Sfide culturali e interculturali a scuola
La scuola italiana è aperta a tuttɜ, e perché ciascunǝ possa sentirsi inclusǝ, dentro e fuori da essa, è importante che possa educare alle differenze e formare cittadinɜ capaci di agire in modo etico e pensare in modo critico, esercitando il dialogo e l’empatia, che rendono più umani i singoli e le comunità. Accanto a ciò, è essenziale che la partecipazione delle famiglie nella scuola sia continuamente promossa. La necessità di alleanze educative tra adultɜ trova del resto fondamento in diversi documenti ministeriali, che invitano a solide reti di scambi comunicativi e a patti di responsabilità condivise con le famiglie, che spesso restano tuttavia lettera morta. Eppure, diversi studi evidenziano che una comunicazione più assidua e una maggior cooperazione tra genitori e insegnanti favoriscono il benessere deglɜ studentɜ, la loro motivazione ad apprendere e una buona riuscita scolastica; uno scambio costante tra scuola e famiglia genera e consolida reti sociali, previene discriminazioni e disuguaglianze sociali e culturali, e favorisce nei genitori una maggior gratificazione per il proprio ruolo, più consapevolezza delle proprie risorse e una riduzione degli alti livelli di stress che essi oggi vivono. Ciò vale, in particolare, per le famiglie più vulnerabili e a rischio di esclusione sociale, come le famiglie migranti, rifugiate o appartenenti a minoranze, che presentano spesso ridotte possibilità di accesso a esperienze educative di qualità e un crescente rischio di povertà. Nonostante ciò, studentɜ con background migratori oggi vengono considerati per ciò che non sono e che non hanno – e in tal senso nominati “studenti con cittadinanza non italiana”! - il che prefigura una discriminazione che non può che propagarsi: le situazioni di ritardo scolastico e quelle di abbandono precoce degli studi sono maggiori neglɜ studentɜ di altre culture e le loro scelte scolastiche, verso le filiere tecnico-professionali più che verso la formazione liceale, sottendono disuguaglianze e alimentano pregiudizi. Inoltre, a fronte di una diffusa sfiducia reciproca tra genitori e insegnanti e di una sempre più ridotta partecipazione dei primi alla vita scolastica deɜ figlɜ, le famiglie migranti sono quelle spesso più assenti o difficilmente raggiungibili. Peraltro, con il progredire degli ordini di scuola, dal sistema di educazione e istruzione 0-6 anni fino alla scuola secondaria, gli incontri tra scuola e famiglia, notificati su un registro elettronico non accessibile a tuttɜ, che di per sé già discrimina e esclude, sembrano progressivamente più rarefatti e più brevi, caratterizzati da comunicazioni sempre più informative e meno dialogate, nonché poco partecipati, per lo più da madri, per lo più italiane. Oggi pare allora urgente prendere una posizione di fronte al bivio in cui la scuola si trova, tra mercato e democrazia (Baldacci, 2019). Ovvero tra una scuola-azienda del merito orientata a produrre futurɜ lavoratori e lavoratrici, necessariamente selettiva e competitiva, che lascia indietro o fuori chi arranca, chi non riesce, chi non può o chi parla altre lingue, mentre privilegia rapporti con famiglie-clienti che hanno a loro volta il privilegio di comprendere agilmente come muoversi nel sistema scolastico, da un lato, e una scuola democratica ispirata alla Costituzione, che forma, alleandosi con le famiglie in tutte i modi e le forme possibili, giovani cittadinɜ competenti e solidali, capaci di cogliere e dare valore alle differenze di ciascunǝ e di riconoscere i propri e gli altrui diritti, dall’altrǝ.