La tecnologia che include o esclude: quando l’innovazione amplifica il divario
Dove nasciamo, in quali contesti familiari e qual è il nostro genere. Non si tratta solo di avere maggiori diritti o libertà, ma di essere oggettivamente un passo avanti (o indietro) rispetto al resto della popolazione. Nell’odierna epoca di grande trasformazione tecnologica, con il mondo che viaggia a velocità molteplici, questa forbice potrebbe ridursi, almeno in parte. O diventare incolmabile. Se infatti le innovazioni hanno reso rapido ed economico l’accesso alle informazioni e facilitato il compiersi di alcune necessità quotidiane, la comprensione delle strutture indispensabili per alimentare anche l’innovazione, restano precluse ad alcunɜ. A portata di mano per altrɜ. Il risultato è che con quasi due terzi della popolazione mondiale connessa a internet, persistono qualità, quantità di tempo e strumenti territorialmente, demograficamente, per genere e reddito variabilissimi. E se la differenza può essere in parte giustificata da ritardi strutturali locali, sicuramente viene poi acuita dalla segregazione di chi ha meno mezzi materiali e competenze per lo sviluppo personale.
Non solo connessione
La connettività della connessione mobile arriverebbe oggi al 59% del traffico globale. Per quanto questo numero sia in crescita costante, è già chiaro però come le opportunità di emancipazione non passano principalmente dagli smartphone. Lo abbiamo visto durante i lockdown anche nel nostro Paese: in molte case, la didattica a distanza è stata rallentata dalla mancanza di device adeguati per gli/le studenti. Se non bastasse, le bambine (e non i maschi) vivono un “dream gap” che assottiglia il loro interesse per la tecnologia già in età scolare. Mentre i ragazzi vengono culturalmente indirizzati verso studi scientifico-tecnologici e incoraggiati all’uso delle innovazioni, le ragazze restano meno invogliate ad approfondire le STEM. Si approfondisce così anche la divisione della consapevolezza con cui si accede alla rete – in cui sono comprese sia le potenzialità che i pericoli esistenti. Al contrario, maggiori possibilità di partenza, influenzate dal genere come anche dal contesto in cui si vive, garantiscono migliore, (potenzialmente) più cosciente accesso a supporti e un’educazione di qualità all’uso di questi strumenti. Il privilegio si auto-alimenta e cresce. In giugno Forbes toccava il concetto del “5% problem”: secondo studi credibili negli Stati Uniti, solo questa percentuale di studenti è investita nell’uso di programmi di istruzione innovativi e li usa appropriatamente – beneficiando, quindi, in modo efficace delle opportunità offerte. Questo non per mancanza di volontà generale. Si domandava l’autore del testo “a cosa serve una tecnologia superiore senza un coinvolgimento significativo degli studenti? Se solo il 5% è pienamente coinvolto in questi nuovi strumenti di apprendimento e li usa in modo adeguato? Ancora più allarmante il fatto che di questo 5%, gli studenti più bisognosi di assistenza educativa sono grandemente sorpassati (numericamente) da quelli che ne hanno meno bisogno e quelli provengono da famiglie benestanti”.
Gran parte del potenziale che la tecnologia potrebbe offrire, così come la protezione che deriva da una consapevolezza dei rischi, resta fuori dalla portata di molti, semplicemente a causa del loro livello sociale e delle risorse economiche disponibili. Al contrario, una più diffusa, equa e cosciente esposizione agli strumenti, alle loro potenzialità e rischi, colmerebbe almeno parte del gap tra crescita delle competenze e opportunità. Sia in un’ottica di emancipazione personale che di sviluppo delle comunità e dei Paesi.