RIGENERARSI
PREMESSA
Ci sono cose che molti di noi danno per scontate, come guardarsi allo specchio e riconoscersi senza pensare che la persona che stai vedendo non sia tu; almeno non quel tu che, nel profondo, riconosci come tale.
Comprendere questo tipo di sensazione è complesso se non si è avuto modo di “camminare nelle scarpe, nei vestiti e nella pelle” di chi con tutto questo ha convissuto da quando ne ha memoria.
In Agos stiamo lavorando attivamente a progetti di inclusione ormai da tre anni, stiamo organizzando iniziative di sensibilizzazione rispetto a temi quali le disabilità, la gender equality, il mondo e la cultura LGBTQIA+ … e in tempi “non sospetti”. O, almeno, non così maturi da avere un intero programma dedicato alla transizione di genere. Nel 2017, infatti, ci siamo trovati a rispondere all’esigenza di un collega che ci chiedeva di essere accompagnato nella sua transizione di genere.
Parliamo di sei anni fa, solo sei anni fa, eppure la richiesta ci colse totalmente impreparati e un po’ smarriti sia dal punto di vista della gestione delle Risorse Umane sia dal punto di vista burocratico: non esisteva, in realtà, una procedura amministrativa che indicasse cosa fare e non esisteva nemmeno una procedura tecnica che spiegasse al nostro IT quali comandi selezionare per consentire ai portali utili all’operatività del collega, di aggiornare ovunque il suo nome.
Perché parliamo del nome? Perché è centrale nell’identità di un individuo.
Un nome, un trag e, una rinascita.
Un nome, un grido: sono finalmente io! Ora mi vedete?!!
LA CONSAPEVOLEZZA
Nel 2017 Giovanni ha iniziato il percorso psicologico, obbligatorio in Italia per chi chiede una riassegnazione di genere; un cammino intenso fatto di domande che scavano nel profondo e ti mettono di fronte a chi sei, senza scuse.
A seguito del “benestare” dello psicologo, Giovanni è stato accompagnato da un endocrinologo nel comprendere come il suo corpo avrebbe reagito alla cura ormonale. Infine c’è stato il percorso terapeutico con uno psichiatra. Nel 70% dei percorsi di affermazione di genere, infatti, in Italia viene coinvolto uno/una specialista in psichiatria chiamat* a escludere potenziali condizioni di sofferenza che potrebbero alterare la percezione della persona che vuole affrontare la transizione, rendendola poco lucida in merito.
Affrontati e superati questi tre step fondamentali, vi è stato poi il passaggio giuridico: un avvocato incaricato da Giovanni ha presentato istanza al tribunale per il cambio di nome e in sede di sentenza un giudice ha deciso, sulla base della documentazione presentata e del colloquio sostenuto, di dare il proprio via libera al cambiamento.
IL VIA LIBERA ALLA FELICITÀ
Un via libera per attivare la lenta burocrazia italiana e richiedere una modifica di tutti i documenti e, solo alla fine, poter iniziare le operazioni chirurgiche per far sì che il corpo, finalmente, assumesse la forma dell’anima che lo abita.
La storia di Giovanni è una storia di coraggio, di grande determinazione nei confronti di un vissuto che, fin da piccolo, ti ripete che diventare chi senti di essere può dipendere anche dall’approvazione di qualcun altro/a.
In questo coraggio c’è stato solo un momento di paura: quello in cui Giovanni ha temuto di non essere accettato dalla propria famiglia, che aveva accolto con estremo disagio la decisione.
E sapete qual è stata la magia?
Che in quel momento la famiglia Agos si è sostituita a alla famiglia d’origine: “Giovanni, tu devi essere felice per te stesso. Quando la sera rientri a casa e ti chiudi la porta alle spalle, non conta quello che pensano gli altri, conta come stai tu”.
CONCLUSIONI
Giovanni concluderà il suo percorso di riassegnazione di genere nei prossimi mesi, dopo quasi 7 anni da che tutto ha avuto inizio, dopo circa 40 dalla sua nascita.
Abbiamo voluto raccontarvi questa storia sperando che, almeno in piccola parte, dalle nostre parole si percepisca cosa può significare morire dalla voglia di essere se stessi e avere la consapevolezza che per farlo bisognerà combattere a lungo.
Stiamo lavorando a una policy a tutela di chi in azienda vorrà iniziare un percorso come quello di Giovanni e lui ci sta supportando in questo perché, nonostante la crescente consapevolezza delle difficoltà che le persone transgender devono affrontare (sul luogo di lavoro e non solo), creare politiche e prassi inclusive non può prescindere dalla conoscenza personale, concreta e vissuta di chi, quella sfida, l’ha accetatta e vinta. E noi non vediamo davvero l’ora di scrivere quella nuova pagina.