SMART WORKING E DIVERSITY MANAGEMENT
A seguito di un workshop mirato ad evidenziare i tratti comuni e/o complementari tra smart working (SW) e diversity management (DM), proviamo qui di seguito a delinearne un brevissimo riassunto con l’intento di creare nuove e innovative connessioni.
FEDERICO BIANCHI, Founder Smartworking Srl - Mi ha sempre stimolato il fatto che, nei principali progetti di DM, l’azione principale fosse l’attivazione di un progetto di SW. Per questo quando ne ho avuto l’occasione ho provato a chiedere a chi si occupa di D&I di aiutarmi a capire il nesso.
Siamo partiti con Valentina analizzando 2 frasi emerse: “SW apre pari opportunità di partenza” e “Lo SW include le differenti esigenze e individualità”.
Per cominciare, voglio riprendere la legge n. 81/2017 sul lavoro agile (o Smart Working) che lo definisce in termini di lavoro per - obiettivi, fasi, cicli - senza vincoli di spazio e di orario.
Lo SW apre pari opportunità di partenza perché permette a ciascuno di potersi misurare nelle stesse condizioni. Sono quindi uguali le regole per definire, raggiungere e misurare gli obiettivi del lavoro.
Aprire agli obiettivi significa anche avere chiari i ruoli di ciascuno.
Questo è particolarmente importante se volgiamo lo sguardo all’organizzazione perché la chiarezza organizzativa ci permette, non solo di avere chiaro il proprio ruolo, ma soprattutto il ruolo altrui.
Questo ci aiuta a comprendere come il nostro valore si inserisce in un obiettivo più ampio di cui facciamo parte.
In sintesi: diamo senso alle cose che facciamo.
A questo punto non resta che analizzare il secondo aspetto ovvero lo SW include le differenti esigenze e individualità.
Che si traduce nel dare la possibilità a chiunque di poter esprimere il proprio talento.
Esprimere il proprio talento significa, per me, avere la possibilità di agire nel modo, con gli strumenti che preferisco, in tempi e luoghi che scelgo. Lavorare bene.
Quando ho la possibilità di lavorare bene non ho paura del confronto perché ho la consapevolezza che le regole sono chiare e definite, in sintesi: sono felice.
In conclusione, dopo questa riflessione mi sento di poter dire che lo SW è (o dovrebbe essere) la prima azione messa in campo dal DM perché, organizzando il lavoro e quindi l’azienda attraverso obiettivi, si ha la possibilità di mettere tutti i lavoratori/le lavoratrici nelle stesse condizioni di partenza (inclusione) per poter esprimere individualmente i propri talenti (diversità).
VALENTINA DOLCIOTTI, D&I Consultant - I feedback e le riflessioni emerse da questo workshop sono tantissime, rileggo i post-it compilati dai/dalle partecipanti e due sono le parole che più colpiscono la mia attenzione.
Voglio provare a condividerle qui, ora. La prima parola è corpo. Rendermi conto di quanto Smart Working e Diversity Management siano connessi ai corpi di ciascun, così differenti nei dettagli, nei bisogni, nelle capacità, nei desideri, è stato a dir poco rivelatorio. Saper guardare e riconoscere la diversità e la bellezza del corpo di ciascun, imperfezioni e difetti compresi, è sicuramente uno dei compiti o degli obiettivi del Diversity Management.
E quale miglior risposta a questa esigenza, dunque, se non l’implementazione di pratiche di smart working. Smart Working che non è, banalmente, poter lavorare da casa, ci tengo a ricordarlo, bensì la capacità di modellare addosso alle necessità di ogni persona (corpo?) una strategia di lavoro che, in tempi/spazi/ strumenti/obiettivi, sia perfetta per ciascun. Il secondo concetto che ha colpito moltissimo la mia attenzione è quello di un bigliettino giallo che ha definito il luogo come stereotipo. Da consulente Diversity & Inclusion sono – forse – più esercitata di altr* nel rilevare bias e pregiudizi in atteggiamenti, scelte, reazioni che ciascun* di noi quotidianamente ha. Eppure, non mi ero mai soffermata a riflettere su quanto anche i luoghi possano essere, riflettere, riprodurre stereotipi e pregiudizi. Su quanto possiamo – più o meno consciamente – comunicare al visitatore/alla visitatrice con una singola scelta d’arredamento d’ufficio, una parete divisoria di vetro o di cemento, un tavolo rotondo o rettangolare, una carica posizionata all’ultimo piano della “torre d’avorio”, una tendina rosa nella camera della bambina, i libri per bambini collocati nello scaffale troppo del negozio…
Quindi? Quindi possiamo scegliere. Possiamo riflettere e modificare gli spazi che costruiamo e abitiamo. Il Diversity Management può, indubbiamente, fornire allo Smart Working una sorta di planimetria, che sia equa e inclusiva, per realizzare uno spazio di lavoro (e di vita) che sia il più possibile libero da stereotipi e pregiudizi.