SBAGLIANDO SI IMPARA
Paola Suardi
Commettere un reato, scontare la pena in carcere e uscirne con l’attestato di frequenza di un corso per acconciatrice, o addirittura con una borsa di studio per frequentare una scuola professionale alla fine della detenzione. Accade alla Casa Circondariale di Bergamo dove Soroptimist International d’Italia Club Bergamo ha organizzato e finanziato interamente un corso di formazione professionalizzante per il sostegno e l’emancipazione delle recluse. L’iniziativa bergamasca si inserisce nel progetto nazionale “Si Sostiene in Carcere” e “Donne @Lavoro”. In accordo con la direttrice del carcere Teresa Mazzotta, è stato rivolto a detenute inoccupate della Sezione Femminile il primo corso di Hair Stylist. 120 ore complessive, 17 iscritte, 8 allieve che hanno portato a termine l’intero percorso semestrale e superato l’esame finale -teorico e pratico- che è durato una giornata. La piccola Silvia che non credeva di farcela, la scettica Carmen che non sapeva di avere talento, Ingrid la “rossa” piena di passione, Laura pignola-ordinata-altruista, Katia “autostima zero” che invece ha superato tutti gli ostacoli, Carla che lotta con dolcezza, Palma che ha deciso di volersi bene, Ivana “lo faccio per mia figlia”. Le ha guidate Erica Carminati, parrucchiera e formatrice per gruppi internazionali, che ha prestato la sua opera da volontaria garantendo competenza e arricchendo con coinvolgente capacità relazionale un percorso accurato, sia pure in situazioni ambientali singolari. A lei si sono aggiunte due esperte di make-up e acconciature, Michela e Valentina Nigro, per integrare le conoscenze teoriche e pratiche delle allieve. Il sostegno economico di Soroptimist Club Bergamo ha permesso anche la costituzione dell’atelier Forme e Colori - attrezzando un’area di 150 mq. per ricavare due laboratori e un salone da parrucchiere, in miniatura sì, ma dove non manca nulla – e l’acquisto di una lavatrice e un’essiccatrice. Non è tutto: una borsa di studio biennale per la migliore allieva, Carmen, che terminerà di scontare a breve la pena e frequenterà presso l’ABF di Bergamo il corso per Acconciatrici. Il senso di questo impegno cospicuo – da parte del Club, della Direzione del carcere, dello staff della cosiddetta “area trattamentale” e della Polizia penitenziaria, ma soprattutto da parte delle detenute che hanno colto questa opportunità – è orientare concretamente la pena verso un fine di rieducazione e reinserimento nella società. Solo così si può pensare alla pena come occasione di riabilitazione e non solo come punizione. Solo così i costi sostenuti dalla collettività per la detenzione vengono investiti per combattere la recidiva del reato. “Attualmente in Italia il 70% dei carcerati, una volta scontata la pena, torna a delinquere; il sistema penitenziario pesa sul bilancio dello Stato per 2,9 miliardi all’anno. A Bollate però, dove su 1.288 detenuti lavorano in 500, il tasso di recidiva non supera il 18%. (DATAROOM, Corriere della Sera, 3 novembre 2019)” Un costo sociale tangibile sul quale dunque si può e si deve intervenire. Il 25 settembre si è tenuta nella Casa Circondariale la consegna degli attestati. Non sappiamo quante detenute utilizzeranno questo strumento per affrontare il mercato del lavoro e trovare un impiego, ma è un’opportunità concreta, come pure quella di avviare un’attività in proprio. Sappiamo che potranno continuare a perfezionarsi presso il laboratorio con altri corsi e svolgere nel salone allestito nella struttura un servizio rivolto alle altre ospiti o al personale del carcere. Sappiamo che è un primo passo per dare una chance di indipendenza economica a donne in una situazione temporanea di fragilità. Il momento di consegna degli attestati è stato intenso e denso di emozioni, con scambio di doni e testimonianze carichi di significato, ringraziamenti reciproci tra i soggetti coinvolti, nessuno escluso. Parole e lettere pronunciate con voce rotta, e segni concreti di una volontà di farcela, di imparare a guardarsi dentro e trovare le motivazioni del cambiamento. “Abbiate cura di splendere!” ha raccomandato Erica Carminati alle allieve. Prove tecniche di volontà di inclusione da parte di entrambe le parti, chi sta al di qua e aldilà della sottile zona d’ombra che separa carcere e collettività. Avanti così.