LEAD, CHANGE HAPPENS

02 Ott 2021

Da tempo State Street, società statunitense di servizi finanziari e bancari, ha intrapreso un percorso di inclusione delle diversità segnato da azioni concrete e strutturate. La più recente tappa del viaggio ha portato la società a supportare il premio “Valeria Solesin”, un’iniziativa promossa dal Forum della Meritocrazia e da Allianz Partners, dedicata all’omonima ricercatrice, rimasta uccisa nell’attentato al Bataclan di Parigi nell’autunno 2015. 

Il premio, giunto ormai alla quinta edizione, ha come obiettivo la valorizzazione dei talenti femminili, attraverso le ricerche delle studentesse e studenti delle università italiane, quali motore per la crescita economica e sociale del Paese. Il lavoro delle prime quattro edizioni è stato raccolto nel libro “Forza ragazze, al lavoro” di Paola Corna Pellegrini, CEO di Allianz Partners che, ispirandosi all’eredità lasciata da Solesin, unisce le esperienze delle e dei partecipanti, protagonist* del cambiamento per una società equa, inclusiva e meritocratica. 

State Street crede nella ricerca e nella valorizzazione dei talenti e, per questo motivo, ha deciso di sostenere il premio. 

Alessia Gesualdi. Laurea Magistrale in Direzione Aziendale.
Business Analyst e collaboratrice gruppo CSR - Gender Diversity presso Capgemini.

Ed è così che ho conosciuto Alessia Gesualdi, vincitrice della borsa di studio di State Street. Dopo essersi laureata all’Università di Bologna con una tesi in Direzione aziendale focalizzata sulla diversità di genere, Alessia è diventata business analyst nel settore IT, dove continua a portare avanti la ricerca e l’impegno nei confronti della diversità di genere. “Ci sono cose su cui non si deve scendere a compromessi, – spiega Alessia – come il non poter svolgere una professione o l’ambire a una carica apicale a causa di un pregiudizio di genere, della presenza di questo “soffitto di cristallo” che ancora non siamo riuscite a oltrepassare”.

La conversazione con lei è stata piacevole e arricchente.

Alessia, cosa ti ha spinto a scrivere una tesi sulla diversità di genere?

Questa tesi è stata sì un punto di partenza, ma derivante da un lungo percorso di consapevolezza: l’esistenza di una situazione di disuguaglianza ancora troppo radicata nei processi di decision making e l’incredibile valore aggiunto che può apportare la diversità di genere. 

Il lavoro si è sviluppato da un insieme di riflessioni e di opportunità, rafforzate dall’osservazione del quotidiano. Viviamo in un mondo in cui il default male (pregiudizio strutturale contro le donne) è presente nella maggior parte dei contesti e delle attività che svolgiamo: posizioni dirigenziali quasi totalmente maschili nei CdA, nella pubblica amministrazione, nelle professioni STEM, ma anche nella progettazione urbanistica e dei luoghi di lavoro. 

Come hai sviluppato il lavoro?

Ho deciso di concentrarmi sullo studio della diversità di genere nei Consigli di Amministrazione delle società quotate alla Borsa di Milano - alla luce dell’introduzione della legge Golfo Mosca del 2011 - e sui possibili cambiamenti che una leader può apportare, attraverso un’analisi delle cariche. Nella mia ricerca ho analizzato il contesto pre e post riforma (2008-2017), verificando l’aumento della percentuale delle donne nei board, da un lato, e la scarsa presenza femminile ai vertici aziendali, dall’altro. 

Ho posto attenzione alle differenze tra family firms e non family firms, analizzando quali cambiamenti si possano verificare in presenza di una leadership femminile (Amministratrice delegata o Presidente) nei CdA in termini di consistenza, caratteristiche e ruolo ricoperto dalle donne.

Sono diversi i punti di contatto tra le attività promosse da State Street e il tema trattato nella tua tesi. Ad esempio, The Fearless Girl è un’installazione di cui abbiamo già parlato qui su DiverCity, commissionata da State Street, che oggi si trova di fronte alla New York Stock Exchange, volta a promuovere la diversità di genere e incentivare la presenza delle donne nei CDA con l’idea che, quando a comandare sono le donne, le cose cambiano. Cosa è emerso dalla tua ricerca?

Quando le donne ricoprono ruoli apicali, un primo segnale di cambiamento si può evincere all’interno stesso del CdA. Dai risultati della mia analisi è emerso che la percentuale di donne nei boards aumenta in presenza di una leadership femminile (AD o Presidente). L’aumento del numero di donne nei CdA consente la creazione di quella massa critica necessaria per legittimare la presenza di una minoranza all’interno del gruppo in grado sia di incidere sulle scelte del Consiglio, sia di agevolare la diminuzione dell’effetto glass ceiling.

[Glass ceiling: fenomeno che consiste nell’impossibilità per le donne di raggiungere posizioni di vertice nel proprio ambito lavorativo, generalmente riservate alla popolazione maschile, ndr]. La massa critica, a sua volta, legittima la presenza stessa di un’Amministratrice Delegata. 

Stefania Colombo,
Responsabile del team Client Relationship Management, chair dell’ERG Professional Women Network di State Street

In base a quanto emerso dai tuoi studi, quali altri benefici comporta la presenza di una leadership femminile?

Una leadership femminile può influire anche sul ruolo ricoperto dalle donne nel Consiglio: in presenza di una CEO o di una Presidente, diminuisce la probabilità che le donne ricoprano la carica di amministratrici indipendenti, aumentando la rappresentanza femminile nelle cariche esecutive. 

Questo risultato è molto importante in quanto le donne, ad oggi, non hanno realmente oltrepassato il soffitto di cristallo e restano ancora sottorappresentate nell’esecutivo. 

Effettivamente, una leadership femminile può generare cambiamenti sia all’interno, sia all’esterno dei board, ma resta ancora molta strada da fare: la legge Golfo-Mosca ha consentito un aumento delle quote di genere all’interno dei CdA, ma è necessario un cambiamento culturale e sociale che confermi una reale inclusione di genere.

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