Privilegi e alleanze

Lavoro e privilegi

Rubrica LAVORO AGILE
A cura di Chiara Bisconti, consulente di risorse umane e scrittrice
18 Dic 2024

Ci vado dritta. Il modo di lavorare tradizionale, preesistente al lavoro agile, si basava su un privilegio. Poggiava proprio lì le sue radici, solide e ben estese nel terreno; radici che lo hanno fatto fiorire per anni e che continuano a tenerlo in vita, anche ora che è evidentemente diventato anacronistico.
Era un privilegio riuscire a dividere nettamente la vita lavorativa da quella personale. E adattarsi a tempi rigidissimi, che imponevano la presenza continuativa, giorno dopo giorno, negli uffici. Tempi rigidi appunto, dalle 9 alle 17. Rigidi sempre e solo in un senso, poiché anche lavorare ben oltre l’orario di fine lavoro – la norma nei fatti - era possibile solo grazie a un privilegio. Il privilegio era quello di non occuparsi mai della cura. Di considerarsi esclusivamente ‘breadwinner’, coloro che portano a casa il pane – il reddito per sostenere la famiglia. Di sentirsi esclusivamente dedicati, e realizzati, in quell’unica e importante funzione. Con tutto il resto dato per scontato o pensato come servizio alla propria personale esistenza. Era - ma tu guarda - un privilegio quasi esclusivamente maschile. Erano gli uomini che riuscivano a lavorare in un luogo unico e in un tempo rigido. E ci riuscivano perché solo a quello potevano pensare. Avendo a fianco mogli, compagne, madri, sorelle o figlie che si occupavano di tutto il resto. Inclusa la loro personale cura. E loro sembravano apprezzarlo. Sono partita tante volte per i miei viaggi di lavoro con colleghi uomini che ammettevano candidamente che la valigia era stata preparata loro dalla moglie. Che aveva scelto per loro camicie, calzini e sicuramente anche mutande. I privilegi sono invisibili a chi li ha, si dice. Ed è così vero! I luoghi e i tempi del lavoro sembravano tagliati perfettamente per quella parte di popolazione maschile libera da ogni impegno di cura. E questo privilegio non visto rendeva le donne poco compatibili al lavoro. Per anni noi donne abbiamo provato ad adattarci a questa visione, senza però lo scudo protettivo del privilegio. Abbiamo corso, cercato di far stare tutto in quelle giornate rigide, con il carico di cura interamente sulle nostre spalle che ci schiacciava a terra. Ma eravamo noi quelle inadeguate. Per anni le aziende hanno cercato di ‘aggiustarci’, di renderci più assertive, lodando il nostro presunto multitasking; considerandoci comunque inaffidabili perché, come fai a darle quella grande responsabilità che è sempre di corsa a prendere i bambini? Poi tra donne ci siamo guardate negli occhi. Perché aggiustare noi e non il lavoro? Perché non introdurre flessibilità, nuovi modi di lavorare per riuscire ad adattare il lavoro alla pienezza delle vite e non viceversa? E sono nate le prime alleanze. In Nestlé, la nostra l’avevamo chiamate “Iniziativa Primavera”. E ci eravamo veramente guardate negli occhi, all’inizio degli anni duemila. In una grande sala riunioni ci siamo chieste: perché non possiamo avere tutto? Ed è da questa domanda che sono nate le prime sperimentazioni di lavoro agile. Che pian piano è diventato un fenomeno sempre più grande, sempre più pervasivo. E che ha messo in luce come il modo tradizionale di lavorare non fosse giusto in sé, ma adatto ad un’unica tipologia di persone. Quella che riusciva a lavorare così, unicamente grazie al suo privilegio. E quindi ora l’alleanza va estesa agli uomini. Che, credo e spero, lo stanno capendo. Cambiando il modo di lavorare, e di vivere, si perde sì il privilegio di poter non occuparsi del carico di cura. Ma, a guardare bene, proprio un privilegio non è. Anzi è una grande limitazione. Perché la cura, degli altri e di noi stessi, è la parte di vita complementare al lavoro. E poterle tenere insieme è il vero privilegio.

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