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IN BILICO TRA DUE CULTURE

Il valore aggiunto del confine interiore da Italo Svevo a oggi
A cura di Nicole Riva
03 Gen 2024

Nel dicembre 1861, pochi mesi dopo la proclamazione dello Stato italiano unitario, nasce a Trieste Aron Hector Schmitz. Per questa breve introduzione sono doverose delle spiegazioni: innanzitutto in quel momento, e per almeno un’altra metà di secolo, Trieste era una delle quattro città più fiorenti dell’Impero asburgico; il suo porto era il fiore all’occhiello dell’Austria-Ungheria e malgrado oltre il 50% della popolazione parlasse italiano, rimaneva una città di confine dalle forti influenze tedesche e slovene. Altro doveroso appunto è che l’impiegato di banca che abbiamo nominato altri non è che uno dei maggiori scrittori del canone italiano del XX secolo: Italo Svevo.

Nato da madre italiana e padre tedesco di cultura ebraica, Svevo vive tutta la sua vita a cavallo tra due culture, tanto da poterlo definire uno scrittore di confine. Da sempre affascinato e attratto dalla cultura italiana, decide di utilizzare lo pseudonimo con cui lo conosciamo oggi, utilizzando “Italo” in omaggio alla nazione italiana e “Svevo”, traduzione del suo cognome dal tedesco all’italiano. Nei libri di letteratura, Svevo occupa un capitolo abbastanza isolato, poiché è difficile collegarlo ad altri autori dello stesso periodo, in particolare per le tematiche dei suoi tre romanzi: Una vita (1892), Senilità (1898) e La coscienza di Zeno (1923). 

Influenzato dalla filosofia di Schopenhauer, dalle lunghe conversazioni con l’amico James Joyce e soprattutto dalla psicanalisi di Sigmund Freud, Svevo scrive romanzi popolati da inetti, dove la malattia e la nevrosi diventano l’unico appiglio per sopravvivere alla società e dove il vero protagonista è l’inconscio. Proprio per le caratteristiche della sua poetica e delle sue influenze, Svevo è il chiaro esempio di quella cultura mitteleuropea (letteralmente “dell’Europa di mezzo”) che ha caratterizzato il declino dell’Impero asburgico e ha fotografato gli anni della crisi occidentale dal punto di vista politico e della crisi dell’individuo, dal punto di vista sociale. È proprio a questa crisi però che dobbiamo attribuire il genio della produzione letteraria dell’autore, poiché ha saputo cogliere gli aspetti politici del suo secolo, analizzare la sua posizione geografica e valorizzare la sua doppia cultura.

Il confine di cui voglio parlare infatti, non è solamente quello geografico, ma la linea sottile che la società traccia all’interno di quelle persone che, non sempre per loro scelta, si trovano a vivere una vita a metà tra due culture: per parlare di questo argomento ho deciso di selezionare tre canali comunicativi diversi che sono però legati a tre donne musulmane che hanno il cuore diviso tra l’Italia e un altro Paese.

«Io non sarò mai come voi, forse non sarà mai abbastanza araba o musulmana, forse non sarò mai abbastanza niente, sarò solo un piccolo incrocio venuto male pieno di rabbia verso gli altri» dice il personaggio di Sana Allagui (interpretato da Beatrice Braschi) in un audio alle amiche italiane che arriva come un fulmine a ciel sereno durante la stagione di Skam 4. Sana, che di solito è la ragazza forte e spigliata, mostra tutta la sua fragilità: in queste parole è racchiusa tutta la frustrazione di trovarsi divisa tra ciò che la società si aspetta e ciò che la famiglia vorrebbe da lei, finendo inevitabilmente per non farla sentire accettata da entrambi i mondi a cui appartiene. 

Le stesse emozioni le possiamo trovare nelle opere autobiografiche di Takoua Ben Mohamed, fumettista italo-tunisina, che con una bella dose di ironia ci racconta la vita di chi si trova in bilico tra due culture: fondamentali le sue graphic novel Sotto il velo e Il mio migliore amico è fascista. Ultimo, ma solo per mantenere un ordine cronologico di pubblicazione, è In cerca di me, l’ultimo romanzo di Sumaya Abdel Qader che racconta il cammino di scoperta della propria identità culturale della dodicenne Fairuz, figlia della cultura araba della madre e di quella italiana del padre.

I confini che la storia ha tracciato tra i vari Paesi hanno fatto dell’umanità un grande calderone di diversità che molti oggi temono e cercano di appiattire; il confine nel mondo di oggi non permette l’osmosi che abbiamo visto essere il motore generatore della produzione letteraria di Svevo, oggi gli Stati sollevano muri e cercano di isolare le culture e privare i cittadini della curiosità verso l’altro: Il risultato è la chiusura da un lato e la frustrazione di essere tutto e nulla dall’altro. Impariamo a vedere i confini per quello che sono: linee immaginarie facilmente valicabili oltre le quali c’è un intero mondo da scoprire.

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