INTERVISTA A BEATRICE UGUCCIONI

04 Ott 2021

VicePresidente Consiglio Comunale Milano

Buongiorno Beatrice, partiamo dall’inizio: sei nata a Milano?
Sì, e anche per questo motivo il mio impegno e la mia passione si concentrano qui

In che modo la diversità culturale dei tuoi genitori - o quella dell’ambiente in cui sei cresciuta - ha influenzato la tua crescita?
I miei genitori sono sempre stati molto uniti, caratterialmente forti ma, allo stesso tempo, differenti: mia madre tenace e dalla pazienza infinita, mio padre un gran lavoratore, apparentemente burbero, ma con un cuore enorme e generoso. Mi hanno insegnato a essere sognatrice e contemporaneamente concreta, a non fermarmi davanti agli ostacoli, a essere sempre rispettosa degli altri, a mettermi in discussione ma, anche, a essere determinata nel portare avanti ciò in cui credo; a essere coerente nelle scelte, ad ascoltare molto. Da ragazza ero molto più impulsiva e permalosa, ora ho smussato qualche asperità e sono diventata più riflessiva. Su questi ultimi aspetti ha inciso molto l’attività politica e i ruoli ricoperti negli anni.

Cosa hai studiato?
Ho studiato in Italia: maturità classica e laurea in filosofia con una tesi sperimentale sul tema dell’immigrazione.

Qual è stato il tuo primo incarico politico e quali aspettative avevi quando hai iniziato a occuparti di politica?
La mia passione per la politica è nata intorno al 1987, ma ho iniziato a fare politica attiva nelle istituzioni nel 2001 come consigliera di Zona (attuale Municipio) in opposizione. Nel 2006 sono stata eletta Presidente di Zona 9 della medesima Zona, ruolo che ho ricoperto per 10 anni, ossia fino al 2016, quando sono stata eletta Consigliera Comunale, nominata Vicepresidente del Consiglio e da luglio 2020, Consigliera delegata alla mobilità di Città Metropolitana. Eppure le aspettative sono le stesse di oggi: occuparmi della mia Città, contribuendo a migliorare la vita di chi la abita e la vive quotidianamente, proponendo azioni e progetti fattibili; unendo visione e concretezza.

Come hai visto cambiare la D&I negli ultimi cinque anni?
Milano si è decisamente evoluta negli ultimi dieci anni e, soprattutto dopo Expo, si è un “sprovincializzata” e, anche sul tema della diversità e dell’inclusione, ha cambiato approccio. Occorre lavorare ancora perché, come spesso capita nelle grandi città, anche Milano ha in sé molte contraddizioni: è la città con più donne che fanno impresa, ma persiste ancora forte il gender gap salariale; registra il più alto numero di donne occupate, vista la presenza di una buona (sempre migliorabile) rete di servizi, ma è anche una città in cui moltissime donne lasciano il lavoro per questioni familiari. Anche le aziende milanesi si sono attivate per promuovere progetti che abbiano al centro l’inclusione perché si sono rese conto che non solo è eticamente corretto, ma anche economicamente
conveniente: chi sta bene nella propria azienda perché non si sente escluso e discriminato, lavora meglio e l’azienda ne trae beneficio. Certamente anche su questo versante occorre accelerare al fine di rendere questo approccio uno standard e non l’eccezione.

Che cosa significa diversità per te?
Significa essere attenti alle mille sfaccettature della vita. Vuol dire andare incontro all'individuo con le proprie peculiarità, accettarle e valorizzarle, garantendo pari opportunità a tutti/e.

Quali sono i tuoi impegni principali?
Da Presidente di Consiglio di zona – prima – e da Vicepresidente del Consiglio Comunale – poi – ho sempre avuto
un›attenzione particolare per le giovani generazioni, ovvero cittadini e cittadine di oggi (non di un futuro lontano!) perché certamente il cambiamento passa da loro. E così, per esempio, in partnership con il mondo scolastico, abbiamo promosso progetti di sensibilizzazione contro il bullismo e il cyber bullismo, le discriminazioni e gli stereotipi di genere. Azioni per rendere tutti e tutte più consapevoli poiché, solo dalla consapevolezza di ciò che ancora accade intorno a noi, può nascere la capacità di cambiare le cose.

Perché la diversità è una leva strategica per una crescita sostenibile?
Perché passando attraverso le diversità ci si evolve, confrontandosi si cresce e si impara.

Quali sono i problemi che devono essere risolti, oggi, e quali cambiamenti positivi aspetti per il prossimo futuro?
Penso che sia necessario abbattere definitivamente quellebarriere (architettoniche e mentali!) che ancora sono presenti e impediscono alle persone di vivere serenamente. Si tratta, da un lato, di azioni e progettualità concrete – si pensi all’accessibilità ancora negata ad alcuni mezzi pubblici, a bar e ristoranti, a stadi ma anche alle difficoltà di muoversi su strade e marciapiedi; dall’altro, occorre accelerare quella trasformazione della mentalità necessaria perché nessuno si senta isolato.

Come porti avanti questo cambiamento?
Con impegno, senza retrocedere, con determinazione e in collaborazione con tutte le forze pulsanti della città che chiedono di proseguire sulla strada dell›inclusione che è, in fondo, una strada di civiltà.

Come descriveresti un ambiente di lavoro inclusivo?
Come un ambiente non respingente, in cui ciascuno/a possa sentirsi se stesso/a, in cui ci sia rispetto e confronto, in cui chi lavora si senta apprezzato e coinvolto, in cui si abbia ben chiaro che ciascuna persona ha competenze e punti di forza unici che possono essere messi al servizio dell’azienda e della collettività.

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