LA FORZA DI UN’IMMAGINE

11 Apr 2022

Fino a pochi anni fa era impensabile avere a disposizione tutte le fotografie che abbiamo oggi: a ogni evento, a ogni uscita, ogni giorno della nostra vita scattiamo una miriade di immagini che abbiamo il privilegio di poter rivedere quando vogliamo sui nostri dispositivi, andando a creare una banca dati iconografica della nostra vita. Se da un lato il nostro album dei ricordi digitale è sempre aggiornato, dall’altro quello che poi andiamo a mostrare al mondo esterno, attraverso gli immancabili social network, è frutto di una scelta molto ponderata, che nel migliore dei casi rappresenta il meglio di sé, nel peggiore si trasforma in una vera e propria menzogna al sapore di filtro bellezza.Ecco allora come ognuno di noi, volente o nolente, sa bene che la fotografia non ha il potere di dire la verità bensì quello di convincere chi la guarda a provare determinate sensazioni o emozioni. La fotografia non dimostra nulla, è un potente mezzo pubblicitario. 

Proprio su questa affermazione si basa il saggio di Marco Belpoliti, La foto di Moro, che si occupa di studiare l’iconografia delle ultime tre foto che ritraggono Aldo Moro. Le Brigate Rosse, attraverso due fotografie che la stampa dell’epoca ha considerato solamente come testimonianza che il presidente della Democrazia Cristiana fosse ancora vivo, avevano, secondo Belpoliti, progettato un tableu affinché chiunque leggendo i giornali vedesse Moro decaduto dal suo piedistallo di intoccabile uomo politico. In questa opera propagandistica il tentativo dei brigatisti di rendere Moro un uomo comune riesce così bene da perdere, però, il significato autentico che loro volevano dargli. In queste due immagini, che non ho nemmeno bisogno di descrivere proprio perché sono passate alla storia, non vediamo un politico decaduto simbolo di un capitalismo da abbattere, vediamo solo un uomo, la sua umanità e la sua mortalità.

Basta leggere i titoli dei quotidiani dell’epoca per capire che quelle fotografie mandavano segnali di speranza per le trattative di liberazione di Aldo Moro, quando in realtà ritraevano una persona mortale con un destino inesorabilmente segnato.  Lo sguardo di Moro, alla luce dei fatti che seguirono la sua prigionia, lo spiega bene Susan Sontag nel suo Sulla fotografia: «Ogni fotografia è un memento mori. […] Significa partecipare della mortalità, della vulnerabilità e della mutabilità di un’altra persona».

I brigatisti non potevano considerare l’impatto che queste immagini avrebbero lasciato nella storia della politica italiana. Non solo hanno consegnato alla storia delle fonti fondamentali per raccontare gli eventi che hanno scosso l’Italia durante gli anni di piombo ma, come spiega chiaramente Belpoliti, hanno creato un filone fondamentale per l’immagine del politico che appare oggi proprio attraverso il suo corpo, non più però come Moro uomo comune, ma come uomo massa. 

Belpoliti ci spiega come attualmente il corpo faccia parte del pacchetto propagandistico pubblicitario di molti politici dei nostri giorni, sottolineando come probabilmente siano state proprio le immagini di Moro a generare il filone che ha portato fino a questo punto. Siamo passati dall’immagine del superuomo dei totalitarismi, al nascondere le fattezze per inquadrare solo il viso, c’è stata la rivoluzione del ’68 con il corpo al centro di tutto e poi le fotografie di cui abbiamo parlato. L’immagine che la politica dà di sé è da sempre lo specchio della società in cui viviamo, non dobbiamo stupirci quindi se oggi parte della politica si svolge sui social media.

Siamo bombardati dalle immagini; la fotografia che fino a pochi anni fa evocava momenti di nostalgia e immortalava alcuni attimi importanti, è diventata un mezzo che ha poco a che fare con noi stessi e la nostra intimità, è un biglietto da visita sul mondo tecnologico. Siamo sopraffatti dai canoni di bellezza che ci vengono imposti, dalla giovinezza eterna e dall’avere una vita perfetta, appagante e di successo. Questi canoni attualmente non nascono più solo dalle sfilate di moda, ma da tutti gli ambiti della nostra società, incluso quello politico. 

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