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Intervista a Ersilia Vaudo Scarpetta

Le meraviglie della Scienza e la strada dell’inclusione
A cura di Marta Bello
22 Set 2023

Iniziamo dal suo libro: il 18 aprile è uscito “Mirabilis” pubblicato da Einaudi, che parla delle cinque straordinarie intuizioni che hanno rivoluzionato la nostra comprensione dell’universo, perché è stato importante scriverlo?

Il libro nasce dal desiderio di condividere quelle “scosse di reale”, come le chiamava Victor Hugo, in cui qualcosa cambia nel nostro modo di vedere il mondo e poi non siamo più le stesse persone che eravamo prima. L’astrofisica è anche questa possibilità di sentire un’appartenenza ad una realtà che ci prescinde eppure ci contiene, che ci è sconosciuta ma non è antagonista, in cui lasciarsi scivolare. I nostri 5 sensi ci danno accesso ad un piccolissimo spiraglio di mondo, siamo dei “terrestri newtoniani” e la nostra esperienza è una zona di conforto, una bolla, da cui è emozionante uscire. L’universo è fatto di meraviglie e di sorprese. Con Einstein, per esempio, abbiamo capito che il tempo, come una mela, sente la gravità. Il tempo al mare passa più lentamente che in montagna o su un aereo. L’astronomo Edwin Hubble, scrutando le notti californiane, si rese conto che le galassie fuggono l’una dall’altra, l’universo si espande, non è statico e immutabile come lo si credeva. L’apparizione inaspettata dell’antimateria che emerge da una formula matematica elaborata dal fisico Paul Dirac ci svela nuove possibilità. Quando qualcosa di nuovo entra nella nostra prospettiva, una trasformazione si mette in atto. Sono questi «capovolgimenti del mondo» che fanno della scienza la più grande delle avventure.

Lei è co-fondatrice e presidente de “Il cielo itinerante”, un’associazione no-profit che si occupa di far avvicinare bambine e bambini alle materie STEM, com’è nata l’idea? Quali sono i progetti in corso?

Nel 2021, ho fondato, con Alessia Mosca, Giovanna dell’Erba e Giulia Morando, l’associazione ‘Il Cielo Itinerante’, che cerca di “portare il cielo dove non arriva”: nelle zone di povertà educativa e ad alto rischio di abbandono scolastico. Solo l’anno scorso, con un pulmino carico di esperimenti e telescopi abbiamo attraversato tutta l’Italia, isole comprese, incontrando oltre 2000 tra bambine e bambini in più di 60 comuni considerati “rossi” secondo la mappatura Invalsi dei risultati in matematica. E con il supporto di Ipsos, abbiamo potuto misurare lo straordinario impatto che può avere sui bambini la possibilità di “sporcarsi le mani” con la scienza e giocando con lo spazio, imparando a cucinare comete, costruendo razzi e osservando gli anelli di saturno. Si attivano scintille di curiosità e un desiderio nuovo di proiettarsi nel futuro.

Lei fa parte anche del progetto “100 esperte”, nato in risposta ad un dato: a spiegare e interpretare il mondo sono quasi sempre gli uomini. Perché secondo lei è importante un progetto in cui viene dato spazio alle donne esperte di STEM (e non solo)?

A lungo la scarsa domanda di donne come speakers su temi tecnico-scientifici è stata attribuita alla difficoltà di trovare esperte adeguate. L’iniziativa 100 esperte della Fondazione Bracco ha voluto “smontare” questo alibi. Esiste una grandissima ricchezza di donne con competenze straordinarie in tutti i settori. Il progetto di partenza è quindi semplice: un database di nomi eccellenti (100esperte.it), consultabile da tutte e tutti, libero e gratuito, destinato a giornaliste e giornalisti, ma anche a chi organizza panel, festival, convegni. Raccoglie profili e contatti di centinaia di professioniste italiane. L’idea è dare voce al punto di vista delle donne sul mondo. Valorizzare le competenze delle esperte è importante per uno sguardo lungimirante su un futuro più giusto, democratico e inclusivo.

Ha mai trovato un ambiente ostile, oppure ha mai sentito di essere trattata diversamente rispetto ai suoi colleghi uomini?

Personalmente non posso parlare di ostilità. Ho vissuto situazioni lavorative dove è stato più difficile imporsi, ma si tratta di difficoltà legate a dinamiche professionali piuttosto che al gender. Tuttavia, questo non vuol dire non riconoscere che persistono ancora ostacoli, pregiudizi e stereotipi che causano una continua perdita di talenti femminili lungo tutto un percorso di carriera, che possono riflettersi nell’abbandono del posto di lavoro, carriere più lente o una scarsa presenza nelle posizioni apicali.

Qual è la situazione attuale per quanto riguarda la presenza delle donne nelle materie STEM? Nel 2019 ci ha raccontato che il gender gap è ancora ampio anche nell’ESA. Ha notato dei cambiamenti negli ultimi anni?

