Libertà di movimento: diritto o privilegio?
«I termini “migrazioni” e “migranti” sono quelli utilizzati soprattutto per parlare delle persone che provengono, principalmente, dal Sud America, dall’Africa, dal Medio Oriente e dal Sud dell’Asia. Per indicare invece lo spostamento delle persone che provengono dagli Stati Uniti, dal Giappone o dai Paesi dell’Unione Europea, i termini utilizzati sono principalmente “viaggio”, “expat”, “fuga di cervelli”. Questa asimmetria linguistica utilizzata per descrivere la mobilità umana ci suggerisce che esiste una disparità non solo dettata dalla percezione che si ha delle persone che “si spostano” ma anche, evidentemente, dal privilegio della nazionalità del Paese di provenienza. Tale privilegio dipende non solo dalla ricchezza del Paese in cui si nasce – al netto di tutte le disparità sociali che troviamo anche all’interno dei Paesi ricchi -, ma dal passaporto.»
Oiza Q. Obasuyi su Melting Pot Europa
Privilegi invisibili
Quando pensiamo ai privilegi, spesso ci concentriamo su concetti come la ricchezza, l’istruzione o la classe sociale. C’è anche un privilegio più sottile ma altrettanto significativo a cui non pensiamo mai: il passaporto che portiamo nel nostro portafoglio. Questo documento, apparentemente semplice, racchiude in sé il potere di aprire o chiudere porte, definendo la nostra libertà di movimento. Può essere un ponte, oppure un muro. In base al paese di nascita, il passaporto può dare accesso a un’ampia gamma di possibilità, o al contrario, può ostacolare l’accesso a opportunità economiche e sociali, come studiare all’estero, accedere ai mercati del lavoro più prosperi, o persino sfuggire a persecuzioni politiche o violenze. Il potere dei passaporti è molto variabile e può aumentare oppure diminuire. I due principali canali di verifica sono: Henley Passport Index del 2024 - riconosciuto come la massima autorità a livello internazionale - e il Passport Index Pulse 2024. Tra le loro classifiche ci sono leggere differenze, ma il passaporto italiano si classifica, in entrambe, ai primi posti assieme alle altre potenze dell’Europa Occidentale come Spagna, Francia e Germania. Ciò significa che con un passaporto italiano è possibile accedere senza visto o con visto all’arrivo in ben 194 paesi su 227 globalmente riconosciuti, cioè nella maggior parte del mondo (secondo i valori dell’Henley Passport Index). Questo dipende da vari fattori: i paesi con passaporti “forti” sono spesso quelli con economie sviluppate, una forte presenza nelle istituzioni internazionali, come l’Unione Europea o le Nazioni Unite, e una politica estera molto stabile. Quindi, il potere di un passaporto è direttamente collegato alla geopolitica e alla diplomazia internazionale. Agli ultimi posti ci sono: Afghanistan, Siria e Iraq. Unǝ cittadinǝ afghanǝ può entrare senza visto in soli 26 paesi. I Paesi con passaporti “deboli” sono spesso in guerra, sottomessi a regimi autoritari, con relazioni diplomatiche internazionali fragili e soggetti a forti flussi migratori in uscita; questo porta le nazioni cosiddette più sviluppate a restringere l’accesso per paura di immigrazione illegale o di richiedenti asilo. Il risultato è che le nazioni ricche mantengono il controllo sugli ingressi, mentre le persone provenienti da aree economicamente più povere rimangono confinate. Inoltre, molte delle nazioni con passaporti meno potenti sono state colonizzate o sfruttate dalle potenze occidentali. Il sistema internazionale dei passaporti può essere visto, infatti, come una vera e propria eredità del colonialismo, dove le ex potenze coloniali detengono un vantaggio nella mobilità globale, mentre le ex colonie rimangono marginalizzate.
