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GREAT REALIZATION

La nuova identità di dipendenti e aziende
A cura di Francesca Lai
21 Mar 2023

Spesso si crede che la pausa sia un momento estraneo alla musica. La verità è un’altra: la pausa è musica, un respiro essenziale per l’esecuzione di un brano. “Proprio come negli spartiti, anche nella vita le pause sono importantissime – spiega Ilaria Caccamo, head of sales di Indeed Italia –. Si tratta di momenti dedicati alla crescita e allo sviluppo personale che i recruiter devono saper riconoscere, non stigmatizzare”. Questa visione, che Indeed porta avanti quale sito numero uno al mondo per chi cerca e offre lavoro, è un sintomo positivo del cambiamento in corso nel mondo del lavoro, che coinvolge dipendenti e aziende.

Ilaria, come sono cambiate le identità di dipendenti e aziende? C’è consapevolezza di tale cambiamento?

Il cambiamento parte dalla consapevolezza dei dipendenti. In Indeed abbiamo coniato l’espressione “great realization”, esemplificativa della realtà attuale, che ricalca “great resignation” (fenomeno caratterizzato dal progressivo aumento del numero di dimissioni dei lavoratori dal proprio impiego, ndr). Dopo la pandemia le persone hanno capito che non possono più rinunciare all’equilibrio vita-lavoro e al sentirsi in linea con i valori dell’azienda per cui lavorano. Per cui hanno iniziato a ricercare nelle aziende caratteristiche nuove, focalizzandosi non più soltanto sulla mansione, ma anche sui benefici offerti e sulla cultura aziendale. Anche la consapevolezza delle aziende cresce ogni giorno. È diventato molto più difficile assumere: c’è una guerra per accaparrarsi i migliori talenti. Quindi le organizzazioni hanno bisogno di essere attraenti per i propri dipendenti – dando maggiore importanza al benessere delle persone - e di rinnovare la propria identità, al fine di rafforzare la talent attraction e di rendere i dipendenti i primi veri testimonial dei valori aziendali. I vecchi sistemi di ricerca del personale non sono più idonei a raggiungere gli obiettivi di hiring in un clima molto più competitivo e complesso.

L’inclusione parte dal reclutamento dei talenti. Quali pratiche di hiring inclusivo consigliate ai vostri clienti? Perché è importante metterle in atto?

Oltre a condividere l’attenzione ai temi D&I, le aziende devono mettere in atto azioni concrete. Per ottenere un processo di recruitment più inclusivo, è importante ridurre gli elementi soggettivi che possono influenzare gli intervistatori – che, come tutti gli esseri umani, sono soggetti a stereotipi e a pregiudizi a volte inconsci – sostituendoli con elementi oggettivi, come test attitudinali, skill assessment, domande che simulano lo scenario di lavoro e permettono di valutare le reali competenze di una persona. In questo modo si riesce a valutare il potenziale dell’individuo e non solo il curriculum. Inoltre, molti dei criteri su cui i recruiter basavano il proprio lavoro sono ormai superati. Ad esempio, nei passati decenni erano valutati negativamente i periodi di congedo dal lavoro.

Ma ciò che veniva percepito come una mancanza, oggi deve essere riconosciuto in maniera differente. Molto spesso, si tratta del momento della maternità o di una pausa dalla carriera per prendersi cura di una persona fragile, ruolo che notoriamente ricade soprattutto in capo alle donne. Tali momenti in realtà sono frangenti di vita dedicati alla crescita e allo sviluppo personale e, pertanto, vanno riconosciuti.

Come Indeed valorizza le identità delle proprie persone? Quali sono le iniziative che avete progettato in ambito D&I?

Molte sono le iniziative, alcune dedicate alla cultura interna, altre al miglioramento del mercato del lavoro. In Indeed abbiamo istituito dei gruppi di lavoro che affrontano temi per noi fondamentali, come la genitorialità, la leadership femminile, l’accessibilità. L’obiettivo è ridurre del 50% il tempo necessario per assumere qualcuno entro il 2030, aiutando trenta milioni di persone ad entrare nel mondo del lavoro. Tali mete sono la nostra stella polare: tutto ciò che facciamo è svolto in funzione di quanto appena detto e progettato con una mentalità volta al cambiamento della situazione attuale. Una delle questioni per cui ci stiamo battendo, soprattutto in Italia, è il gender pay gap. Suggeriamo alle aziende di pubblicare i salari negli annunci, per aiutare le persone a superare il problema delle retribuzioni di partenza. La trasparenza salariale è il primo passo per abbattere la disparità. Non solo, le aziende che inseriscono il salario nell’offerta ricevono il 30% in più di candidature. È un beneficio per tutti.

Alla luce di quanto detto, quali sono gli elementi che oggi rendono efficacie l’employer branding?

Innanzitutto, è necessario garantire una cultura aziendale sana. La cura per i propri dipendenti, la possibilità di offrire benefit e percorsi di carriera sono il primo passo. Quando l’azienda riesce ad instaurare una cultura valoriale forte, allora ha qualcosa di concreto da comunicare all’esterno. Qui entra in gioco l’employer branding (la capacità di un’impresa di diventare un’azienda ricercata come valido datore di lavoro, un vero e proprio brand, ndr). Non esiste brand senza comunicazione. Oggi hanno sempre più peso le testimonianze dei dipendenti, che lasciano review su siti e piattaforme, come Glassdoor, motore di ricerca del lavoro che fa parte del gruppo Indeed.

Quanto e come i valori di unicità, diversità e inclusione hanno influito sulla sua lunga carriera?

L’esperienza lavorativa che ha influito maggiormente è stata quella nel sud-est asiatico. Ho lavorato a Singapore, Tokyo e Sidney, gestendo dipendenti con attitudini lavorative e culture diverse provenienti da Singapore, India, Giappone, Malesia, Cina, Korea, nazioni in cui la comunicazione e i modi di parlare di business sono diversi. In quell’occasione sono uscita dalla mia zona di comfort, ho messo in discussione tutto ciò che sapevo fare. Ho capito che dovevo pormi in maniera nuova. Sono diventata molto più predisposta all’ascolto, a non fare sempre domande dirette – tipiche del modello di business occidentale – a lasciare tempo per prepararsi ed essere confidenti. Ho imparato a mettere in evidenza le unicità delle persone e delle loro culture, riscontrando una verità: la diversità arricchisce e porta innovazione.

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