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L’INSOSTENIBILITÀ DEL VIVERE IRANIANO

A cura di  Eleonora Masi e Emad Kangarani
07 Mar 2023

Non c’è persona da Oriente a Occidente che non sia a conoscenza di quanto avvenuto in Iran negli ultimi mesi. Sappiamoche tutto è iniziato con la morte di Mahsa Amini, arrestata dalla polizia di morale a

Teheran il 13 settembre per presunta violazione della legge sulla hijab. Sappiamo che gli agenti l’hanno molto probabilmentepicchiata fino ad ucciderla, ma anche che le autorità negano tutto e parlano di un infarto. Sappiamo, quindi, che le primeproteste sono avvenute dopo il suo funerale a Saqqez, nella zona nord-ovest del Kurdistan iraniano di cui Mahsa Amini eraoriginaria e da allora non si sono più fermate, estendendosi ad altre città iraniane. Secondo l’agenzia di informazione HRANA, cisono circa 330 morti e 15000 arresti, e questi numeri già poco ufficiali non potranno che aumentare.

Eppure questa non è la prima protesta delle donne contro l’hijab, o meglio, contro l’obbligo di indossarlo: si tratta di unosciame di insofferenza che va ben oltre il velo. Anche e soprattutto chi lo indossa per scelta si dimostra infastidito dall’intero governo della Repubblica Islamica, in particolare dell’operato della polizia religiosa e della sua repressione violenta diqualsivoglia diritto fondamentale.

E com’è, appunto, vivere in un Paese che dopo la Rivoluzione Islamica del 1979 ha sempre avuto più obblighi e menolibertà?

Prima di tutto, è impossibile ignorare la discriminazione delle minoranze presenti in Iran. Secondo i dati ufficiali, le prime treregioni povere del paese si trovano a ridosso dei confini ed è lì che sono stanziate le minoranze. La regione del Sistan e Baluchistan, per esempio, è quella più svantaggiata in Iran con un tasso di povertà del 62%, seguita dalle regioni del Khorasan Settentrionale e dell’Hormozgan con un tasso di povertà del 46% e del 44%.

Poi c’è la discriminazione di genere: le donne in Iran affrontano una serie di barriere legali e sociali che limitano non solo le loro vite, ma anche i loro mezzi di sussistenza Sempre restando ai dati ufficiali, per quanto a volte sottostimati, il tasso di disoccupazione femminile è il doppio rispetto a quello maschile. Sebbene le donne costituiscano oltre il 50% delle personelaureate, la loro partecipazione alla forza lavoro è solo del 18%.

Le leggi nazionali non permettono parità di accesso delle donne al lavoro, limitando le professioni alle quali le donne possono accedere e negando pari benefici nella forza lavoro. Inoltre, la legge iraniana considera il marito il capofamiglia, uno status che gli garantisce il pieno controllo sulle scelte economiche della moglie.

Un uomo ha anche il diritto di vietare alla moglie di ottenere un passaporto e può impedirle di viaggiare all’estero in qualsiasi momento, anche se in possesso di tutti i documenti necessari.

Anziché adottare misure che riducono queste barriere, dal2012 il governo iraniano ha articolato le sue politiche demografiche incentivando la natalità e limitando l'accesso delle donne all’assistenza sanitaria riproduttiva.

Sicapisce,quindi,chesimilicondizionidivitainterferisconocon la quotidianità di una grossa fetta della popolazione. È un qualcosa che colpisce non solo le donne, ma anche gli uomini che, infatti, per la prima volta sono scesi in piazza fomentati proprio dalle donne per appoggiarle, per urlare più forte che ciò che la dittatura impone è obsoleto.

Questo è un movimento per i diritti umani, un movimento democratico, come ha dichiarato alla CNN anche Marjane Satrapi, autrice del celeberrimo Persepolis.

Perciò, l’attuale ondata di proteste in piazza è così forte perché è il prodotto dell’articolazione di tutte quelle questioni sociali, civili ed economiche mai riconosciute né affrontate dal regime.

Un gigantesco leviatano che, per comodità, le ha sempre etichettate come sedizioni orchestrate dal “nemico”, parola abusata nel lessico della Guida Suprema dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei.

Ora che questa miriade di questioni irrisolte si sono accese e unite come micce inesplose sarà difficile spegnerle.

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