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Il lobbying del futuro passa per la corporate political responsibility

Al Forum Public Affairs 2023 si è discusso di una nuova prospettiva della responsabilità d’impresa con la presentazione di un report a cura di ADL Consulting S.r.l SB.
13 Lug 2023

Non è più sufficiente dichiarare l’impegno ambientale nei bilanci di sostenibilità: la responsabilità delle imprese sul fronte ambientale, economico e sociale deve estendersi anche alla sfera pubblica.

È quanto emerge dal nuovo report di ADL Consulting, dal titolo Corporate Political Responsibility: la nuova frontiera della sostenibilità di impresa, presentato il 25 maggio in occasione del Forum Public Affairs 2023, che promuove un nuovo mindset relativamente alla dimensione socio-politica delle imprese. La pubblicazione curata dalla società di consulenza, specializzata in attività di lobbying, advocacy e political data management attraverso il software proprietario KMIND®, si focalizza sulla Corporate Political Responsibility (CPR), un concetto che si fa strada all’interno delle teorie relative alla sostenibilità d’impresa, e su come questa sia, per le 18 aziende americane analizzate, un fattore abilitante per posizionarsi con autorevolezza presso i decision maker, facendo leva su un‘etica della trasparenza e una solida reputazione.

Se le aziende vogliono davvero supportare lo Stato, la società e se stesse, devono contribuire in modo tangibile a una cultura che promuova e sostenga il dibattito politico. E per arrivare a tale condizione, ogni valutazione e posizione deve essere basata su dati e informazioni verificabili.

La Corporate Political Responsibility, se basata su una metodologia data-driven, può rappresentare la chiave di volta per un nuovo approccio a disposizione delle aziende, funzionale al processo legislativo e alla costruzione di nuovi modelli di governance aperti e attenti ai continui cambiamenti. La raccolta, la gestione e l’analisi dei dati – tipici del Digital Lobbying (Carro, Di Mario, 2021) - sono essenziali per comprendere al meglio il contesto politico-istituzionale, monitorare le attività e il posizionamento dei policy maker, identificare le opportunità e le minacce, nonché valutare l’impatto delle proprie attività di lobbying e advocacy.

Estendendo il campo di applicazione della più nota Corporate Social Responsibility, la CPR così definita entra nel tableau de bord del manager che intraprende con questo percorso un chiaro posizionamento di medio-lungo termine che traguarda le turbolenze contingenti.

Attraverso l’analisi delle Dichiarazioni Non Finanziarie (DNF) di alcune società americane, storicamente sottoposte a maggiori obblighi e al rispetto di standard di trasparenza nell’ambito dell’attività di lobbying, ADL Consulting ha approfondito le best practice e la tendenza ad inserire in questi documenti informazioni e dati relativi all’impegno sociopolitico delle imprese, al servizio delle istituzioni e dei cittadini.

Tutte le aziende analizzate sono attive in almeno uno dei 4 campi di azione della CPR  (Lobbying Responsabile, Posizionamento sui temi di interesse all’interno del dibattito pubblico, Progetti di co-partecipazione politica, Fornitura di beni e servizi pubblici, Bohnen, 2020) e ben oltre la metà di esse (55.5%) ne sviluppa almeno tre, integrando il proprio impatto sulla sfera politico-istituzionale nelle DNF. Le imprese divulgano informazioni circa la partecipazione alla costruzione di un dibattito democratico

Occorre mettere in risalto come, accanto ai requisiti stabiliti a livello normativo, emerga un trend nella rendicontazione sul coinvolgimento politico dell’azienda, che integra le issue e le policy, le attività di advocacy e dialogo con istituzioni e comunità svolte a supporto degli interessi aziendali, la tipologia e le modalità di coinvolgimento degli stakeholder, i livelli di governance e il rapporto tra obiettivi di sostenibilità e responsabilità sociale.

La mappa accanto riporta le parole citate nelle fonti che sono state analizzate per descrivere il rapporto con i decisori, le policy e gli obblighi di trasparenza rispetto alle attività di lobbying e di finanziamento a partiti e candidati. Emergono aspetti interessanti relativamente alla tipologia di tematiche su cui queste organizzazioni scelgono di attivarsi, che vanno - in ragione della varietà dei mercati presi in considerazione nell’analisi - dall’energia, alla ricerca e sviluppo in ambito medicale e la conseguente tutela della proprietà intellettuale, dalle politiche per contrastare il cambiamento climatico, all’attenzione per le regole e la trasparenza del dibattito politico online.

Il grafico a torta mostra una best practice comune alla maggior parte delle aziende americane considerate (dodici su diciotto): nei documenti o siti web analizzati ritroviamo una Policy Agenda che guida i rapporti con i decisori e il mondo politico. In queste sezioni dedicate, sono indicate, una per una, le priorità delle attività di advocacy condotte e le posizioni aziendali relative a key issue, anche non direttamente riconducibili agli obiettivi ESG.

Il trend è anche italiano. Nell’ultima sezione del report, le interviste raccontano l’esperienza di diversi top manager italiani che, con lungimiranza, hanno applicato i principi e i valori della CPR nel contesto delle imprese in cui operano.

Altair, Enel, FederDistribuzione, Ferrovie dello Stato Italiane, Google, Intesa SanPaolo, John Cabot University, Novamont, Pago PA, Graduate School of Polimi Management, Snam, Suez, Thales Alenia Space: tali aziende, ognuna nel proprio settore di riferimento, dimostrano come si possa ottenere un vantaggio e una leadership adottando un approccio socio-politico proattivo, capace di creare una differenziazione anche in termini di concorrenza nel mercato. La sfida data-driven è aperta.

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