoziono a parlarne, stare meglio con le altre persone, significa meno ignoranza e un’apertura mentale che porta a rapporti gestiti con intelligenza, inclusione e serenità. Anni fa una persona omosessuale, transessuale o bisessuale era considerata una condanna; oggi possiamo affermare che la situazione è cambiata, per fortuna. Superare queste barriere ha rappresentato l’inizio di una nuova storia e di una nuova pace.

Quali confini ritieni di non aver ancora superato?

C’è un confine che non ho mai abbattuto, purtroppo: pur essendo stimato e rispettato da tutt*, non ho ancora compreso come entrare in empatia con l’innamoramento. Riesco a innamorarmi ma non riesco a far innamorare qualcuno di me; non riesco a capire in che cosa sbaglio. Se qualcuno può aiutarmi a comprendere si faccia avanti: alla soglia dei 45 anni non voglio restare solo! 

Leggi questo numero
Registrazione Tribunale di Bergamo n° 04 del 09 Aprile 2018, sede legale via XXIV maggio 8, 24128 BG, P.IVA 03930140169. Impaginazione e stampa a cura di Sestante Editore Srl. Copyright: tutto il materiale sottoscritto dalla redazione e dai nostri collaboratori è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione/Non commerciale/Condividi allo stesso modo 3.0/. Può essere riprodotto a patto di citare DIVERCITY magazine, di condividerlo con la stessa licenza e di non usarlo per fini commerciali.
magnifiercrosschevron-down