IN ASCOLTO

30 Set 2021

Il valore che ogni età porta con sè

In Findomestic convivono 4 generazioni, ciascuna delle quali ha un proprio background, propri valori di riferimento, proprie idee, aspettative e aspirazioni... in poche parole una visione del mondo e un modo di valutare e considerare la realtà differente.

È inevitabile che ciascuno di noi porti il proprio essere e il proprio vissuto all’interno dell’ambiente di lavoro condizionandolo e impattandolo in modo significativo; è quindi fondamentale per le aziende, oggi più che mai, ascoltare la voce dei propri collaboratori per fornire servizi e benefit a tutela del benessere personale rispondenti alle reali esigenze.

L’iniziativa di cui vorrei parlare in questo contesto nasce dalla consapevolezza che, con l’aumentare dell’età media dei collaboratori, sta costantemente aumentando anche il numero dei caregiver cioè di coloro che si prendono cura di altre persone.

In Italia ci sono oggi 13 milioni di caregiver e 3,6 milioni di lavoratori che hanno difficoltà a conciliare la vita familiare con quella professionale. Si tratta di cifre importanti che non
possiamo permetterci di ignorare.

Per questo motivo abbiamo deciso di mettere a disposizione dei nostri collaboratori uno sportello di ascolto, supporto e orientamento, che si incentra sulla figura del care manager,
un professionista territorialmente competente che aiuta e indirizza individuando la risposta più adatta al problema specifico (ricerca di RSA, badanti, baby sitter, psicologo o logopedista ecc.).

Contestualmente allo sportello, abbiamo avviato un percorso di sensibilizzazione dedicato alla non autosufficienza che attraversa tutte le fasi della vita: dall’infanzia fino alla terza età.
Siamo partiti proprio dal quest’ultima, sfatando l’idea che la “vecchiaia” debba necessariamente essere identificata come malattia o lento e inevitabile declino.

Con il miglioramento della qualità della vita e i progressi della medicina, la terza età è una fase della nostra esistenza ricca di vitalità ed energia: liberi dagli impegni di lavoro, gli over
60-70 viaggiano, studiano, fanno sport e volontariato, hanno cura di se stessi, si occupano dei nipoti, sono un pilastro fondamentale per la società.


È stato bellissimo ascoltare la psicologa raccontare con tanto amore la differenza tra l’invecchiamento patologico e quello fisiologico e sfatare gli innumerevoli pregiudizi legati alla terza età. L’anziano sta semplicemente percorrendo una fase del ciclo di vita, con caratteristiche diverse dalle fasi precedenti, con mutamenti fisici, sensoriali e cognitivi che non comportano però problemi di funzionamento e autonomia.

In questo contesto, il ruolo del caregiver consiste nel sostenere i soggetti anziani, nell’attuare in modo pieno se stessi significa «averne cura», valorizzando ogni identità e storia personale, a partire dal rispetto per la dignità dell’uomo, che si esprime nella costruzione di legami consistenti, in grado di offrire appoggio e di ricevere il contributo originale dell’altro.

Abbiamo affrontato il drammatico momento dell’inversione del ruolo genitore-figlio, la difficoltà nell’accettare che il genitore perda determinate funzionalità e/o capacità giorno dopo giorno, il non riuscire ad interpretare i suoi nuovi bisogni…

Una delle prime modalità di aver cura dell’altro è quella di mettersi in ascolto del suo essere persona attraverso i gesti che compie, le parole e i sentimenti che esprime, le storie che
vuole e può raccontare, i silenzi in cui si ripara, per comprenderele risorse residue da potenziare, quelle da risvegliare, gli aspetti identitari più fragili. Non possiamo permettere che la malattia nella vecchiaia derubi la persona della sua dignità, lasciando solo l’anziano o quel che ne resta, spesso identificato con la patologia cronica o degenerativa: abbiamo
imparato che la vecchiaia non è una malattia ma più semplicemente una fase della vita, con le proprie caratteristiche, i propri lati positivi e negativi.

È stato sorprendente toccare con mano quanta fragilità ci sia dentro a ciascun caregiver e quanto bisogno di confronto: il senso di solitudine, di inadeguatezza e di impotenza, la sofferenza, il dolore…sono incontri di un’intensità straordinaria che ci offrono l’opportunità di confrontarci con esperti e che ci permettono di aprirci e di confrontarci. Momenti che riteniamo fondamentali perché il benessere di un ambiente di lavoro passa prima di tutto attraverso il benessere di ciascun collaboratore.

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