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IL SECONDO PIANO

Rubrica libri
A cura di Alice Pezzin
22 Mar 2023

Quali termini vengono in mente pensando alle suore? Modeste, castigate, secondarie? Chi non è credente o ha un rapporto conflittuale con il clero e la Chiesa potrebbe pensare anche a “sottomesse, superflue, autolesioniste”.

È innegabile, infatti, che la figura della suora sia vista come marginale, se non addirittura insignificante, sempre subordinata al lavoro del religioso uomo, che nell’immaginario collettivo suscita un rispetto maggiore, essendo percepito come “colui che fa”: è il sacerdote che dice messa, che confessa i fedeli, che visita le case dei parrocchiani per la benedizione pasquale…

Eppure, al giorno d’oggi, le suore nel mondo sono circa 700.000, vale a dire i due terzi della Chiesa cattolica, perché quindi questa disparità di percezione?

Certo, per definizione tutte le donne, all’interno della società, vengono tendenzialmente intese come esseri con ruoli precisi e da cui ci si aspetta che stiano sempre “un passo indietro”, ma nei confronti delle suore entra in gioco un pregiudizio ulteriore, una spersonalizzazione più profonda, come se, una volta indossato quel velo, rinunciassero anche alla loro dimensione femminile.

In quest’ottica “Il secondo piano”, l’ultimo romanzo di Ritanna Armeni (edito da Ponte alle Grazie), attua un’operazione importantissima. Innanzitutto l’autrice narra, con il suo stile estremamente scorrevole e delicato, di una delle piccole storie a oggi quasi dimenticate, ma che hanno contribuito a fare la grande Storia con la s maiuscola: durante la Seconda guerra mondiale, alla periferia di Roma, le suore francescane della Misericordia accoglievano e nascondevano al secondo piano del convento famiglie ebree sfuggite al rastrellamento del Ghetto del 16 ottobre 1943, mentre nei locali adiacenti ospitavano un’infermeria tedesca.

Non solo questa è una vicenda realmente accaduta, che Armeni ha potuto ricostruire grazie all’incontro con uno dei bambini salvati dalle consorelle e alla lettura del diario della madre superiora dell’epoca, ma non è stata un caso isolato: vengono citati diversi altri conventi in cui gli ebrei potevano trovare rifugio, in maniera più o meni efficace e per periodi più o meno lunghi, non perché quello dell’accoglienza fosse un ordine impartito “dall’alto”, ma per semplice senso di carità.

La Chiesa cattolica, infatti, all’epoca sotto la guida del pontefice Pio XII, non si era espressa esplicitamente sull’atteggiamento da tenere in certe situazioni, il che rende quella delle francescane della Misericordia e di tutte le altre religiose una scelta libera, un puro atto d’amore e di pietà verso il prossimo.

Portando alla luce questa storia straordinaria, l’autrice conferisce alle suore prima di tutto un’identità femminile – ponendole in netto contrasto con i pregiudizi nutriti nei loro confronti dal sacrestano Remo, che le giudica immutabili, estranee agli avvenimenti del mondo esterno, morigerate e deboli – e in secondo luogo un’identità umana, riconoscendole come esseri senzienti, fedeli alla scelta fatta prendendo i voti, ma capaci di seguire la propria coscienza e il proprio senso del giusto, pur non avendo la certezza che sia in linea con le direttive dell’istituzione a cui appartengono.

L’idea che Ritanna Armeni vuole trasmettere è che l’essere suore sia qualcosa che dà, non qualcosa che toglie, qualcosa che permette, non che limita, una considerazione che ci invita a fare ancora oggi, per scalfire ignoranza e pregiudizi.

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