Confinilibri e letteratura

LA PORTA, MAGDA SZABÒ

A cura di Alice Pezzin
03 Gen 2024

Ne La porta, uno dei romanzi più famosi della scrittrice ungherese Magda Szabó (1917-2007), si narra del rapporto conflittuale e viscerale tra due donne apparentemente agli antipodi, sullo sfondo della Budapest del secondo dopoguerra: Emerenc, governante attempata ma combattiva ed energica, e la “signora scrittrice”, votata alla vita letteraria e pressoché incapace di gestire le piccole incombenze quotidiane. La distanza tra le due riguarda tutti gli ambiti dell’esistenza: la classe sociale, innanzitutto, ma anche il modo di pensare; tanto la donna di servizio pare quasi scollata dalla realtà storica in cui vive (pur avendone, per ragioni anagrafiche, preso sicuramente parte), tanto la padrona è immersa nel tessuto socio-politico del suo tempo, che anzi contribuisce a plasmare attraverso i propri scritti. Ma questo squilibrio tra le donne si ribalta sul piano pratico: mentre la domestica ha libero accesso alla casa della datrice di lavoro, questa non ha il permesso (come nessun’altra persona) di varcare la soglia del suo appartamento, un divieto dal quale traspare testardaggine, autodeterminazione, ma anche una profonda tenerezza, come si scoprirà procedendo nella lettura.

La “signora scrittrice” è un chiaro alter ego di Szabó, con la quale condivide sia il nome proprio sia le vicende personali. La necessità di assumere una governante, infatti, le si palesa nel momento in cui, dopo anni di oscurantismo, la figura di intellettuale di Magda subisce una vera e propria riabilitazione agli occhi dello Stato ungherese in seguito alla fine dell’epoca stalinista, evento che comporta per lei l’aumento di cariche, impegni e il trasferimento in un’abitazione più grande. Situazione che la stessa Szabó conosceva bene, avendola vissuta in prima persona fin dall’inizio della propria carriera.

Non solo, infatti, nel 1949, sulla scia dell’insediamento del regime comunista, fu licenziata dall’incarico presso il Ministero della Religione e dell’Educazione (che ricopriva dal ’45), ma si vide anche ritirare il prestigioso premio Baumgarten, ricevuto per l’eccellenza letteraria raggiunta con la produzione poetica, e fino al 1958 venne messo il veto alla pubblicazione delle sue opere. Szabó fu considerata una nemica del partito comunista, autrice di scritti giudicati troppo intimisti e pericolosamente lontani dalle direttive del “realismo socialista”, movimento artistico e culturale nato in Unione Sovietica ed estesosi a tutti i Paesi del centro ed est Europa all’inizio degli anni Trenta, incentrato sull’esaltazione della vita delle persone proletarie e contadine e sui progressi del pensiero socialista. 

A una lettura più attenta, però, risulta chiaro come le tematiche di Szabó siano sì intimiste, ma anche profondamente inserite nella realtà. Ne La porta, per esempio, (pubblicato da Einaudi e tradotto in maniera impeccabile da Bruno Ventavoli), sarebbe impossibile farsi coinvolgere dalle protagoniste se si scindesse la loro storia personale da quella dell’Ungheria, dal momento che le vicende vissute ne hanno fortemente influenzato il modo di ragionare e di reagire alle cose, il che spesso è motivo di incomprensioni e contrasti, ma anche di grande empatia.

Leggere Magda Szabó oggi significa aprire una finestra sulle traversie di uno Stato europeo che ha vissuto un dopoguerra molto diverso dal nostro, di cui sappiamo ancora poco sia per distanza geografica ma anche e soprattutto culturale, una distanza che però possiamo iniziare a colmare grazie all’opera di questa grande scrittrice. 

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