SGUARDI
Parlare di identità è, oggi più che mai, un’urgenza per le organizzazioni che guardano al futuro e al benessere dei propri collaboratori e collaboratrici.
Ogni luogo di lavoro, ogni ufficio, ogni team è una piccola comunità, un insieme di unicità, personalità, storie. Riconoscere e accettare l’unicità degli altri è un impegno quotidiano, a volte faticoso, complesso, ma di una ricchezza incredibile, anche per i risultati stessi a beneficio del benessere di ciascun*, anche e soprattutto nella vita privata. Tendiamo inevitabilmente a circondarci di persone simili a noi, a scegliere collaboratori che rispondano a un nostro - personalissimo - metro di giudizio.
Ma la vera sfida da vincere per vivere con serenità la nostra quotidianità professionale e personale è accettare, ammettere intimamente che siamo pieni di certezze errate, falsi miti e soprattutto pregiudizi inconsci, legati al nostrovissuto, alla famiglia di provenienza, all’educazione ricevuta, alla storia personale…. Il vero punto di partenza è mettere in discussione le nostre certezze, imparare a (o almeno sforzarsi di) non giudicare, rispettare le infinite e meravigliose identità.Troppo spesso guardiamo l’altro/a cercandovi noi stess* e le nostre certezze.
I viaggi e gli incontri, così legati alla mia vita e storia personale, sono per me il più grande strumento di cambiamento e innovazione. Conoscere, osservare, comprendere, vivere, rispettare ciò che vedo, le persone che incontro, come le guardo sono i punti di partenza per cambiare sguardo e imparare - giorno per giorno, incontro dopo incontro, confine su confine - a rispettare e fare tesoro di ciò che lo sguardo incontra e le orecchie ascoltano.
Lo sguardo spesso è, infatti, lo specchio di un pensiero così radicato e intimo.Mi riferisco allo sguardo compassionevole e allo stesso tempo irritante e ingiustificabile che ci hanno trasmesso i genitori (parlo della mia generazione) verso una persona molto grassa, molto magra, molto colorata, velata o con una disabilità visibile, appartenente a altre tradizioni, religioni, culture. Giudichiamo, consciamente o inconsciamente, tutto: persino la sfera più personale: l’identità di genere. Per riflettere sulle identità dobbiamo tornare bambini, riempire gli occhi di quello sguardo stupito e aperto, senza filtri, senza giudizio, senza certezze, Dobbiamo lavorare ogni giorno su noi stess*, su piccoli gesti quotidiani per trasformare un giudizio banale in un’esperienza di conoscenza, accettazione e arricchimento personale, di apertura a un mondo che è cambiato e che cambia ogni giorno.
Prestare attenzione ai piccoli gesti significa non ammiccare; significa prendere posizione, intervenire, chiedere un chiarimento, non ridere di una battuta o di una persona, tendere una mano perché il nostro silenzio uccide le identità.
P.S. Grazie per accogliermi a far parte delle firme di questa rivista che seguo sin dalla sua nascita. Una comunità di persone e di aziende che lavora ogni giorno sui temi dell’inclusione, delle diversità… anzi, dell’unicità. Del rispetto. Una comunità di persone che condivide gli stessi valori e che, con grande generosità, si apre agli altri con pochi filtri, senza convenevoli: una comunità sincera.