Salute MentaleSalute mentalesocialepersone

RAGGIUNGERE L’AUTONOMIA CON UN DISTURBO DI SALUTE MENTALE

La parola a Fondazione Progetto Itaca
A cura di Federica Crovella
27 Mar 2024

Fondazione Progetto Itaca a livello nazionale e locale supporta le persone con disturbi della Salute Mentale e le loro famiglie, offrendo informazione, ascolto e inclusione sociale. “Linea di ascolto” è uno dei progetti principali, che aiuta le persone a superare la solitudine, dà sostegno e orienta nel mondo dei servizi dedicati a questo tipo di patologie. «Spesso chi soffre di disturbi mentali non viene ascoltatə e vogliamo fare questo, formando i nostri volontari e le nostre volontarie, spesso ex pazienti, proprio sulla capacità di ascolto» spiega la Fondatrice Ughetta Radice Fossati. 

Anche il reinserimento nella rete sociale di chi ha problemi di salute ementale è al centro di Fondazione Progetto Itaca. La sede di Milano, ad esempio, promuove il modello di integrazione sociale “Clubhouse International”, una struttura diurna, non sanitaria, che non sostituisce la cura ma è finalizzata al recupero del ritmo di vita e della sicurezza in sé; vengono sviluppate capacità sociali e abilità specifiche per accrescere l’autonomia della persona e, quando possibile, inserirsi in azienda. 

Chi soffre di disturbi della salute mentale può raggiungere l’autonomia personale e lavorativa? 

Ne parliamo con il responsabile, il Dottor Francesco Baglioni. 

Quali difficoltà incontra una persona con problemi di salute mentale? 

«La malattia cronica mette in discussione le aspettative della persona – e del suo nucleo famigliare – rispetto a esistenza, sogni, aspirazioni e progetti personali e, poiché la fase più intensa del disturbo si manifesta nel passaggio all’età adulta, interrompe percorsi evolutivi della crescita, come terminare gli studi o trovare lavoro, non semplici da recuperare anche quando il disturbo viene curato. Questo influisce sul raggiungimento dell’autonomia, sia personale sia lavorativa, che dev’essere rimodulato sulla base della malattia, che porta a dover impostare la vita su basi completamente nuove. 

Nel lavoro si può perdere una certa quota di abilità e dover chiedere un’invalidità civile, cercando poi lavoro come categoria protetta. Non è facile quantificare bene il tasso di occupazione per chi ha una disabilità mentale; si aggira attorno al 5-10%. Si ripropongono le stesse problematiche che ci sono nel mondo del lavoro ordinario, ma molto più amplificate e moltiplicate. 

Il disturbo transitorio è meno complesso e così anche la possibilità di raggiungere l’autonomia: professionalmente la persona può riacquisire delle abilità, magari con un cambiamento del ruolo lavorativo, e avere conseguenze sulla situazione personale meno invasive. Riconoscere la malattia e la necessità di una buona cura è sempre l’anticamera del raggiungimento dell’autonomia». 

L’autonomia è anche abitativa: come può raggiungerla chi ha disturbi di salute mentale? 

«Per il disturbo cronico negli ultimi anni si sono moltiplicate le esperienze di residenzialità leggera: appartamenti condivisi in cui c’è un controllo educativo limitato e la persona vive in autonomia. Questa modalità sta sostituendo, quando possibile, programmi residenziali ad alta intensità di cura e di comunità ad alta protezione», spiega Baglioni, che precisa, «i tre focus principali da tenere saldi per arrivare ad una reale autonomia abitativa sono: la gestione di attività pratiche quotidiane, come la pulizia della casa e la cura di sé; questioni più accessorie come la gestione dei soldi, che intercetta altri problemi come il rischio di un uso non equilibrato delle risorse e il tema delle dipendenze, e l’attività fuori casa, perché l’autonomia abitativa fatta di “tempo vuoto” porta a isolamento e recrudescenze della malattia e ostacola il recupero», spiega Baglioni. 

La sede di Milano di Progetto Itaca affronta questo aspetto con “Rotta Verso Casa”, a cui hanno aderito circa 30 persone negli anni, buona parte delle quali ha raggiunto la totale autonomia. È un percorso abitativo in un appartamento in condivisione, con camera singola, un’esperienza progettuale breve, che dura da 3 a 6 anni, per sperimentare le proprie autonomie di vita. L’iniziativa si pone a metà tra le esperienze più controllate di residenza psichiatrica e l’autonomia abitativa totale in una casa popolare in edilizia supportata. 

«Ciò di cui siamo certə», conclude il Dottor Baglioni, «è che offrire solo la casa non basta, per costruire una buona residenzialità costruire uno stile di vita sano e costruttivo fuori». 

Leggi questo numero
Registrazione Tribunale di Bergamo n° 04 del 09 Aprile 2018, sede legale via XXIV maggio 8, 24128 BG, P.IVA 03930140169. Impaginazione e stampa a cura di Sestante Editore Srl. Copyright: tutto il materiale sottoscritto dalla redazione e dai nostri collaboratori è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione/Non commerciale/Condividi allo stesso modo 3.0/. Può essere riprodotto a patto di citare DIVERCITY magazine, di condividerlo con la stessa licenza e di non usarlo per fini commerciali.
magnifiercrosschevron-down