NON SOLO PAROLE - La strada verso l’inclusione, un passo dopo l’altro
A cura della Redazione
Il dibattito sulla neutralità di genere nel linguaggio non è recente, già nel 2008 il Parlamento Europeo avviava una riflessione sulla tematica, diventando una delle prime organizzazioni internazionali a adottare specifiche linee guida multilingue. Nel corso dell’ultimo decennio l’importanza del tema linguistico ha acquistato rilevanza non solo nel mondo istituzionale e in quello accademico ma anche in quello aziendale. Le organizzazioni, infatti, nel progettare le strategie di Inclusion&Diversity hanno iniziato a comprendere che l’inclusione passa anche per il modo e il tono con cui ci si esprime in azienda e che questo non riguarda solo il genere ma anche, ad esempio, la disabilità. “Sul fronte del genere la nostra lingua madre è improntata al binarismo ma come parte di una realtà multinazionale in azienda usiamo abitualmente l’inglese anche per le nostre comunicazioni interne” spiega Carlamaria Tiburtini, HR Business Partner e I&D Leader di Avio Aero “Questo aiuta non solo perché è una lingua universale che avvicina anche i colleghi di diversa nazionalità presenti nell’organizzazione, ma per la sua natura neutrale va incontro all’inclusione”.
“La riflessione più profonda però” aggiunge Carlamaria “tocca il modo di comunicare di ciascuno, le parole che abitualmente usiamo. Come afferma Igor Suran, direttore generale dell’associazione Parks Liberi e Uguali di cui noi facciamo parte, le parole che fanno sentire esclusi non sono necessariamente volgari e offensive. Molto spesso sono le stesse parole che usiamo ogni giorno che in determinati contesti fanno sentire esclusi coloro che non si riconoscono in questo parametro espressivo. Questo è molto vero nell’ambito della disabilità ad esempio, dove espressioni stigmatizzanti sono state sì sostituite da altre, ma talvolta altrettanto inadeguate, scorrette da un punto di vista scientifico o peggio paternalistiche”. In Avio Aero l’attenzione a questo aspetto fa parte del percorso di sensibilizzazione culturale che l’azienda ha fortemente voluto. “Nel caso della nostra azienda”, continua Carlamaria, la fabbrica è il cuore operativo, sicuramente il contesto più rilevante in termini numerici e anche il luogo dove è prevalente la presenza maschile. Negli anni, le politiche di talent acquisition e retention e la visione della brilliant factory – un nuovo approccio al manufacturing improntato su tecnologia e innovazione che trasforma completamente l’ambiente di fabbrica tradizionalmente inteso - ci hanno portato ad inserire sempre più donne sulle linee produttive facendo emergere problematiche relative al linguaggio, amplificate poi dall’apertura al mondo LGBTIQ+. All’inizio, in alcuni casi, dai termini sessisti o volgari sono scaturiti anche comportamenti inappropriati. Insieme alle necessarie azioni disciplinari abbiamo iniziato a lavorare sul piano organizzativo alla composizione dei team per renderli quanto più possibile diversi per età, genere, anzianità di servizio e sugli stereotipi con iter di formazione specifica e testimonianze.
Ora ci stiamo concentrando molto sulla consapevolezza personale e vogliamo condurre dei progetti pilota nei nostri stabilimenti aperti a tutte le funzioni e figure professionali per far percepire il valore dell’appropriatezza del linguaggio e, di conseguenza, aumentarne l’uso cosciente”. Non solo per passione personale, ma anche per interesse professionale, Carlamaria Tiburtini segue con interesse le teorie sull’evoluzione della lingua in relazione all’inclusione “E’ interessante vedere come ci sia molta ricerca per far evolvere la lingua in modo che rifletta l’attualità e trovare soluzioni alternative al predominio del maschile; penso al “singular they” - parola dell’anno 2019 eletta dall’American Dialect Association - che riflette l’attenzione alla diversità da parte della società americana o lo schwa - il simbolo usato dai linguisti per definire una corretta pronuncia - in sostituzione dell’asterisco a fine parola, a sua volta scelto per sostituire il maschile e il femminile. Come professionista delle Risorse Umane sento la responsabilità di guardare al linguaggio come una componente fondante della strategia di inclusione, per creare una cultura del rispetto che è il presupposto della collaborazione e del lavorare insieme. Nel mondo del lavoro sta entrando la generazione Z per la quale i temi della diversità fanno parte del sistema valoriale e sulla base del linguaggio e del comportamento etico valutano l’azienda. Non possiamo perdere questa opportunità.”