Futurigenerazionilinguaggio e parole

Generazioni:

e se ci fossero più comunanze, che differenze?
A cura di Alexa Pantanella
29 Giu 2023

La prima volta che ho sentito parlare di generazioni, come criterio per meglio comprendere atteggiamenti, aspettative e valori condivisi, è stato qualche anno fa, quando lavoravo nel marketing.

Allora, si parlava soprattutto di Millennials, target di riferimento della maggior parte dei marchi che seguivo. Non nascondo che l’idea che si potesse supportare l’analisi di un target di comunicazione attraverso questo filtro generazionale, è stata seducente.

E da lì, non ci è voluto molto a capire in quale generazione mi ritrovassi anche io (la X, nello specifico) e a prendere maggiore confidenza con la Z. Devo dire che, nel mondo del marketing, di Boomer e di Silent, si sente parlare piuttosto poco, in quanto target considerati - non sempre a ragione - meno appetibili.

Oggi, che mi occupo di Equità e Inclusione, il tema di come far convivere al meglio le 4 o 5 generazioni che coesistono in tante organizzazioni, è diventato sempre più prioritario.

Una domanda mi sorge spontanea: e se, nel tentativo di voler capire al meglio le diverse generazioni, stessimo correndo il rischio di portare l’attenzione soprattutto sulle differenze? E se questo meccanismo fosse alla base di un maggior senso di diffidenza, distanza e difficoltà di relazione tra le persone?

Facciamoci caso la prossima volta che sentiamo frasi tipo: “È Carlo il responsabile del progetto? Ma quanti anni ha?”, oppure “Chiamiamo anche Mariella in riunione, così vediamo cosa ne pensa una persona della sua generazione…”, o ancora “Non ci sono più i giovani di una volta. Questi pensano solo a divertirsi….”.

Pensiamo a quanto stiamo facendo dell’età e delle macro categorie generazionali l’elemento primario delle nostre valutazioni. A quanto tutto questo potrebbe portarci a perdere di vista l’unicità delle persone, al di là della loro età. E a mettere in secondo piano competenze, attitudini, passioni, esperienza. Lasciando spazio a tante generalizzazioni e stereotipi legati all’età.

Lo scrittore Wallace ha detto: “Gli stereotipi sono come l’acqua per i pesci: proprio perché ci circondano e sono ovunque, non li vediamo più”.

Per restare su questa metafora, se inseriamo dei pesci in acquari diversi, è probabile che passino il tempo a guardarsi per capire che differenze ci sono tra loro e difficilmente impareranno a nuotare insieme e ad apprezzarsi per ciò che hanno in comune e per l’aiuto che possono darsi.

Portando più attenzione a come ci riferiamo all’età e alle generazioni nei nostri scambi, potremmo uscire dai diversi acquari, per riprendere a nuotare insieme, pesci grandi e piccoli, avendo modo di conoscerci e apprezzarci sulla base di quello che ci appassiona, ci motiva, che abbiamo fatto e che faremo, in un’ottica di comunanze, più che di differenze.

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