
LA STORIA DI ALLEGRA ARMITANO
“A un certo punto devi scegliere: o fai la mamma o punti in alto”. Ma chi l’ha deciso?
Abbiamo fatto una chiacchierata con Allegra Armitano, Head of Marketing Yibai espatriata in Cina nella Joint Venture di Lavazza mentre era in attesa della terza figlia (Cecilia , che oggi ha un anno) e con altr3 due bambin3 piccol3: Ginevra di 5 anni e Ascanio di 3. Un eccellente esempio che smentisce il classico pensiero per cui le donne siano costrette a scegliere tra la carriera e la famiglia.
Quali sono stati i suoi pensieri o timori, se ne aveva, prima della partenza?
È stata una delle sfide più grandi della mia vita. Avevo tantissima paura di sbagliare, non tanto a livello lavorativo, bensì familiare: stavo facendo fare un grande cambiamento alla mia famiglia e non sapevo a cosa saremmo andat3 incontro.Il fatto poi di essere in piena pandemia di certo non ha aiutato: saremmo dovut3 partire nel settembre del 2021 ma tutto è stato posticipato di un anno. Sembrava di stare in un limbo. - Chiaramente stiamo parlando del Covid in Cina, dove l’intensità era maggiore rispetto all’Italia, ma soprattutto era gestita in modo molto diverso. Ad esempio, se unə miə figlə fosse statə contagiatə, lə avrebbero portatə via. - Nonostante ci stessimo preparando da tempo, però, i primi mesi là sono stati davvero difficili anche per la mia famiglia. Poi con il tempo i/le bimb3 si sono abituat3. Adesso sono content3, vanno a scuola, hanno degli/delle amic3 e parlano persino cinese (lingua che si studia obbligatoriamente nelle scuole).
A livello lavorativo avrei dovuto portare avanti un team e degli obiettivi in un Paese con una cultura completamente diversa dalla mia. Ho accettato un po’ perché si trattava di una grande opportunità, sia per me, sia per i/le mi3 figl3; un po’ perché sentivo che, se avessi mollato, avrei sprecato tutti gli sforzi fatti fino a quel momento. Purtroppo viviamo in un Paese in cui ancora si pensa, generalmente, che una donna (e ancor più una “mamma”) non possa voler accettare di spostarsi all’estero.
È stata sicuramente una decisione difficile, ma più che come donna, come individuo consapevole dello sforzo che stavo chiedendo alla mia famiglia. Mio marito mi ha supportata tantissimo, come dovrebbe sempre essere. In Italia si vede un uomo che segue la moglie nelle sue ambizioni come un uomo debole, mentre è decisamente il contrario.
In questo senso quali sono le differenze culturali che ha vissuto rispetto alla mentalità cinese?
Qui c’è un forte empowerment femminile. Appena arrivata ho trovato un management giovanissimo eun team composto in gran parte da donne di potere, con uno spessore e molto ambiziose che spesso sono proprio il perno della famiglia. Qui nessunə mi ha fatto le congratulazioni per la mia decisione di trasferirmi per lavoro in un altro Paese avendo tre figl3, a differenza di quanto mi è successo in Italia. Per loro è normale che una donna sia ambiziosa. L’unica cosa che possono aver trovato un po’ strana è che io abbia tre figl3. Credo che piano piano si arriverà a questo punto anche nel nostro Paese, ma c’è ancora parecchio da lavorare. Siamo noi donne, in quanto individui, che dobbiamo smettere di non credere a sufficienza nelle nostre capacità, di sentirci in difetto e provare, invece, a vedere il nostro valore reale.
Ha trovato altre differenze tra i due Paesi?
Culturalmente ci sono delle diversità immense che solo ora ho iniziato a codificare. La Cina è un Paese complesso in cui è molto forte il senso del dovere. Ho iniziato a capire la loro mentalità anche una volta che ho cominciato a studiare la lingua perché mi ha permesso di aprire le porte della loro cultura e di entrarvici dentro. Ad esempio, mi sono resa conto che per loro, per lavorare bene insieme, è necessario che si instauri una relazione personale e che sentano di potersi fidare. La fiducia è un tema molto importante qui. In questo senso, trovo siano molto simili a noi.
E nel modo d’intendere la “famiglia”?
Anche per loro la famiglia ha una grande importanza, ma credo ci siano due grandi differenze. La prima riguarda la pressione a cui sono sottopost3 i/le figl3 da parte dei genitori: come ben sappiamo, qui le famiglie hanno al massimo un/una figlə e su di lei/lui ricadono tutte le aspettative della famiglia. Portano addosso una grande pressione, anche socioculturale: devono cercare in tutti i modi di emergere, anche perché parliamo di una popolazione di 1,4 miliardi! La seconda riguarda il fatto che i genitori lavorano davvero tantissimo. Così sono i/le nonn3 che, andando in pensione molto presto, alla nascita di un/una nipote, si trasferiscono nella casa della nuova famiglia e se ne prendono cura. I genitori, dall’altro lato, si occupano di mantenerl3 e si formano questi nuovi assetti familiari intergenerazionali.
Ha percepito sostegno da parte della sua azienda?
Ho scoperto di essere incinta due mesi prima di partire per la Cina. Non è stato semplice, anche da un punto di vista emotivo. Dopo diverse riflessioni ho deciso di confrontarmi con i vertici aziendali per essere supportata, così ho chiamato l’amministratore delegato di Lavazza e la CEO di Yum China Joint Venture. Entramb3 mi ha dato un gran supporto, e sinceramente dall’Italia me lo aspettavo. Ciò che mi ha colpita è stato il supporto dalla parte cinese: si è addirittura sorpresa che io l’avessi avvisata. Mi ha detto di stare tranquilla, partorire e poi di rientrare a lavoro. Questo per rimarcare il fatto che per loro non c’è nessuna contraddizione tra maternità e carriera, anzi! Non vorrei, però, far passare l’idea che sia stato tutto semplice, perché non è così. Tutto si può fare, ma serve dedizione e impegno. E anche per come la vedo io, questo tema, legato a quello del genere, dovrebbe essere obsoleto, superato. Non è ancora così, ma sono felice di vedere che le cose stanno cambiando.
Quali sono stati i momenti più gratificanti e soddisfacenti della sua carriera?
Quando sono tornata in Italia l’estate scorsa ero davvero orgogliosa di me stessa: sia per aver conquistato il team e l’azienda locale, sia per aver avuto la mia terza figlia, nata in Cina. Oggi sono certa di essere una versione migliore di me stessa sia come madre sia come professionista, anche se gli obiettivi lavorativi non sono ancora stati portati tutti a termine. Nonostante le difficoltà, è una scelta che rifarei.