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LA DONNA CON IL MANICOMIO DENTRO

L’esperienza di Alda Merini raccontata tramite la raccolta di poesie La Terra Santa
A cura di Nicole Riva
26 Mar 2024

«Il mezzomondo è la casa dei matti, ci stanno i cristiani che sembrano gatti: non hanno la coda, non sanno miagolare, però sono gatti. Gatti da legare». Si apre così Grande meraviglia, il nuovo romanzo di Viola Ardone edito nel 2023 da Einaudi Editore. A scrivere in rima è Elba, una ragazzina nata e cresciuta all’interno di un manicomio, da lei rinominato mezzomondo; siamo negli anni Ottanta e, sebbene la legge Basaglia del 1979 abbia di fatto abolito queste strutture, esse permangono insieme alle cure con l’elettroshock. 

È degli stessi anni la raccolta di poesie La Terra Santa di Alda Merini, nella quale la poetessa, racconta la sua esperienza all’interno degli ospedali psichiatrici come una denuncia a un sistema che non ha saputo dare dignità e cure adeguate a chi soffriva di disturbi mentali.

Manicomio è parola assai più grande / delle oscure voragini del sogno. Si apre così l’opera, che da subito ci fa immergere nel tema della malattia mentale e del luogo ad essa deputato. Il manicomio viene descritto in nera espansione, quasi fosse il buio dell’universo, e associato a una dimensione onirica, che rimane comunque limitata rispetto ad esso. Una volta entratə nell’edificio, le pareti dividono senza possibilità di incontro tutto ciò che è fuori, il mondo dei mica matti come direbbe la già citata Elba, da tutto ciò che è dentro. Il fuori è la realtà, mentre nel dentro le cose accadono confuse come quando nei sogni i contorni degli oggetti appaiono sfumati. Eppure questa poesia d’apertura ci mette subito in guardia dal reputare il manicomio uno spazio intangibile. Al filamento azzurro che rappresenta il senso della vista, si aggiungono un canto di usignolo, l’azione del mordere e l’elemento della mano, che corrispondono rispettivamente a udito, gusto e tatto; anche il secondo componimento ci fa percepire la concretezza sonora dell’ambiente: Il manicomio è una grande cassa di risonanza / e il delirio diventa eco. Il dentro non è meno reale del fuori, anche se chi vi è internato ha sicuramente tutt’altra percezione.

Elemento interessante che caratterizza tutti e quaranta i componimenti è poi il contrasto evidente tra la dimensione mitologica e cristiana e l’utilizzo di vocaboli appartenenti alla sfera semantica dell’ospedale, poco poetici se pensiamo alla musicalità dei versi, ma di grande impatto. Ecco allora che l’allitterato dottore agguerrito nella notte, che già di per sé trasmette asprezza, si avvicina senza fare rumore, sogghignando come l’antagonista di una fiaba, quasi sadico nel suo modo di comportarsi. Questo medico tanto lontano dal giuramento di Ippocrate ammansisce il paziente con una dose sedativa, quasi fosse una tigre da narcotizzare e attacca una flebo che sommuove / il tuo sangue irruente di poeta

La poesia di Alda Merini quindi si configura come atto di resistenza all’interno della struttura psichiatrica, un’ancora capace di portare salvezza e cura laddove la struttura sanitaria non fa nulla per migliorare le condizioni dei e delle sue suoi pazienti; una prova di forza per non cedere alla malattia che intacca proprio la facoltà del pensiero e una ribellione alla disumanizzazione a causa della malattia mentale che i manicomi contribuivano ad alimentare.

È proprio contro lo stigma sociale della “pazza” che Alda Merini lotterà per tutta la vita, dichiarandosi «innocente» una volta uscita dall’ospedale che l’aveva tenuta in cura per dodici anni. Uno stigma che è ancora fortemente presente nella nostra società che ha la tendenza a isolare e nascondere la malattia mentale quasi fosse una pena di cui vergognarsi e una colpa da espiare. E così quando nella mia classe arriva lo psicologo della scuola a informare i ragazzi e le ragazze della possibilità di accedere allo sportello psicologico, uno di loro afferma innocentemente: «A me non serve, non sono mica matto». 

È servita un’ora di confronto e la mia testimonianza diretta di cosa avviene in una seduta di terapia per scardinare dalla mente di un nutrito gruppo di undicenni che il supporto psicologico è diverso da quello psichiatrico e che non c’è niente di male nel chiedere consiglio o aiuto a unə professionista non solo per i grandi problemi della vita, ma anche semplicemente per affrontare meglio la paura della verifica o dell’interrogazione. 

Solo attraverso il dialogo possiamo sperare in un futuro dove la salute mentale non sarà più un tabù e chi soffre di una malattia psichiatrica potrà trovare il suo posto senza più essere vistə come unə alienə sociale. In attesa di questo cambio di rotta, leggiamo ad alta voce Alda Merini, testimone di un orrore che non deve più tornare.

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