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POLICRISI E SALUTE MENTALE: UNA INTERCONNESSIONE COMPLESSA

A cura di Valeria Colombo
30 Mar 2024

L’attuale “policrisi” sta mettendo a dura prova non solo economia e fiducia, ma anche la salute mentale della popolazione e i costi ad essa associati, seppur spesso nascosti, indiretti, sono senza dubbio ingenti e le prospettive per il 2024 non sono rosee.

A livello globale, il 50% del costo sociale delle condizioni di salute mentale deriva da costi indiretti, tra cui la ridotta produttività̀ lavorativa, assenze, assistenza sanitaria. La World Health Organisation (WHO) stima che ogni anno vengano persi 12 miliardi di dollari a causa di depressione e ansia.

Secondo uno studio pubblicato dal World Economic Forum e dalla Harvard School of Public Health, si prevede che il costo delle condizioni di salute mentale (e delle relative conseguenze) aumenterà fino a 6 trilioni di dollari a livello globale entro il 2030, dai 2,5 trilioni di dollari del 2010. Ciò renderebbe il costo della cattiva salute mentale maggiore di quello del cancro, del diabete e dei disturbi respiratori messi insieme.

Secondo l’OCSE i sintomi di ansia e depressione sono raddoppiati al culmine della pandemia di COVID-19, e una combinazione di molteplici crisi emergenti e durature – come il costo della vita e la crisi climatica (la suddetta “policrisi”) – continuano ad aumentare i fattori di rischio per la salute mentale. Il costo totale relativo alla salute mentale in Europa ha superato i 600 miliardi di euro, pari al 4% del PIL totale dell’UE. Nel dettaglio: tra i costi diretti abbiamo la spesa sanitaria per 190 miliardi di euro e 170 miliardi di euro investiti in programmi di sicurezza sociale. Invece i costi indiretti sul mercato del lavoro, causati dal minor tasso di occupazione e dalla ridotta produttività dovuta alle malattie mentali, ammontano a 240 miliardi di euro. Si tratta però di costi sottostimati che non tengono conto di una serie di altri fattori a partire dalla spesa sociale.

Questi numeri ci indicano quanto sia importante che la salute mentale diventi un’area di particolare preoccupazione per la politica e per le imprese, oltre che per il personale sanitario.

Volendo identificare ciò che le imprese possono e devono fare per migliorare le condizioni di salute mentale dei/delle propri/e dipendenti (e delle persone a loro vicine) ho deciso di fare riferimento al lavoro di Workforce Disclosure Initiative (WDI). WDI è una coalizione di società di gestione patrimoniale composta da più di 60 istituzioni, che, attraverso un sondaggio annuale e un programma di “engagement” con le imprese, mira a migliorare la trasparenza e la responsabilità aziendale sulle questioni relative alla forza lavoro, fornire alle aziende e agli investitori dati completi e comparabili e contribuire ad aumentare l’offerta di buoni posti di lavoro in tutto il mondo.

Nel questionario elaborato annualmente e indirizzato alle imprese (nel 2022 hanno risposto 167 imprese) c’è una specifica sezione dedicata a “Mental Health Risks and Safeguarding” che richiede di indicare ad esempio se e come viene monitorato e rendicontato il livello di benessere e salute mentale dei/delle dipendenti. Secondo il sondaggio, il 90% delle imprese offre un programma per la salute e il benessere e 4 imprese su 5 dichiarano di tener conto del benessere mentale dei/delle dipendenti nel design dei luoghi di lavoro e nelle condizioni lavorative. Tuttavia, molte aziende non prendono in considerazione la salute mentale ai più alti livelli di leadership. Ad esempio, oltre un terzo delle aziende non prevede la supervisione a livello di consiglio di amministrazione del tema.

Un’indagine di Forrester del luglio2021 che ha coinvolto più di 1.200dipendenti e 500 manager delle risorse umane e dirigenti di primalinea, aveva anche rivelato una disconnessione tra la percezione dellaleadership e le esperienze dei/delledipendenti: molti lavoratori e lavoratrici non hanno una percezione positiva dell’impegno della propria organizzazione nel sostenere la salutementale e il benessere, elementoche può avere gravi conseguenzesulla fidelizzazione dei dipendenti.

Come spesso accade per i temi di sostenibilità, pur a fronte di iniziative/programmi e politiche varate delle imprese, la salute mentale non rientra – ancora- nelle discussioni ai più alti livelli. La strada di questo e di altri temi verso la “stanza dei bottoni” è ancora lunga, ma sicuramente le società di gestione patrimoniale, come nel caso di WDI, possono fare molto– attraverso dialogo ed engagement- affinché le aziende considerino la tematica e la affrontino come variabile strategica.

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