Nuovi femminismi
Il femminismo è innanzitutto una pratica dell’immaginazione. Dirsi femministe e femministi, in questo momento storico, non significa soltanto enunciare un impegno politico, ma anche fare uno sforzo di fantasia e provare a immaginare un mondo diverso, migliore. Oggi milioni di persone stanno compiendo questo sforzo. Secondo un sondaggio del Pew Research Center, il 68% delle donne americane tra i 18 e i 25 anni si dichiara femminista e il secondo gruppo demografico con la percentuale più alta è rappresentato dalle over 65, ovvero dalle donne che da giovani avevano vissuto l’ondata degli anni ’70. Senza alcun dubbio ci troviamo in un momento di grande “fortuna del femminismo”, per usare un’espressione della filosofa Nancy Fraser.
Questa fortuna ha amplificato le correnti, le visioni e le pratiche del femminismo al punto che ora è consuetudine parlarne al plurale: esistono i femminismi, non il femminismo, perché esistono mille modi di vivere questo posizionamento. Da un punto di vista storico, il femminismo può essere definito come una teoria politica che rifiuta l’ordine gerarchico dei sessi e un movimento che si impegna per rimuovere gli ostacoli che impediscono alle donne di partecipare pienamente alla vita pubblica. Molto spesso il femminismo è ridotto alla semplice “parità di genere”, un obiettivo importante ma di certo non l’unico. La linguista Alma Sabatini, in un documento del 1987 inviato alla presidenza del Consiglio dei ministri sull’italiano inclusivo, scriveva che è una strana idea di parità quella in cui il metro è sempre l’uomo.
Oggi parlare di femminismo come lotta per la parità dei diritti è una verità parziale. Tutti i dati a nostra disposizione ci dimostrano che in moltissimi ambiti sociali, politici e privati esistono ancora enormi disparità fra uomini e donne. Ma proprio perché il femminismo è uno sforzo di immaginazione bisogna provare ad andare oltre la mera parità e inquadrare il femminismo come affermazione positiva della differenza sessuale, come la intende la filosofa Rosi Braidotti. Affermazione significa rivendicare il proprio sì all’esistenza, alla partecipazione collettiva e ai desideri individuali.
L’attuale fortuna del femminismo arriva in un momento di grande disillusione nei confronti della politica istituzionale. Le nuove generazioni hanno pochissima fiducia nella capacità dei politici di professione di cambiare le cose e non credono più nelle promesse illusorie di benessere diffuso con cui sono state cresciute. Affacciandosi al mondo, trovano precarietà, povertà, esclusione e discriminazione. Questo spiega perché moltissimi giovani decidono di rivolgere le loro energie all’attivismo politico dei movimenti, compreso il femminismo, piuttosto che ai partiti.
Oggi il femminismo ha moltiplicato i suoi orizzonti e ha capito che non può più occuparsi solo delle donne. Chiara Bottici, professoressa associata di Filosofia alla New School for Social Research di New York, partendo dalla storica definizione di Simone De Beauvoir propone di parlare di “secondi sessi” per includere tutti i soggetti che non sono inclusi nel primo sesso, ovvero quello degli uomini bianchi che detengono il potere. Nel femminismo dei secondi sessi si è imposta la necessità di tenere insieme tante identità diverse, richiamandosi al concetto di intersezionalità.
La parola intersezionalità è stata coniata nel 1989 dalla giurista americana Kimberlé Crenshaw per descrivere come il sistema di oppressioni si sovrappone in più punti. Crenshaw usò la metafora dell’incrocio stradale (intersection, in inglese: i veicoli arrivano da più parti e gli incidenti possono avvenire in più punti dell’incrocio. Anche se oggi è usata soprattutto per definire un’identità o per caratterizzare una corrente del femminismo (quello intersezionale, appunto), l’intersezionalità è anzitutto una cornice teorica per potersi riferire, nello stesso momento, a molteplici forme di discriminazione e oppressione.
Anche se l’intersezionalità non è l’unico approccio possibile al femminismo, è ormai evidente che l’attivismo attuale abbia bisogno di comprendere più identità e più voci. Milioni di giovani persone in questo momento si riconoscono in questo movimento e portano avanti le proprie battaglie, anche con risultati straordinari. In America Latina, ad esempio, fino al 2020 il 97% delle donne viveva in un Paese in cui l’aborto era quasi o del tutto illegale. Oggi, grazie al movimento della Marea Verde, Argentina, Messico, Cile e Colombia hanno depenalizzato l’aborto, una conquista impensabile fino a pochi anni fa.