PERCHÉ IL PENSIERO DISLESSICO SVILUPPA UN ECOSISTEMA CHE GENERA INNOVAZIONE E INCLUSIONE
di Antonio Caterino
Pochi sanno che molti di coloro che hanno cambiato, con le loro innovazioni, il volto del XX e XXI secolo erano e sono dislessici. Si tratta di donne e uomini che hanno dato un contributo determinante all’avanzamento del progresso della civiltà, spinti dall’ambizione di rendere le loro invenzioni sempre più accessibili a un numero quanto più vasto possibile di persone.
Ecco perché fare innovazione significa anche promuovere inclusione e assicurare una crescente giustizia sociale. Le persone dislessiche hanno particolarmente a cuore questa missione perché, in ragione della loro diversità di funzionamento nel leggere, scrivere e fare i calcoli, fin dai primi anni di scuola, hanno vissuto una forma di esclusione dal sistema in cui erano inseriti. Questo li ha convinti a creare un nuovo sistema, più capiente e più funzionale di quello che li aveva emarginati, con l’obiettivo di costruire un modello capace di assorbire e superare quello preesistente, attraverso l’introduzione di innovazioni, il cui utilizzo avrebbe conferito un vantaggio competitivo sia ai soggetti escludenti sia a quelli esclusi.
Questa visione nasce, si sviluppa e si consacra come reazione al vissuto personale, spesso svoltosi in un contesto ostile, come quello scolastico e universitario, che non è ancora in grado, nonostante gli innegabili passi avanti degli ultimi anni, di valorizzare l’intelligenza dislessica. La conseguenza è che queste persone, fin da bambini, devono imparare a cavarsela da soli e a individuare e sperimentare delle vie personali per aggirare gli ostacoli e arrivare, alla stessa meta degli altri. Molti di loro, grazie alla perseveranza e alla creatività di cui sono dotati, ci riescono, imparando inevitabilmente a confrontarsi con disagio, dolore e solitudine, ma non senza cicatrici.
Tale processo insegna alle persone dislessiche a non avere paura di affrontare situazioni che sfuggono al loro controllo, sapendo per esperienza diretta che vi è sempre una soluzione nascosta da qualche parte. Trovarsi a competere con queste difficoltà ha un altro enorme vantaggio: allena le persone dislessiche a non aver timore ad ammettere la verità a se stesse e agli altri e a chiedere aiuto, sapendo che il loro successo dipende indissolubilmente dal successo degli altri. Quindi, imparare a motivare gli altri e dargli uno scopo più grande del loro, facendogli sentire tutta la rilevanza della loro figura e la responsabilità della loro presenza ai fini del successo comune di entrambi, diventa una delle abilità in cui i dislessici eccellono, insieme a quella di guida di cui sono investiti dal loro gruppo per l’abilità duramente appresa nel tempo di non scomporsi mai di fronte alle difficoltà, restando equilibrati, lucidi e postivi, sul presupposto che non vi è nulla che non può essere affrontato. Inoltre, le persone dislessiche, avendo sofferto per la loro condizione e per i giudizi sempre troppo affrettati sulle loro possibilità di successo, hanno imparato a caro prezzo a sospendere il giudizio su di sé e sugli altri, trasmettendo speranza in ordine alla possibilità di realizzazione dei propri sogni e di quelli degli altri, senza mai negare o scoraggiare prospettive che aspettavano solo la loro buona occasione per essere messe alla prova.
É così che le persone dislessiche trasmettono a sé e agli altri l’ispirazione e la fiducia nei propri mezzi per intraprendere iniziative che, superando i limiti e i pregiudizi imposti da parte del pensiero dominante eretto a invalicabili colonne d’ercole, vanno a ridefinire i confini di ciò che fino a quel momento è ritenuto possibile compiere. Le persone dislessiche, quindi, sospendendo il giudizio, risultano molto abili nel fare uso dell’immaginazione e nel disapplicare l’esperienza, ossia quel patrimonio di conoscenze che una volta sedimentato potrebbe dar luogo inevitabilmente anche ai nostri pregiudizi, come elementi inconsapevoli da cui origina la nostra inconscia sorgente del pensiero che a volte finisce per diventare inconfutabile perché inafferrabile.
È solo sospendendo il giudizio, ovvero il pregiudizio, che si riesce ad osservare attentamente qual è il punto di partenza delle nostre credenze più radicate e a intervenire per sradicarle, attraverso le soluzioni e gli scatti dell’immaginazione Questa è la ragione per la quale le persone dislessiche sono in lotta costante per sovvertire i pregiudizi, ossia quell’insieme di elementi che pochi sono pronti ad avvertire e riconoscere, prima, e sfidare, poi. Infatti, solo chi è capace di osservare attentamente la realtà è ancora in grado di stupirsi e di meravigliarsi, notando ciò che sfugge ai più. Queste qualità sono determinanti ma non sono sufficienti. Fare innovazione richiede la capacità di affrontare la solitudine e la disapprovazione sociale connessa ai ripetuti fallimenti a cui chi innova è più esposto degli altri, essendo chiamato a sfidare teorie e certezze che nessun altro avrebbe il coraggio di mettere in crisi. Anche su questo fronte, le persone dislessiche si sono dimostrate all’altezza delle loro migliori aspettative, perché avendo sofferto e superato fasi difficili nel corso della loro vita, hanno imparato ad essere a proprio agio in contesti emotivamente duri, se non ostili, in costante transizione, e a perseverare per vedere in atto il cambiamento che hanno immaginato. Per tutto questo, oggi più che mai, rinunciare al contributo che il pensiero dislessico può apportare alle nostre comunità è una perdita inestimabile che non possiamo permetterci.
Antonio Caterino, 1986, Avvocato, LCA Studio Legale