Sono ancora troppo poche le donne di scienza e nella scienza. Da anni mi occupo di questo problema. Ho fatto parte anche della task force “Donne per un nuovo Rinascimento” voluta dalla ministra Bonetti per contribuire alla ripartenza dell’Italia. La scarsa presenza femminile nel mondo delle discipline STEM affonda le radici in un senso di inadeguatezza nei confronti della matematica che le bambine sviluppano tra i banchi di scuola. A questo bisogna porre rimedio perché le pari opportunità passano anche dalla matematica. La matematica è una delle chiavi per affrontare il futuro con successo.
Parlando di donne nello spazio, storicamente le carriere spaziali hanno avuto una scarsa attrattività per il mondo femminile.
All’ESA portiamo avanti diverse iniziative per superare il gender gap nelle discipline STEM e valorizzare l’inclusività e, negli ultimi anni, abbiamo riscontrato una crescita di interesse da parte delle donne di scienza nei confronti delle attività aerospaziali. Crescono le domande da parte delle donne per lavorare all’Esa, molte arrivano da ragazze italiane. Prima, nelle campagne per reclutare astronauti/e, su 6 candidati si contava una sola donna, adesso è una su 4. Al termine delle selezioni dell’ESA 2022, 8 astronaute su 17 sono donne.

C’è ancora molta strada da fare per raggiungere la parità di genere. Sin da piccole, le bambine vengono allontanate dalla matematica e dalle materie scientifiche, anche perché le rappresentazioni di scienziati e astronauti sono tutte al maschile. Cosa potremmo fare per migliorare questa situazione?

Si deve intervenire già a partire dalle elementari, è questa la fase della vita in cui si forma nei bambini e nelle bambine l’amore o la diffidenza per la matematica e le materie scientifiche. Nonostante non ci siano differenze cognitive, nelle bambine spesso si alza un muro di ansia rispetto alla matematica, temono più dei bambini di sbagliare, e rischiano di restare fuori convincendosi che i calcoli non fanno per loro. Il loro futuro si gioca in questi primi anni di scuola. È in questo periodo che si mettono le basi perché si possano lasciare aperte le scelte su cosa si vuole fare da grandi, e se si resta fuori dalla matematica, difficile che poi si scelga di fare fisica o ingegneria. Nessun genitore dovrebbe accettare di sentirsi dire che la propria figlia non è “portata” per la matematica. Perché è dovere di un Paese “portarcela”.

Il divario di genere nel mondo STEM in Italia sembra insormontabile, ma è così anche nel resto d’Europa?

L’ultima indagine Pisa/Ocse ha rilevato che in Italia abbiamo uno dei divari di genere più profondi per quanto riguarda le abilità matematiche degli adolescenti. Dopo di noi, solo Costa Rica e Colombia. In Europa la situazione è leggermente migliore, ma c’è comunque molta attenzione al tema. In Francia, ad esempio, nel 2017 l’inclusione di tutti e tutte nel linguaggio della matematica è stata considerata una priorità nazionale, con la considerazione che lo studio di queste materie contribuisce allo sviluppo del senso critico che fornisce anche gli ‘strumenti per distinguere tra percezione e fatti’ e favorendo così la tenuta democratica del Paese e l’esercizio di una cittadinanza più consapevole.

Il linguaggio è importante e noi di Divercity ci crediamo molto. Com’è il linguaggio usato negli ambiti STEM? Ha subito dei cambiamenti negli ultimi anni?

In ESA stiamo dedicando un’attenzione particolare al modo in cui l’attrattività dell’avventura spaziale è comunicata alle nuove generazioni, che vogliono avere un impatto sulle grandi sfide di domani e sono sempre più sensibili alla postura di una organizzazione in termine di valori, tra cui i temi di diversità e inclusione. La narrativa è cambiata, l’esplorazione dello spazio esce da una declinazione di conquista, ma diventa l’occasione per affermare valori europei, quali: l’inclusione, la conoscenza, la cura del Pianeta, la passione e il coraggio di fare cose mai fatte prima.
Più di tutto, ci impegniamo a presentare le carriere spaziali come un’opportunità per contribuire alle grandi sfide di domani, permettendo di trovare soluzioni al cambiamento climatico, alla povertà, ai bisogni energetici del Pianeta. I ragazzi e le ragazze oggi vogliono partecipare a cambiare il mondo. E con lo spazio si può fare un passo in quella direzione.

Le faccio una domanda difficile: secondo lei, quando arriveremo alla parità di genere?

Parlando di parità economica, spero che in un futuro non troppo lontano ci sia una presenza più forte di donne nelle discipline tecnico-scientifiche perché è questa la formula per mettere in moto una rivoluzione, profonda, pervasiva e sostenibile nel tempo. Passa da qui la strada per sovvertire l’equilibrio delle cose come sono sempre state, per operare una trasformazione irreversibile, e occupare definitivamente quegli spazi in cui si immagina e costruisce il futuro.

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