Mutilazioni genitali
Le Mutilazioni Genitali Femminili (MGF) sono una pratica diffusa in diversi paesi dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia. Le sue origini sono incerte, ma secondo alcuni studi la prassi risale a più di 2.000 anni fa, con testimonianze anche nell’antico Egitto e nell’antica Grecia. Nei paesi in cui sono ancora praticate, le MGF posseggono una forte matrice culturale; solitamente sono legate all’idea di verginità e castità della donna, a volte sono viste come un rituale del raggiungimento della maggiore età e in alcune comunità musulmane, percepite come un precetto religioso (Nawal, 2008). Inoltre, negli anni sessanta il tipo I di MGF, o clitoridectomia, era praticato negli Stati Uniti dalle ostetriche, poiché ritenuto cura per l’erotomania, il lesbismo, l’isteria e l’ipertrofia clitoridea (Cutner, 1985). Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il termine MGF “comprende tutte le procedure che coinvolgono la parziale o totale rimozione delle parti esterne dei genitali femminili e ogni lesione ai genitali femminili per ragioni non mediche” (OMS, 2018). È stato stimato che 200 milioni di donne e bambine sono state sottoposte a questa pratica in 30 paesi e che 3 milioni siano a rischio ogni anno, ma il numero esatto a livello mondiale è ancora sconosciuto (UNICEF, 2016). Ci sono quattro tipi di MGF: il tipo I, o clitoridectiomia, che è la “parziale o totale rimozione del clitoride e/o del prepuzio clitorideo”; il tipo II, o escissione, è la “parziale o totale rimozione del clitoride e delle piccole labbra, con o senza la scissione delle grandi labbra”; il tipo III, anche chiamato infibulazione o taglio faraonico, è il “restringimento dell’orifizio vaginale con la creazione di una chiusura tramite il taglio e il riposizionamento delle piccole labbra e/o delle grandi labbra (con o senza la rimozione del clitoride), questo tipo è considerato la procedura più grave; il tipo IV, consiste in “ogni altra procedura di tipo non medico operata sui genitali femminili, quali il perforamento, l’incisione, il raschiamento e la cauterizzazione” (OMS, 2007). Nei Paesi in cui la pratica è diffusa, non sempre si ritrovano tutte le forme e nello stesso Paese diversi gruppi etnici possono praticarne tipi differenti. Non esiste alcun beneficio per la salute ricollegabile a questa pratica, al contrario è riconosciuta essere dannosa in vari modi. In primo luogo, crea immenso dolore fisico e traumi alle bambine che subiscono il taglio, generalmente svolto senza anestesia. In aggiunta, la rimozione o la compromissione di tessuti genitali sani ostacola il naturale funzionamento del corpo, a volte dando in complicanze immediate o di lungo termine. Infine, il rischio di mortalità neonatale è più alto nel caso di bimbe che hanno subito MGF (OMS, 2008). A livello internazionale, le MGF sono riconosciute come violazione dei diritti umani. Secondo la Dichiarazione Congiunta sull’Eliminazione della Mutilazione Genitale Femminile, le MGF sono una forma di discriminazione di genere, volta a perpetuare la già consolidata ineguaglianza fra i due sessi. Le MGF sono prevalentemente praticate su bambine lontane dall’età adulta e per questa ragione costituiscono anche una violazione dei diritti dell’infanzia. Nel caso sfoci in complicanze mediche, alle donne viene negato il diritto alla salute e al corretto funzionamento del proprio corpo. Poiché la maggior parte delle volte la procedura si svolge senza il permesso della bambina e in situazioni precarie, le MGF possono essere considerate una forma di tortura. Infine, nel peggiore dei casi, questa pratica può causare la morte della bambina, violandone così il diritto alla vita (OHCHR, et al., 2008). Nonostante il diritto internazionale tuteli la libertà religiosa e il diritto di partecipare alla vita culturale, dichiara anche che questo diritto può essere sottoposto a limitazioni. Queste limitazioni si presentano nel caso in cui le credenze di un individuo ledano i diritti e le libertà di un altro individuo. In questo senso, qualsiasi rivendicazione sociale o culturale delle MGF non sussiste (International Covenant on Civil and Political Rights, 1966) (UNESCO, 2001). Le MGF sono praticate in diversi Paesi, fra loro culturalmente e geograficamente distanti. Nell’era della globalizzazione, in cui la migrazione occupa un ruolo chiave, paesi in cui le MGF non sono praticate hanno ora un nuovo fenomeno da riconoscere e affrontare. Infatti, sono molte le donne straniere che hanno subito MGF, poi emigrate e stabilitesi altrove. La caratteristica di trascendere confini nazionali fa di questa pratica un problema transnazionale, come dimostrato dalle molte convenzioni e legislazioni internazionali anti-MGF. Questa è anche però l’era della comunicazione, in cui la velocità di condivisione di un’informazione può, anzi deve rappresentare una risorsa nella diffusione di buone prassi e un facilitatore nel coordinamento di iniziative globali anti-MGF.
BIBLIOGRAFIA – Cutner, W. (1985). Female genital mutilation. Obstet Gynecol Survey, 40(7), 437-43. – International Covenant on Civil and Political Rights. (1966). Article 18.3. – Nawal, M. N. (2008). Female Genital Cutting: A Persisting Practice. Reviews in Obstetrics & Gynecology, 1(3), 135–139. – OHCHR, UNAIDS, UNDP, UNECA, UNESCO, UNFPA, WHO. (2008). Eliminating Female Genital Mutilation: An Interagency Statement. Geneva: WHO. – UN. (2015). SUSTAINABLE DEVELOPMENT GOAL 5- Achieve gender equality and empower all women and girls. Retrieved from Sustainable Development Knowledge Platform: https://sustainabledevelopment.un.org/sdg5 – UNESCO. (2001). Universal Declaration on Cultural Diversity, Article 4. UNESCO. – UNICEF. (2016). Female Genitalia Mutilation/Cutting: A Global Concern. New York: UNICEF. Retrieved from UNICEF Web site. – OMS. (2007). Classification of female genital mutilation. Retrieved from World Health Organization – OMS. (2008). Eliminating female genital mutilation: an interagency statement. Geneva: WHO. – OMS. (2018, January). World Health Organization. Retrieved from World Health Organization