SCIENZIAT* IN PROTESTA CONTRO IL COLLASSO ECO-CLIMATICO
Chi siete? Mi raccontate la vostra storia?
Leonardo: Ho studiato cosmologia e mi sono laureato in magistrale un anno fa. Ho deciso di non continuare con il dottorato chiudendomi in un laboratorio a fare ricerca, ma di dedicarmi all’attivismo per cercare di spiegare anche scientificamente quanto sia grave la situazione climatica. Al momento è quello che ha più senso fare. Con Scientist Rebellion siamo ancora nella comunità scientifica, ma in modi che secondo me sono molto più importanti: attraverso la divulgazione e la protesta.
Lorenzo: Sono laureato in biotecnologie vegetali. Anche io ho scelto di non continuare il percorso accademico per gli stessi motivi.
Mi raccontate un po’ di Scientist Rebellion? Quali sono gli obiettivi del movimento?
Leonardo: Nasce da una costola di Extintion Rebellion in Inghilterra nel 2020, quando due fisici-teorici hanno preso come target alcuni edifici della comunità scientifica e hanno imbrattato la facciata della Royal Society di Londra. Era un segnale per richiamare la comunità accademica, la quale dovrebbe essere a conoscenza della situazione e agire per prima. Purtroppo, però, Non c’è mai stata una reazione proporzionata alla gravità della situazione. Dal 2020 sono nate alcune ondate di mobilitazione in cui finalmente alcun* scienziat* sono uscit* dai laboratori e sono sces* in strada. Da lì, il movimento si è diffuso in più di trenta paesi: abbiamo creato una rete anche in Africa e in Sud America. Abbiamo mobilitato anche persone di un certo calibro, come scienziat* della NASA che hanno preso parte alle azioni, tra cui Peter Kalmus. La nostra ultima campagna era contro i sussidi ai combustibili fossili, mentre ora è in corso la campagna contro i jet privati. A novembre abbiamo fatto un’azione di blocco all’aeroporto in quindici paesi diversi, che ha avuto un successo mediatico molto elevato e siamo finit* anche sul New York Times. Più del 60% delle persone nel mondo non sono mai salite su un aereo di linea, mentre più del 50% delle emissioni globali dovute all’aviazione vengono da jet privati. Nonostante in Italia ci siano solo circa 130 jet privati, all’anno compiono più di 55 mila voli perché vengono usati per spostamenti che si potrebbero fare in un paio d’ore di treno.
Lorenzo: Ad ottobre scorso Scientist Rebellion ha dato il via a questa campagna globale: “Unite against climate failure”. Tra le nostre richieste c’era anche cancellare il debito pubblico degli stati a sud del mondo che deriva dalla colonizzazione: dovrebbero poter usare le loro finanze per effettuare la transizione ecologica, invece che essere dipendenti dagli stati occidentali. Abbiamo fatto un mese di azioni in Germania, dove abbiamo interrotto conferenze e incollato paper scientifici su edifici importanti. A Monaco c’è una legge molto repressiva per cui è possibile essere detenut* preventivamente fino a due mesi, noi lo siamo stat* per sette giorni. Volevamo proprio mostrare questo: giovani scienziat* da tutto il mondo incarcerat* ingiustamente solo per aver avanzato richieste legate alla giustizia climatica.
Qual è il senso di protestare? Perché è importante e necessario farlo?
Leonardo: una protesta è lecita e giustificabile nei momenti in cui rimane nei confini della non violenza e ha come obiettivo il bene comune, come facciamo nel nostro movimento. Poniamo un esempio: per quanto riguarda il blocco stradale del GRA, ci sono delle persone che mettono i loro corpi in mezzo alla strada creando un disagio di mezz’ora, è vero, ma il disastro climatico che vivremo e vivranno le prossime generazioni è imparagonabile rispetto a questo. Durante un blocco stradale, sono l* attivist* a subire violenza. La non violenza accetta la repressione proprio per mettere in luce la violenza del sistema e della società. Ci ispiriamo alla disobbedienza civile, l’esempio classico è la campagna per i diritti civili in USA: per tre mesi centinaia di persone, una bianca e una nera in coppia, hanno percorso il paese in autobus violando la segregazione. Sono stat* soggetti ad una repressione fortissima, tra autobus incendiati e più di 400 persone incarcerate. Kennedy è stato costretto a cedere. Da una piccola vittoria si può ottenere un piccolo risultato da cui iniziare a smuovere l’opinione pubblica. Ad esempio, vorremmo istituire un fondo comunità per le vittime della crisi climatica in Italia, pagata dalla parte più ricca della società.
Lorenzo: quando ci domandiamo se questi modi di protestare hanno senso oppure no, la risposta è che i movimenti climatici sono in continua espansione e ci sono delle teorie secondo le quali ci muoviamo, come quella del “fianco radicale”: avendo un gruppo di persone che fa azioni più radicali, si normalizzano tutte le altre. Serve a livello psicologico e sociale. Le azioni dirompenti servono ad attirare l’opinione pubblica: in Italia, grazie a Ultima Generazione, nell’ottobre dell’anno scorso c’è stato il 25% in più della discussione sulla crisi climatica nei media italiani. È un cambiamento lento e a più livelli in cui sono importanti tutte le parti di lot