Doppi standard
Nella quotidianità, la libertà di movimento sembra un diritto naturale, ma per miliardi di persone non lo è. In paesi con passaporti meno potenti, ogni viaggio può diventare una lotta contro un sistema di visti complesso, costoso, spesso discriminatorio e corrotto. Inoltre, alcuni strumenti politici, come gli Accordi Schengen (firmati nel 1985, in un villaggio chiamato Schengen, in Lussemburgo) garantiscono a ben 27 paesi (di cui 22 membri dell’UE) la libera circolazione tra questi paesi firmatari, tra i quali le frontiere sono praticamente aperte. Solo per motivi di sicurezza, legati soprattutto al terrorismo, alcuni paesi hanno reintrodotto i controlli transfrontalieri negli ultimi anni dopo gli attacchi dell’ISIS. Come dicevamo, il valore del passaporto è variabile e gli accordi internazionali influiscono su di esso. Ad esempio, prima del 2010, il passaporto siriano permetteva aɜ cittadinɜ di viaggiare senza problemi. Tuttavia, a causa della guerra, è diventato uno dei passaporti meno validi al mondo, limitando gravemente la libertà di movimento. Oggi, migliaia di persone provenienti dalla Siria cercano di attraversare frontiere pericolose lungo la rotta balcanica. Al contrario, dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022, il passaporto ucraino ha acquisito molto valore. Le persone ucraine, ad eccezione dei maschi in età di leva, obbligati a rimanere a combattere, possono spostarsi liberamente in Europa, spesso con il sostegno delle comunità locali e con il favore delle frontiere e degli accordi internazionali.
Una questione economica: la Golden Visa
L’unico fattore che può superare il privilegio di essere natɜ in certi luoghi del mondo è dato dallo status economico. Infatti, anche se è un tema poco conosciuto, esistono molti programmi di Golden Visa che tendono ad amplificare le disuguaglianze già esistenti poiché offrono nuove opportunità solo a coloro che possono permettersi di investire somme significative. Ma di cosa si tratta? Il meccanismo della Golden Visa è abbastanza semplice: un individuo, o in alcuni casi una famiglia, investe una somma significativa in un paese, e in cambio riceve un permesso di soggiorno che può essere rinnovato e può portare alla cittadinanza. Il programma italiano offre la Investor Visa per investimenti di almeno 500.000 euro in start-up (la metà se sono innovative) o 2 milioni di euro in obbligazioni governative con cui si ottiene un visto biennale rinnovabile, dopo cinque anni si può richiedere la residenza permanente, dopo dieci anni si ottiene la cittadinanza. Le conseguenze negative possono portare a riciclaggio di denaro e crimine finanziario, evasione di criminali, disuguaglianze sociali e un grave impatto sulla popolazione locale. Solo nel 2023, l’Italia ha rilasciato un totale di 79 visti d’oro (Golden Visa), quasi il doppio rispetto all’anno precedente, con la maggior parte de3 beneficiar3 provenienti da Russia, Stati Uniti e Regno Unito.
Il passaporto è un’invenzione moderna?
Curiosamente, l’idea del passaporto per come lo conosciamo oggi è un’invenzione piuttosto recente. Anche se ci sono tracce storiche di documenti di viaggio risalenti all’antichità, fu solo dopo la Prima Guerra Mondiale che il passaporto divenne un documento regolamentato. Prima di allora, viaggiare era molto meno burocratizzato. Vi sono antenati dei passaporti risalenti all’antico Egitto e alla Persia, dove ɜ viaggiatorɜ – molto spesso uomini che si muovevano per ragioni commerciali, ma vi sono anche delle eccezioni come l’imperatrice egizia Hatshepsut - portavano con sé lettere di raccomandazioni per garantire la loro sicurezza durante i viaggi; e anche nel Medioevo vi era qualcosa di simile, le cosiddette lettres de marque che avevano più o meno lo stesso scopo: garantire il diritto di viaggio e protezione. Il passaporto venne introdotto formalmente a livello globale nel 1920, nato dalla necessità di controllo statale sui movimenti delle persone, in un periodo di crescente nazionalismo e ansie geopolitiche, oltre alla crisi delle persone rifugiate in seguito alla Prima Guerra Mondiale e al consolidamento delle nazioni. Così il passaporto è diventato un vero e proprio simbolo di potere geopolitico e uno strumento di controllo statale. La sua introduzione e la sua evoluzione riflettono come le nazioni abbiano cercato di controllare non solo i propri confini, ma anche chi ha il diritto, o il privilegio, di attraversarli.